venerdì 31 maggio 2013

Alfonsina Campisano - Il grillo

Gongolava il sindaco quella sera, baciando la mano alle signore del bel mondo che, ostentando gioielli costosi, si compiacevano con lui (o fingevano di compiacersi) per essere riuscito in un'impresa quasi leggendaria.
Gli si avvicinò sommessamente il presidente di un'associazione musicale e si raccomandò al suo savoir faire per ottenere una breve esibizione del grande maestro, nella sua città.
Anche un pezzo solamente ... Avrebbe pagato qualunque cifra...
- Vedremo, vedremo ... Rispose compiaciuto il sindaco, lisciandosi la barbetta nera che gli contornava il mento alla maniera di Cavour.
- Forse ... somiglio davvero a Cavour- pensava l'ometto - Sono così bravo!
Ma sì ... riesco a fare splendide cose...
Quel concerto infatti, atteso da mesi, era una prova della sua abilità.
Se n'era parlato nei circoli culturali, nei salotti, nei caffè, persino nelle scuole.
Era un fatto eccezionale che un pianista di quel calibro si fosse degnato di suonare in una cittadina di provincia di trentamila anime. Lui, il numero uno del pianismo mondiale. Abituato ad esibirsi nei migliori teatri, osannato da tutti.
Per accaparrarsi quel concerto, l'Amministrazione comunale aveva pagato fior di milioni, ma la manifestazione avrebbe dato lustro alla città. Sarebbero venuti a centinaia, dai paesi vicini.
Il sindaco avrebbe ricevuto l'abbraccio ideale di tutti gli uomini di cultura del circondario e la sua figura ne sarebbe stata illuminata per lungo tempo.

Nella sala c'era un gran fermento.
A un tratto si smorzarono le luci e il mormorio si spense, trasformandosi immediatamente in un silenzio d'attesa.
E venne il gran momento.
Da una quinta laterale, in perfetto frack, apparve lui, il Maestro, il Genio, il Dio.
Scoppiò in teatro un applauso con la forza di un boato che scaturisce dal ventre di un vulcano, quando il vulcano è cattivo.
Egli s'inchinò leggermente, guardando senza vedere.
Poi, si diresse al piano e si sedette.
Le mani scivolate lungo i fianchi, la testa rovesciata all'indietro, gli occhi chiusi.
Un silenzio di ghiaccio.
Un bimbo chiese alla madre: Che fa il maestro? Si sente male?
- Zitto! - fece la madre, fulminandolo con gli occhi, mentre almeno dieci persone dalle poltrone vicine si volgevano verso di lui, scandalizzate.
Ancora alcuni secondi. Poi, il Maestro pose lentamente le mani sul piano e resimmobile per qualche secondo. Silenzio.
Finalmente, mentre tutti trattenevano il respiro, desiderando godere appieno della magia del momento, le mani si mossero e sotto le abili dita lo strumento si animò di suoni, di immagini, di colori.
In un susseguirsi di fantasiose emozioni, danzarono pulcini becchettando il piccolo guscio per vedere la luce; pesantemente avanzò il carro di lavoro dei contadini russi che trascinavano giorno dopo giorno la fatica del vivere; risero bambini rincorrendosi allegramente nei giardini delle Tuileries; morirono uomini per la ferocia della maga Baba-Yagagridando disperati la loro sete di giustizia, fino a quando non invase il teatro la grande luce della porta di Kiev.

La gente sembrava affascinata. Ascoltava Mussorgsky come in trance. Incapace di muovere un ditodi raccattare un fazzoletto caduto in terra.
Finì il primo tempo, nella frenesia di un lungo applauso.
Il Maestro si alzò in un bagno di sudore e, dopo un leggero inchino, sparì dietro le quinte.
Durante l' intervallo, la gente si sciolse dalla tensione, si abbandonò ai commenti.
Chi se ne intendeva diceva che il Maestro era stato divino e la sua esecuzione perfetta. Chi non capiva molto di musicaper paura di dare giudizi sbagliati, si manteneva sulle generali.
Qualcuno andò al bar a rinfrescarsi, prima della seconda fatica.
Qualche altro, invece, non sapendo nulla di Mussorgsky e dei suoi Quadri sgattaiolò dalla sala come un ladro, per godersi la prosecuzione della serata sotto le stelle senza troppe complicazioni intellettuali, con la segreta speranza che nessuno avrebbe notato la sua assenza.

Iniziò il secondo tempo con una famosissima polacca di Chopin.
Il Maestro in forma più che mai, Chopin accattivante come sempre avevano ricreato l'atmosfera precedente.
A un tratto, nella sala un flebile cri-cri-cri.
Il Maestro ebbe un inconsulto moto di stizza e fece un stecca con la sinistra, avvertita come una frustata da quelle dieci o dodici persone che conoscevano bene il pezzo.
La gente cominciò a fremere, a dimenarsi sulla poltrona, a guardare nella direzione da cui proveniva quel verso.
- Maledetta bestiaccia! - pensava il sindaco, col viso rosso di rabbia e un sorriso da ebete. Maledetta bestiaccia! Proprio qui dovevi venire a cantare! Dopo tutti i sacrifici che ho dovuto affrontare. Vattene, grillo della malora! C'è la finestra aperta.
Vattene! Sparisci! Crepa!

Cri-cri-cri-cri-cri ...

Ormai l'incanto era rotto.
Il Maestro nervoso, la gente distratta dal quel maledetto cri-cri.
Una ragazza tirò fuori dalla borsa uno specchietto e, fingendo di rifarsi il trucco, cercò di vedere dietro di lei il suo ex che flirtava con una biondina sciocca. Vide che la baciava sull'orecchio e, stizzita, cercò di riporre lo specchio, che invece scivolò a terra, frantumandosi con un secco rumore.

Cri-cri-cri-cri-cri ...

Il Maestro si alzò inviperito. Sul suo viso paonazzo, prima che sparisse dietro le quinte, il sindaco poté cogliere un'espressione di profondo disprezzo per lui e per tutta la sua gente. "Sempre gente di provincia siete! -sembrava dire il Genio - Non avrei mai dovuto accettare!".
Il sindaco gli corse dietro come un cagnolino in colpa che cerca di farsi perdonare dal padrone, dando ordine frattanto ai soci collaboratori di uccidere il grillo ad ogni costo.

-Ve lo riporterò il Maestro - disse, mentre correva verso il palcoscenico. State calmi.
Ve lo riporterò, dovesse costarmi la vita!

E cominciò la caccia spietata.
Alcune signore che sentirono il grillo vicino, fuggirono urlando, per paura che l'immondo insettsaltasse loro addosso.
Il grillo si spostava continuamente, atterrito dal frastuono.
Perché volete uccidere il grillo? - chiese una bimba con il visetto atteggiato al pianto.
Perché ha rovinato il concerto! - tuonò un signore in smoking, che si era allentato il papillon per il gran sudare.
- Ma lui ... lui non lo sapeva che avrebbe rovinato il concerto - obiettò la piccinatentando una timida difesa.
- Deve morire! - decretarono inveleniti i giudici della bestiola.
Ma forse il grillo si trovava per caso. Forse era fuggito dalla campagna assolata per paura del fuoco che qualcuno aveva appiccato alle stoppie.
Era volato via, inseguendo la vita. O forse la musica lo aveva attirato. La musica, espressione di Dio. Forse in quella grande sala , vestita solo di note, aveva trovato finalmente un po' dpace e si era perduto in un canto di lode al Signore, per quella luce, per quella pace.

- Eccolo! Eccolo, in quell'angolo!
- Schiacciatelo! Presto, uccidetelo!

Cri-cri-cri-cri-cri ...

Un colpo secco. E l'animale ridotto a una poltiglia nera.
- Finalmente!
- Il concerto può ricominciare.
- Tutto a posto
- Il grillo è stato ucciso.
Una signora, accomodandosi meglio sulla poltrona, ripescò nell'ampia scollatura la collana d'oro che, nell'agitazione, le era scivolata dentro e la dispose con cura sull'ampio seno, preparandosi all'ascolto.
Ma un attimo dopo ricomparve il sindaco, invecchiato di dieci anni, disfatto.
Scusate, signori ... Scusate - balbettò con un fil di voce.
Il Maestro è andato via. Il concerto è sospeso ... Scusate ... Scusate.

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