Frattanto i
pesci
Dai quali discendiamo tutti
Assistettero curiosi
Al dramma collettivo
Di questo mondo
Che a loro indubbiamente
Doveva sembrar cattivo
E cominciarono a pensare
Nel loro grande mare
Com’è profondo il mare
Nel loro grande mare
Com’è profondo il mare
Dai quali discendiamo tutti
Assistettero curiosi
Al dramma collettivo
Di questo mondo
Che a loro indubbiamente
Doveva sembrar cattivo
E cominciarono a pensare
Nel loro grande mare
Com’è profondo il mare
Nel loro grande mare
Com’è profondo il mare
Lucio Dalla
Così cominciai a pensare nel
mio grande mare…
Non ho mai incontrato l’uomo,
di cui tanto ho sentito parlare.
Vivo in cima al mare, dove
tutto è buio, silenzio, e siamo in pochi a restare insondati dal resto del
creato che tende alla luce e al rumore dell’abisso ondoso dove finisce il mare
e inizia il regno dell’aria e la luna è una palla e il cielo un biliardo.
Da qui si può sentire la densa
massa delle terra respirare, fluttuando sul bordo estremo si fa largo l’eco di
un canto. La crosta collimante con gli ultimi metri di mare ci separa da quel
mistero che ci muove e a cui tendiamo le branchie. Al lato opposto del mare, temiamo
la luce che s’insinua scendendo verso lo strato luminescente delle onde perché
ci allontana dall’origine.
Ciò nonostante, non ci curiamo
delle dicerie passate di pesce in pesce dall’abisso fino alla cima del mare
dove viviamo grati di essere i primi a udire il respiro magmatico dell’essere
al centro della terra. Ma sappiamo che oltre le onde si apre un mondo senza
acqua e rumoroso, in cui un moto ondoso senza acqua chiamato vento ci uccide come
le mosche che tanto ci fanno gola calate dall’abisso luminoso fin nel nostro
mondo ombroso. Sappiamo anche che l’uomo è una razza sovente feroce, che
rinnega di venire dal regno dell’acqua al punto di aver inventato una luce
fallace in opposizione al ricordo dell’ombra perenne, che illumina senza creare
per il puro gusto di affrancarsi dal buio dell’origine estrema a cui entrambi
dobbiamo la vita.
La maggior parte dei pesci è
andata altrove, scendendo verso la luce, ingolositi dalla speranza di strappare
all’amo dell’uomo qualcosa che ci parli di un futuro oltre il nostro stadio
evolutivo. Sono in molti a morire per questo.
Sentire la terra respirare e
sapere della luce all’altro capo è la condizione comune al regno estremo dell’acqua,
in cui tutto si fa ombra. Abitare l’immensità che le congiunge è il segno che
unisce la nostra razza, oggi divisa tra coloro che sono tentati dall’uomo,
l’aria e la luce e chi ama ancora quest’ombra residua nel silenzio delle cose
alte che così accolgono il canto eterno della terra. Per questo forse gli uomini ci chiamano
“pesci fantasma”, dicono che siamo brutti, bizzarri e lontani: hanno
dimenticato com’è profondo il mare.
Ci consideriamo sentinelle, non
giudichiamo l’uomo perché non lo
conosciamo se non per sentito segnale ottico, acustico e vibratile. Solo i più
dotti tra noi conoscono il linguaggio delle parole, un complicato segnale per
tradurre i suoni in concetti che usano gli uomini, a cui pare generi gravi
problemi di comunicazione in nome di cui si fanno anche le guerre.
Quand’ero piccolo amavo
studiare, e venni iniziato a questo linguaggio. Quassù c’è plancton per tutti, e nessuno deve lavorare. Così
passo la mia vita a viaggiare e scrivere cartoline dalla cima del mare, dove
nessuno vuole più venire esclusi strani esseri umani calati dalla luce con un
filo e luce artificiale, di cui non riescono a fare a meno, che ci guardano e
se ne vanno. Gli umani chiamano il nostro regno abisso, perché lo pensano come
un luogo misterioso e che fa paura, quale noi pensiamo il loro che a nostra
volta chiamiamo abisso. Ma non lo pensiamo cattivo, assistiamo curiosi e ci
protegge il mare.
La nostalgia è un sentimento
che spesso ci accalora, quando guardando in basso verso la luce terrestre e le
onde dove finisce il mare pensiamo a cosa potremmo essere. Ma è con
la forza di un ricatto che
l’uomo diventò qualcuno. Noi
invece finiamo sempre per accettare ciò che siamo perché è ciò che siamo
chiamati ad essere dal canto ipnotico di questo essere al centro della terra
che è la terra stessa, e che ci siamo scordati di dire, consideriamo nostra
madre.
Questo pensiero è come
l’oceano.
Com’è profondo il mare.
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