lunedì 30 maggio 2016

Fabiola Ferrandi - Pezzi di mare

Sapete c’è una domanda che mi attanaglia sin dalla prima volta che ho visto dai mille colori e sfumature, molte impercettibili per un occhio non allenato.
La domanda potrà sembrarvi stupida o infantile, basterebbe cercare sui libri od i motori di ricerca, dipende dal metodo che preferite. Eppure a volte questa domanda mi ha salvato, mi ha fatto tornare ad essere sereno, mi ha tratto in salvo dalle maree di ricordi spiacevoli, dia rimpianti, dai dubbi che attanagliano ogni uomo quando è solo.
In tanti anno non ho mai avuto una risposta completa, ma sempre frammenti, pensieri da incollare e da assemblare.
La mia ricerca cominciò un giorno, mi ricordo solo che era Maggio e faceva vagamente caldo per essere primavera, non ricordo esattamente dov’ero diretto, ricordo soltanto che c’era qualcosa dentro di me che mi spingeva all’avventura, a salpare verso l’orizzonte, a spingermi in mare.
Era più forte di me, ogni fibra del mio essere voleva andare in mare, ognitempo era buono, ogni mese era ideale per navigare se fosse dipeso da me, ma il capitano preferiva fermarsi d’inverno e non sfidare oltre il volubile mare che in inverno assomigliava sempre di più ad una donna ed è così che la chiamano tutti gli uomini di mare “La mia donna”:
Ed è ad essa che loro si affidano, sperando di tornare ogni volta o di rincasare tutti interi con tutti i pezzi al loro posto.
Mi sono affidato anch’io a lei molto spesso e l’ho pregata di essere un’amante clemente e benevola, cosa che generalmente ha fatto.
Come tutte le donne è stupenda ed è difficile stargli lontano, per molti è un dramma tornare a terra, per molti è liberazione andare in mare e se non fosse per le provviste starebbero sempre lontano dalla costa, per me è si una sofferenza mache poi svanisce quando mi rimetto fra le sue braccia schiumose dai mille colori.
Fra esse ho visto cose fantastiche, difficilmente comprensibili se espresse solo a voce, o tramite immagine. Io stesso ho avuto il piacere di ammirare spettacoli che ora è possibile vedere solo al largo, lontano dalla confusione, dall’andirivieni di quelli come me, dalle luci che progressivamente sono sempre più aumentate durante questo periodo.
Ho potuto assistere ad eventi straordinari come alle piogge di stelle cadenti, alla rotazione dei pianeti e al loro allineamento, ho ammirato la vita lattea abbracciare e accarezzare questo piccolo pianeta pieno di distese d’acqua, sulle quali è piacevole scivolare lenti verso un punto imprecisato delle mappe.
Una volta mi è sembrato di vedere una sirena, aveva gli occhi blu e luminosi come l’immenso mare di cui faceva parte, quel meraviglioso e poco esplorato mondo così profondo e alieno di cui ho potuto raccogliere solo dei frammenti, gli stessi che sbattevano contro la mia chiglia, quelli che dolcemente accarezzavano la mia pelle di duro metallo, almeno fino a quando ero giovane.
Il mio nome è Vecchio Lupo Di Mare e come tale ora giaccio in un parco nautico in un luogo lontano da ogni distesa d’acqua salata, lago o fiume; eppure quella domanda continua ad attanagliarmi e a rimbombare nelle parti più remote del mio essere: Ma quanto è profondo il mare?

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