UNO
Costruire
la trappola.
Per prima cosa, scegliere il terreno. Che sia familiare,
per non spaventare, ma con un varco aperto verso l’incendio di un orizzonte
lontano. Nora, così, si avvicinerà col suo passo danzante, senza alcun sospetto
negli occhi da uccellino.
Può essere un supermercato affollato, dove tornare
bambini a caccia di caramelle, oppure la concavità tiepida di una sala di
aspetto, quando ti accorgi che non sai più che cosa stai aspettando veramente.
La trappola, poi, deve essere leggera, ma elastica
e capace di mutare forma. Deve scomparire sullo sfondo del fogliame di un parco
di città, o tra i graffiti di periferia. Deve restare tra le righe delle poesie
e nei silenzi delle frasi. Devi nasconderla dietro l’immagine migliore di te
che scegli di mostrare e che all’improvviso ti sembra l’unica vera.
La trappola perfetta è quella che ti dimentichi di
aver creato.
DUE
Catturare
la preda.
“Io ti amo e tu, Torvald?”
“Sono davvero importante per te?!
Succede, a
volte, che sia proprio la preda a voler essere catturata. A volte capita che sia
proprio lei a chiederti di imprigionarla in una ragnatela di promesse. La preda
rivela di voler essere preda, prigioniera consenziente del tuo abbraccio. Se
riesci a inseguirla, è perché rallenta, perché, se si allontana, lo fa senza
correre, a misura del tuo passo e voltandosi spesso indietro, con quello
sguardo che ti scorre dentro come un brivido.
Se la insegui, è per sentirti vivo.
Se la catturi è perché si è fatta inseguire nel
luogo in cui aveva nascosto la sua, di trappola.
Nora, adesso, cinguetta come un’allodola nel
cerchio delle tue braccia, come se non avesse mai cantato altrove.
TRE
Esplorarsi.
Nessun viaggio è sconfinato quanto quello di due
amanti in un letto.
Le sensazioni germogliano di freschezza, profumano
di stupore. E ti tuffi nelle profondità di un contatto, così intenso che sembra
attraversare lei per ritornare a te. Il corpo di Nora è liscio, una conchiglia
levigata dalla marea di un continente appena emerso. Tra le sue labbra bevi il
respiro del mondo. Lei è l’orizzonte di ogni tuo pensiero. La città, può
bruciare, la terza guerra mondiale scoppiare, il terrorismo dilagare, per quel
che ti riguarda.
Chiedi solo di poter placare in lei, l’estasi
dolorosa del tuo desiderio.
Tu sei lei.
QUATTRO
Consolidare
l’edificio.
La costruzione del tuo amore, sta diventando un
progetto. Uno serio.
Hai gettato solide fondamenta. Nora ha puntellato le
pareti. Avete rivestito l’interno di obblighi, impegni, appuntamenti
affettuosi. La pizza con gli amici il sabato sera, per esempio. Gli amici di
cui ti ricordi solo ora.
Il granaio delle incertezze è stracolmo di
provviste, peggio di un bunker in piena guerra fredda. Anche le pareti, però,
finiscono per assomigliare a quelle di un bunker. Qualche finestra, adesso, è
murata. E ti manca quella porzione di cielo.
Della guerra fredda, poi ci sono anche i nuovi
silenzi, vibranti di piccole verità non dette.
Una volta, nel buio di una stagione di tempesta,
avete cercato il riparo, leggero e tenace, di un figlio.
CINQUE
Evadere.
Il vento freddo degli anni ha scrostato la vernice,
e adesso si vedono il metallo grezzo e il cemento della struttura. Macchie di
umidità appannano i sentimenti.
Spegni il telefonino quando entri in casa. Finisce
per farlo anche lei.
Una volta, Nora lo dimentica acceso. Vuoi
controllarlo, lo prendi, ma resisti.
Il lavoro ti soffoca di giorno, tuo figlio piange
di notte. Nora ha crisi di stress a cadenza regolare.
Un giorno lei si iscrive a un corso di ballo
latino-americano. Ha un nuovo taglio di capelli. Ha ripreso a truccarsi gli
occhi, ma il suo sguardo sembra attraversare il tuo, adesso, senza fermarsi.
Prendete una baby-sitter. È bionda, ha il labbro
inferiore sporgente. Gli occhi sono piccoli e chiari, il corpo formoso. Una
sera ti ritrovi ad esplorarlo, quel corpo. È umido, sa di zucchero filato. Ti
senti goffo. Lei si riveste in fretta, mangiando un chewing-gum. Le è caduto un
orecchino di piume rosa, tra le lenzuola. Non te ne accorgi.
SEI
Sopravvivere.
Nora si ricorda che sapeva volare, un tempo. Nora
sa di aver cantato altrove. Si aggrappa
a questo, mentre il soffio caldo di quegli anni senza di te, le arriva
improvviso, come un brivido di primavera. Un brivido di rabbia.
Quando trovi il biglietto sul tavolo della cucina
non ti sembra vero. Sopra il biglietto, è appoggiato un orecchino di piume
rosa. Corri per le stanze, nella camera del bambino.
Soltanto allora ci credi.
Senti le gambe che tremano, mentre ti siedi, poi
tremano anche le mani e il tavolo a cui le appoggi. Guardi il disegno a
pennarello di tuo figlio, fissato al frigo con la calamita. Tre figure che si
tengono per mano, una piccola al centro, una femminile a destra, una maschile a
sinistra. Quella maschile è un po’ più piccola di quella femminile. Te ne
accorgi solo adesso. Il cielo sopra le tre figure è di un blu troppo scuro, trema
anche lui e finisce per crollarti addosso.
Ti ritrovi prigioniero di pareti che ti stringono
da ogni lato. Non riesci a respirare. Senti che il calore brucia sotto pelle e
ti fa sudare.
Forse è così che si muore.
SETTE
Aspettare.
La vita è testarda. Insiste.
Come un ruscello sepolto da una frana, finisce per
scavarsi un percorso, un piccolo percorso, verso la luce. Il tuo comprende
poche azioni, sempre uguali.
E nessun pensiero.
Colazione al bar, lavoro, pranzo in azienda, takeaway
per cena, dopo aver ritirato i panni in lavanderia. Sabato, le pulizie.
Domenica, alla scuola di addestramento cinofilo.
Sì, hai preso un cane.
Ogni tanto ti guarda perplesso. Cosa trova di
strano in te? Dovresti rifletterci su, ma non vuoi pensare. Quando pensi, senti
il desiderio di procurarti un’arma, anzi una serie di armi, da fuoco, da
taglio, un tirapugni. Senti un bisogno cieco di colpire.
Poi guardi il cane.
Fingi di sorridere.
Lui non ci casca.
OTTO
Capire.
Lo scorrere dei mesi ha levigato ogni frammento di
ricordo.
Finalmente, riesci a maneggiarli senza ferirti. Fai
lunghe passeggiate con il cane. Riesci persino a vedere tuo figlio senza troppa
ansia. Ti comporti in modo quasi normale. Il motivo per cui tutto è andato
storto, fra te e Nora è un fantasma confuso, fatto di sensi di colpa, desideri,
distanze. Un povero diavolo di fantasma. Non ti fa più paura, ormai, quando ti fa visita nei sogni.
Dimenticarsi della manutenzione ordinaria, ecco
quale è stato l’errore.
Bisognava continuare a ritinteggiare, arieggiare,
rinnovare.
Adesso che lo sai, sei diventato un professionista
del Fai da te. Un cliente fisso dei Brico Center. Per sigillare le crepe dell’anima,
invece, hai ripreso a leggere, coltivato nuove amicizie, vissuto qualche amore
leggero. Stai imparando a cambiare idea e a ridere di te.
Il cane non ti guarda più con sorpresa.
Lasci che ti insegni il battito ancestrale della
corsa e la gioia folle.
NOVE
Prendere
il brevetto di volo.
Nora scopre che non basta saper volare. Contano
anche la direzione e il senso.
Qualche breve virata verso il basso, alcune
impennate senza controllo, hanno tolto lucentezza e respiro alle sue ali.
Il cielo, qualche volta, si è rivelato angusto e basso e senza ombra di stelle.
Un cielo da una notte e via.
Un giorno si sveglia con le piume sgualcite e una
nuova tristezza.
Si sorprende a pensare al nido.
Non come a una gabbia, ma come un luogo da cui si
può fuggire. E a cui si può tornare. Forse.
Il bambino, si affeziona all’allenatore di basket,
al vicino di casa, al maestro di musica. Va a pescare con il padre del suo
compagno di scuola.
Nora si ricorda che le piaceva sistemare il nido,
un tempo, perché fosse comodo e accogliente. Cerca di ricordare il momento in
cui ha abbandonato ogni cura.
DIECI
Ricostruire.
Nora ha cominciato col fermarsi per un caffè, ogni
volta che accompagna il bambino. Poi, ha preso l’abitudine di rimanere un po’ a
parlare sotto l’albero del giardino, tirando una pallina al cane.
Una sera, vi ritrovate seduti di fronte a una pizza
d’asporto, sul tavolo senza tovaglia. Ti sorprendi a osservare le ombre sotto i
suoi occhi e qualche ruga nuova.
La trovi bellissima. Forse per il nuovo mistero
degli anni trascorsi lontano da te.
Non sembra felice. Non come quando era con te.
Vostro figlio entra con le scarpe infangate e le
guance rosse. Vuole andare a vedere la partita dall’amico che abita dall’altra
parte della strada.
Dite di sì contemporaneamente. Nora ride, nervosa.
Arrossisce. E tu, sai bene cosa significa. Vi guardate come naufraghi e in un
secondo salite le scale e siete nudi. Vi accarezzate sorpresi di quanto possa
essere inebriante ripercorrere un territorio conosciuto.
Non avete bisogno di parlare.
UNDICI
Intonacare
le crepe.
Credevi fosse facile risistemare la struttura,
come se non ci fosse mai stato alcun danno.
Ma un giorno, Nora saluta un bell’uomo per la
strada.
Lui ricambia con un sorriso malizioso.
E la ferita del passato serpeggia improvvisa sui muri,
con la violenza di un sisma. Devi fare uno sforzo sovrumano per non indagare.
Resisti poche ore. Poi le rovesci addosso tutta la rabbia per la vita che ha
vissuto senza di te.
Ci vogliono interminabili discussioni, pazienti
ritocchi, mani di intonaco e carteggi sempre più fini. Dietro le riparazioni,
le crepe non sono sparite, ma capisci che è necessario coprirle. E dimenticarle.
Imparate che ci sono segreti da non
rivelare, silenzi da rispettare.
Tu non sei lei.
Adesso che lo sai, puoi amarla.
DODICI
Abitarsi.
L’edificio ha resistito al tempo. Non si sa bene
come.
A prima vista, sembra sia stato colpito da una scossa
tellurica. E forse è davvero così. Ci sono rattoppi, aggiunte, asimmetrie. Stili
e materiali diversi, accumulati negli anni. Eppure regge.
Anzi, ha una sua peculiare armonia da funambolo
sul punto di cadere. Un funambolo che, poi, ritrova l’equilibrio e attraversa
il cielo teso tra due torri di Manhattan.
Tuo figlio, adesso, parla un’altra lingua. Vive in
un altro paese. Con una donna che non conosci. Lasciarlo andare, è stato come
tagliare uno dopo l’altro i fili di una spessa fune, tenendo solo il più
robusto, generoso e tenace.
Con Nora è iniziata la stagione della vicinanza
tollerante, dei piccoli gesti. Vi aspettate, con pazienza, nella nuova lentezza
dei passi.
Avete costruito, poi distrutto e, alla fine, ricostruito.
C’è voluto sudore, e sangue.
E si vede.
Bello!
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