“Cosa vi porto da
bere?” chiede il cameriere, finalmente al nostro tavolo.
E’ un ragazzino smilzo,
smunto, con due orecchie da Dumbo.
Sembra capitato qui per caso. L’avevo già notato vagare disorientato e
confuso tra i tavoli, sbagliando la consegna di un paio di pizze. E’ infilato
in una giacca nera, almeno due taglie più della sua. La manica, fino alle
unghie, gli intralcia la scrittura sul taccuino, per cui, con un tic ossessivo,
alza meccanicamente il braccio destro nel tentativo inutile di farla risalire.
“Una Becks e una
bottiglia d’acqua.”
“La Becks … non so se
c’è…devo chiedere”.
“Se non c’è la Becks, mi porti quello che c’è”
taglia corto Pietro.
“Avete già scelto le
pizze?”
“Sì, per me una
quattro stagioni, e tu Anna?”
“Per me una Napoli.”
Incerto, prende nota.
“Per le pizze c’è un
po’ da aspettare, c’è tanta gente.”
“Allora intanto portaci
una focaccia con lardo.”
“Una focaccia... prima
della pizza?”
“Sì, prima della
pizza” conferma Pietro, spazientito.
“OK, grazie, vi porto
subito da bere” e si allontana con aria poco convinta. Mentre controlla l’ordine
sul taccuino, inciampa in una sedia.
Nel locale sono tutte
coppie. E’ San Valentino.
Pietro l’invito me
l’ha fatto ieri sera.
“Cosa ne dici domani di andare a prenderci una
pizza?”, ma vista la mia espressione minacciosa, ha subito aggiunto: “tranquilla,
senza l’obbligo di sentirti far parte dell’esercito degli innamorati, s’intende”.
Ci frequentiamo da
alcuni mesi e ammetto che, nelle condizioni in cui sono, non avrei potuto
trovare di meglio. Vengo da una lunga storia finita un anno fa, di quelle che
sembrano scritte apposta per noi donne, per ferirci a morte.
Ne sono uscita con le
ossa rotte, anzi frantumate. Del mio cuore non ho notizie. Chi l’ha visto? Pietro sa delle mie ferite e le rispetta, con
pazienza e comprensione. Ma ha messo subito in chiaro una cosa: non sarà suo il
compito di curarmele. Un po’ mi aiuterà il tempo, ma per il resto dipenderà da
me. L’accordo è: aspettare. Ho bisogno di tempo per vedere se i pezzi rotti si possano
rimettere insieme per tornare la Anna di
qualche anno fa, per capire se il mio cuore ha ancora energia vitale, se c’è
spazio per Pietro nella mia vita.
“Ecco l’acqua e la
birra” annuncia il cameriere, con un vassoio in bilico, traballante sul palmo
della mano, “e questa è la focaccia”.
“Manca il lardo”
faccio notare.
“Ah già, ho
dimenticato il lardo!” mentre le sue orecchie da Dumbo si sono tinte di
bordeaux. “Ve lo porto subito”.
“Speriamo che la serata sia meglio del
cameriere!” commenta Pietro e ci facciamo una bella risata.
“Ti piace il locale?
Ci sei mai stata?”
“No, non lo
conoscevo. E’carino.”
Il camino acceso fa atmosfera.
Attorno, tra i tavoli, va in scena una
commedia che ho già visto e recitato troppe volte. Le candele rosse accese, a forma di cuore;
una mano appoggiata sul tavolo che accarezza l’altra; sguardi dolci; discorsi
teneri… Basta, io ho già dato! Pietro lo
sa. Tra noi, stasera, niente di tutto questo.
La serata scivola via,
piacevole. La focaccia con il lardo è ottima, veramente gustosa la pizza, desiderata
per quasi un’ora, leggera e divertente la conversazione. Pietro in questo ci sa
fare. Affronta i discorsi, quelli importanti, con delicatezza e arriva al
nocciolo con cautela, lasciando che trovino spazio le mie considerazioni e
conclusioni.
E’ quasi mezzanotte.
I tavoli cominciano a svuotarsi.
Entra un
ritardatario. E’ solo. Mi passa in fianco e, col suo cappotto nero, lungo, lascia
un leggero fruscio. Prende posto proprio di fronte a me, alle spalle di Pietro.
“Nooo! Non ci credo!
E’ proprio lui?”
I nostri sguardi si
incrociano. Il mio, angosciato e interrogativo. Il suo, beffardo.
Mi assale un disagio
ingombrante.
Bevo l’ultimo sorso
di acqua, nel tentativo goffo di nascondere col calice, agli occhi di Pietro, il mio turbamento.
“Anna, qualcosa non
va?”
“No, no, tutto bene. Solo
un po’ di mal di stomaco.”
I camerieri passano e
ripassano davanti al ritardatario ignorandolo completamente. Nessuno gli chiede
cosa desideri. Riordinano il suo tavolo: cambiano tovaglia e tovagliolo,
mettono piatti, posate, bicchieri puliti.
Il tutto, come se lui non esistesse.
Mi fissa.
Finalmente si alza. Infila
il cappotto nero e se ne va. Quando mi passa in fianco, si abbassa e mi
sussurra in un orecchio: “Ti aspetto fuori.”
Pietro, come i
camerieri, non fa una piega. Sembra non vederlo.
Trovo la scusa più
banale: “Vado un attimo in bagno.”
Esco. Lui mi aspetta
nel piazzale. La sigaretta accesa.
“Si può sapere cosa
ci fai qui? Sei impazzito?”
“Sono venuto al nostro
consueto appuntamento dopo la mezzanotte.”
“Certo. Però a casa
mia, a letto, quando non riesco a dormire. Non qui, a violare la mia privacy.”
“Scusa, fammi capire,
ma tu non eri quella distrutta, col cuore a pezzi, che un’altra storia mai più?
E adesso invece ti trovo qui, a festeggiare San Valentino. Già la parola
“santo” per me è fumo negli occhi. Figurati poi questa pagliacciata della festa
degli innamorati…Ma ti rendi conto?”
“San Valentino è solo
un caso. Avevamo voglia di cenare insieme, e siamo usciti.”
“Non sarei troppo
sicura Anna, se fossi in te. Da cosa nasce cosa, e potresti ritrovarti un’altra
volta con una bella scottatura. Lascia perdere, dammi retta, vieni via con me.”
“Sono sicura di
Pietro. Con lui potrei riprovarci. Lui mi lascia tutto il tempo di cui ho
bisogno per capire bene. Per te è facile dimenticare che le persone hanno un
cuore e un’anima.”
“Per carità! Lascia
stare il cuore. Quello ha già abbastanza da fare per tenersi in forma, altro
che pensare all’amore, ai sentimenti. Per quanto riguarda l’anima invece….è proprio
di questa che ti voglio parlare. Cara Anna, in tutte queste sere te l’ho
spiegato e rispiegato, ma tu non hai ancora capito. L’anima è una zavorra, un
peso inutile di cui liberarsi. Devi disfartene, lasciarla andare, vedrai come
ti sentirai meglio, più leggera, più libera.”
“Ah certo, la fai
facile tu. Disfarsi dell’anima? E come?”
“Semplicissimo! Sono
qui per questo. Io sono il miglior acquirente di anime.
Tu la vendi, io la
compro. E’ un normale contratto di compravendita. Sapessi quante cose posso
proporti in cambio! Che ti faranno star
bene! Vieni via con me e vedrai. Ti stupirai. Altro che l’amore. Anna, l’amore
è solo una scusa per non rimanere sola. Seguimi, non avrai più bisogno di
innamorarti. Non sarai sola, non hai idea di quanta gente si è fidata di me, ha
firmato il contratto e si è liberata della zavorra.”
Non ribatto. Certo,
la proposta è allettante…Gli lancio un’occhiata diffidente. Appoggiato al
cofano dell’auto, le mani sprofondate nelle tasche del cappotto nero, mostra un
ghigno di sfida. L’ultimo pezzo di sigaretta gli è rimasto incollato al labbro
inferiore. Il fumo gli sale fino agli occhi, diventati due fessure.
Guardo verso il
ristorante. Là dentro c’è Pietro seduto, solo, ad aspettarmi.
Pietro sa aspettare.
Giro i tacchi, faccio qualche passo, entro e
torno al mio posto.
“Tutto bene, Anna?”
“Sì, sì, tutto a
posto.”
“Bentornata! C’hai
messo un po’. Comunque, ti stavo aspettando.”
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