giovedì 10 maggio 2018

Maria Rita Merlo - Zahara

Ho paura, ho tanta, troppa paura ! Nella mia vita ho sempre avuto paura, non ricordo un solo momento in cui abbia potuto giocare serena, tranquilla, senza sobbalzare al minimo rumore, senza dover stare continuamente in guardia, pronta a scappare a gambe levate al primo accenno di  pericolo, ma ora quello che provo è terrore!
Sono qua, su questo barcone puzzolente, pigiata con un altro centinaio di poveracci come me, da stamattina presto, ho visto lo spettacolo del sorgere del sole, ma poi ha cominciato a fare  sempre più caldo, di acqua ce ne hanno data poca, ho sete, anche fame, ma soprattutto sete, chi ha provato a protestare è stato  preso a schiaffi, allora io ho deciso di tacere.
Col passare delle ore il mare, che prima era calmo, è diventato sempre più mosso; io non avevo mai visto il mare prima, ora ci sono delle onde gigantesche, sono tutta inzuppata  e quest'acqua non la posso neppure bere: è salata!
Ormai il sole è tramontato, ora è buio pesto, il cielo è squarciato da lampi accecanti, accompagnati da tuoni  spaventosi, piove  molto forte e questo è un bene, perché apro la bocca e bevo, finalmente... però non so se ce la faremo, prima o poi un'onda più alta della altre rovescerà questo guscio di legno e finiremo tutti in bocca ai pesci!
Fa freddo, stringo a me mio fratello Shomari, che per sua fortuna si è addormentato e provo a chiudere gli occhi, che bello se potessi passare dal sonno alla morte senza accorgermene.
Io sono Zahara, sono nata 14 anni  fa in un villaggio del Sud Sudan, situato nella regione di Bahr al Jabal, bagnata dal Nilo Bianco, una delle poche zone dove non manca l'acqua, si può coltivare la terra e allevare gli animali, siamo più fortunati di coloro che vivono nel deserto, ma purtroppo c'è la guerra; dicono che, da quanto il Sud Sudan è diventato indipendente nel 2011, la guerra sia finita, ma non è vero. Da anni è in atto un conflitto etnico tra le varie tribù, di lingue e religioni diverse, ormai il territorio è preda di diversi gruppi armati, bande di criminali e delinquenti di ogni tipo su cui il governo non può, o non vuole, esercitare alcun controllo.
Forse mi sono addormentata anch'io o forse sogno a occhi aperti, perché ora rivedo la mia infanzia: la mia famiglia tutto sommato non se la passa male, entrambe i miei genitori sanno leggere e scrivere, gestiscono il piccolo emporio del villaggio, coltivano un orticello e hanno una decina di capre, che noi ragazzi sovente portiamo al pascolo;  io sono la primogenita, due anni dopo è nato Shomari e dopo altri tre anni le gemelline Chara e Vasha; io e Shomari siamo nati in casa, con l'aiuto delle donne del paese, ma per le gemelline le cose si erano messe male, Papà ha dovuto in tutta fretta attaccare il cavallo al carretto e portare Mamma, veloce come il vento, al piccolo ospedale delle Suore Missionarie, che si trova nel villaggio vicino...vicino relativamente... a piedi ci vuole quasi un'ora, me lo ricordo bene perché tutti noi fratelli siamo andati a scuola dalle Suore, Papà ha sempre detto che l'istruzione è importante.
Io non so cosa sia la pace, quando sono nata c'era già la guerra, il primo conflitto, che poi ha portato alla separazione del Nord Sudan, a maggioranza musulmana, dal Sud Sudan, dove prevalgono i cristiani; il fronte era più a Nord, la nostra zona era interessata solo marginalmente dagli scontri armati, anche se i nostri giovani erano costretti ad arruolarsi e andare a combattere, purtroppo ne abbiamo persi molti .
Ricordo con piacere che, per andare a scuola, dovevamo alzarci presto, radunarci con gli altri bambini  del paese e poi, in gruppo, allegramente, cantando, rincorrendoci, prendendoci in giro a vicenda, ci mettevamo in cammino; ad accoglierci c'erano le Suore con la colazione pronta, niente di grandioso, pane e latte, ma dopo la scarpinata, era un vero lusso! 
La lezioni si tenevano sotto tre tettoie di paglia con il pavimento in terra battuta, gli scolari seduti su quattro o cinque file di panche, di fronte la cattedra e la lavagna; libri, quaderni, matite, tutto l'occorrente ce lo fornivano le Suore che tenevano anche le lezioni, divise in tre classi; lì ho imparato a leggere e scrivere nella mia lingua, ma anche in inglese, lì ho imparato la matematica, la geografia, la storia e, dato che la mia maestra era una giovane e simpatica Suora di Milano, anche l'italiano, che, diceva Papà: “Ti tornerà utile quando andrai in Italia...”.
“ Ma perché mai dovrei andare il Italia ? “ pensavo io, ed ecco che ora sono qua su questo orrendo barcone diretto proprio in Italia, ma io sono sempre più convinta che finirà in fondo al mare portandosi dietro tutte le nostre vite.
Finita la scuola, ho continuato a frequentare la Missione delle Suore, a volte per aiutarle, a volte per prendere in prestito dalla loro biblioteca i libri che mi è sempre piaciuto leggere; quando avevamo la fortuna che capitasse lì un Sacerdote, andavo a Messa con tutta la mia famiglia, per l'occasione Papà, col carretto, dava un passaggio a tutti i  compaesani che volevano unirsi a noi: arrivava gente da tutti i villaggi vicini, era una vera e propria festa, ognuno portava qualcosa da mangiare e, dopo la celebrazione, si pranzava tutti insieme, chiacchierando allegramente, poi si faceva un po' di musica e si ballava fino a sera.
Purtroppo ricordo anche benissimo che una volta la festa è stata rovinata dall'incursione di una banda di guerriglieri; sono scesi dalle auto con i fucili spianati e, urlando e minacciando di morte tutti i presenti, si sono fatti consegnare tutto ciò che loro aggradava; quando finalmente se ne sono andati, siamo rimasti tutti senza parole, terrorizzati e in lacrime; ricordo che Papà, sulla via del ritorno ci ha raccontato di aver letto sul giornale, poco tempo prima, che, a causa dei numerosi crimini commessi in Sud Sudan, negli ultimi sei anni, circa un terzo dei dodici milioni di abitanti è sfollato, la maggior parte a Sud, in Uganda.
Alcuni, soprattutto giovani, tentano di arrivare in Europa, una vera e propria lotteria con la morte, ma la paura ormai è tanta che si preferisce rischiare la vita perseguendo un obbiettivo, piuttosto che trascinarla avanti qua, senza alcuna prospettiva, ma solo chi può disporre di almeno mille dollari, la somma solitamente richiesta dalle bande che organizzano le traversate, può tentare.
Shomari e io siamo stati miracolati qualche mese fa, quando nel nostro villaggio c'è stata un'incursione dei guerriglieri di Boko Haram, i peggiori di tutti, perché, oltre a far razzie, rapiscono i giovani per farne degli schiavi: i maschi vengono addestrati a fare i soldati, per poi diventare a loro volta criminali, le femmine, dopo essere state stuprate, sono costrette a prostituirsi; spesso invece entrambe vengono venduti alle organizzazioni specializzate nel commercio degli organi.
Per nostra fortuna, quando sono venuti nel nostro paese, Shomari e io eravamo al  pascolo con  le capre, non ci siamo accorti di nulla, ma quando siamo tornati abbiamo trovato quasi tutte le famiglie in preda alla disperazione: si erano portati via una trentina di ragazzi tra i 10 e i 20 anni, molti nostri amici...ho pianto per ore !  Nel nostro emporio avevano rubato un sacco di cose, ma, fortunatamente non avevano picchiato nessuno e avevano deciso che le gemelline erano troppo piccole per portarsele via, ma se ci fossimo stati io e mio fratello non avremmo avuto scampo.
Quella sera ho sentito i miei genitori che parlottavano piano di un viaggio, ma non ho potuto capire bene e poi, il giorno dopo, Shomari e io siamo stati chiamati a rapporto: ci hanno comunicato che, già da tempo, stavano mettendo da parte i soldi per andare in Europa, ma, per il momento, non erano sufficienti per tutta la famiglia, quindi, dato che noi due eravamo più a rischio,  saremmo partiti da soli; nel frattempo loro avrebbero risparmiato ancora, venduto l'emporio, la casa e le capre e poi ci avrebbero raggiunti con le gemelline.
So benissimo dov'è l'Europa, perciò so che è lontanissima dal Sud Sudan e che per arrivarci bisogna attraversare  prima il deserto e poi il mare...abbiamo provato a protestare, ma papà è stato irremovibile, si sarebbe messo in contatto con qualcuno che organizza le traversate e poi saremmo partiti !
E così è stato: in una notte senza luna Shomari e io, al collo una busta impermeabile contenente i nostri documenti e uno zainetto ciascuno come bagaglio, siamo saliti su un pick up che sfrecciava per strade isolate e ogni tanto si fermava a raccogliere qualcuno; si viaggiava solo di notte, di giorno ci si nascondeva tra la vegetazione, finché c'è stata, poi in casolari abbandonati o tende beduine; ci davano da bere e qualcosa da mangiare, fortunatamente non ci hanno mai maltrattato; abbiamo cambiato veicolo moltissime volte, dopo un paio di settimane, siamo arrivati in Libia, a Bengasi, dove ci hanno rinchiusi in una specie di vecchia caserma, sporca, umida e priva di servizi, in attesa della traversata...
Quello è stato il periodo peggiore, non so neanche quanto è durato perché ho perso il conto del tempo, ma sono certa che sono stati diversi mesi, i giorni passavano tutti uguali, sempre rinchiusi nella penombra, senza niente da fare, solo di notte ci facevano passeggiare in cortile, non ho mai apprezzato così tanto l'aria fresca sulla pelle!
Sono riuscita a non impazzire probabilmente perché ero insieme a mio fratello nel gruppo dei minori non accompagnati, mentre gli adulti erano stati divisi: gli uomini in una camerata e le donne coi bambini piccoli in un'altra; ogni camerata aveva un unico gabinetto, sporco e puzzolente, ci si poteva lavare e cambiare una volta la settimana, il cibo era una vera schifezza, però almeno non ci hanno mai picchiati; ogni tanto portavano via qualcuno perché era venuto il suo turno di partire.
Poi due notti fa sono venuti a prendere anche noi due, dopo un breve viaggio in auto ci hanno fatti salire su quest'orrendo barcone e siamo partiti.
Mi ero veramente addormentata, perché vengo svegliata di soprassalto dalla sirena di una nave, ora la vedo...è ancora lontana, ma è tutta illuminata, ha puntato dei fari potenti su di noi e si sta rapidamente  avvicinando: è la salvezza !
I nostri compagni di viaggio sono in fibrillazione, si alzano in piedi, si spintonano, si sbracciano, ma così fanno dondolare troppo la barca, finirà per rovesciarsi...per fortuna il mare si è calmato...meno male che Shomari e io sappiamo nuotare: come tutti i bambini che hanno frequentato la Missione delle Suore abbiamo seguito le lezioni di nuoto, che si tenevano in un'ansa del fiume chiusa, simile a una piscina; Suor Federica, l'insegnate, ci diceva che saper nuotare ti può salvare la vita...io credo che sapesse che, prima o poi, molti di noi si sarebbero ritrovati nella situazione in cui siamo noi ora.
La nave è vicinissima, riesco a leggere sulla fiancata “ REPUBBLICA ITALIANA”, ma il  ponte è troppo in alto, stanno calando le scialuppe, ma ormai il nostro barcone oscilla paurosamente, stringo la mano di mio fratello ed ecco che si rovescia, finisco sott'acqua, ma con poche bracciate rieccomi a galla, dalla nave buttano dei salvagenti, ne afferro uno e me l'infilo, la scialuppa è quasi in acqua, la raggiungo velocemente e sento che due braccia forti mi tirano a bordo.. sono salva ! Ma dov'è Shomari? Lo chiamo con tutto il fiato che mi resta e poi lo vedo: sta raggiungendo ora la scialuppa, in un attimo anche lui è a bordo...lo abbraccio, entrambe piangiamo e urliamo di gioia: l'incubo è finito !
Questa notte ho rivissuto  tutta la mia vita, sempre  passata in allarme e apprensione e improvvisamente realizzo quello che ho sempre avuto e che ora non ho: “ FINALMENTE NON HO PIU' PAURA “  .

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