....Quel tarlo mai sincero che alcuni chiamano pensiero....
Racconto introspettivo
Come disse Massimo Bubola, grande amico e co-autore di Fabrizio de Andrè, "....vorrei essere come Dostoevskij per curvare le parole..."
Inutile parlare di ciò che si trova nell'oblio della mente, nessuno può capirti nel pieno delle tue illusorie emozioni. Lo spirito che brucia nel ventre e ti sale nella mente non si esaurisce mai, ogni esperienza è una nuova conoscenza ed una piacevole sofferenza. Anni ad aspettare la sorte, il fato, e la morte, parafrasando liriche più famose, spendendo tempo passato e presente a difendere la propria integrità morale e la propria dignità civile, spiegarsi al mondo senza trovare chi voglia veramente capirti o cercare di farlo, congelato da falsi moralismi e pregiudizi antichi, deriso per la scarsa autostima e per la sciatta presenza nel palcoscenico sociale. Mentre il ticchettio del pensiero risuona costante ed incessante, quasi con cadenza ritmica ammaliante che blocca ogni tentativo di evasione, anni di ricerca e inutile attesa, anni di progetti e fallimenti continui per uscire dalla mediocrità e da quel alone di normalità, che formalizza la nostra vena artistica, introspettiva, filosofica ed idealista. Anni a spiegare ogni singola "devianza" per paura dell'esclusione dal circolo vizioso della modernità. Io anarchico, libertario ed individualista, misantropo per necessità e misogeno per costrizione avversa. Odio questa omologazione forzata che ogni giorno va contrastata, professo e sogno dignitosa libertà per ogni singola individualità. Questi continui compromessi morali ed oggettivi logorano l'animo, mentre lo scenario desiderabile si allontana sempre più verso una società distorta ed incivile, spinta da perversione verso il materiale e l'illusorio senso di onnipotenza. Ascolto il frinire continuo del tarlo e mi eclisso per un momento da questo presente, lontano dal mio volere e dal mio sentire, lotta continua di un randagio costretto alla convivenza sociale forzata da regole futili e inique, volute per opprimere e sopprimere chi crede nel eguale libertà.
Dalla comune alla solitudine, può essere il titolo esplicativo della mia attuale realtà quotidiana, voglia di fuga ed ambizione di cambiare la società pur con la debolezza di chi la battaglia è costretto a condurla in autonomia. Niente può mutare con le mani di un singolo uomo, forse non è il sostantivo idoneo, vile o forse vigliacco, meglio mi si addice. Ma pur sempre incapace di donare al mondo uno stimolo di cambiamento positivo ed equamente condiviso. La parola equità nella storia dell'uomo moderno non trova riscontro, una parola complessa da spiegare e difficile da realizzare, senza l'unità e la solidarietà degli eguali. Eguali a chi e per chi, ci si potrebbe chiedere, perchè professare uguaglianza in un contesto sociale altamente variegato e totalmente iniquo? Perchè con l'arma della conoscenza e dell'esperienza non si può combattere l'ignoranza, perchè l'educazione, la partecipazione e la consapevolezza che sono strumenti sociali altamente coesivi ed aggregativi, come nei gruppi sociali non gerarchizzati, nulla possono contro il potente. Tutto per tutti è il pensiero principe della nostra incessante idealità, fuori dai giochi e dagli schemi preconfezionati, lontani da informazione contorta e strumentale, mentre quel tarlo frinisce più forte, continua nella sua bramosia di potere, consuma l'essenza e lede la sua struttura, sembra che non ci sia alcuna soluzione, eppure ci deve essere, in qualche anfratto nascosto, difficile da trovare, ma certamente reale, non può continuare con la sua voracità a logorare il mondo, presto ci porterà all'autodistruzione. Scenario apocalittico ed immaginario, pessimismo incalzante di un inutile uomo facente parte di una società evoluta, moderna e antidemocratica. Partendo da un sentiero impervio si può costruire una via di comunicazione, dando vita ad un contesto sociale aggregativo in un ambiente naturalmente eco-compatibile? Quello che non ho, è il tempo di confrontarmi con me stesso e dialogare per ore su un possibile cambiamento di rotta, su come estirpare il tarlo e mutarne la sorte.
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