Ho costruito il mio sogno. E’
stata lunga e difficile, ma alla fine ce l’ho fatta. Com’è lontano l’inizio;
frequentavo le scuole medie ed ero il primo della classe. Mia mamma era
contenta quando andava a parlare ai professori e faceva il pieno di
complimenti; poi veniva a casa, riferiva tutto a papà e lui quasi si
commuoveva.
Però in terza media i professori avevano detto: “E’ un ragazzo
intelligente e volenteroso, non deve fermarsi presto. Fategli fare il liceo e
poi l’università; vedrete che vi darà delle soddisfazioni”. Io li avevo sentiti
i miei parlare tra loro: “Il liceo, l’università; così non finisce più di
studiare. Riusciremo a farcela?”. Sì, perché uno stipendio da vigile del fuoco
era veramente poco per mantenere una famiglia di quattro persone. “Al massimo
vendi il pezzo di terra; tanto ti dà solo del lavoro e non rende niente” diceva
mia mamma e mio papà rispondeva di sì, anche se perdere quel pezzo di terra gli
sarebbe dispiaciuto veramente tanto. Ma io ho costruito il mio sogno. Il liceo
se n’era andato nella massima scioltezza e aveva lasciato 60/60 e l’iscrizione
a ingegneria; a quel punto bisognava arrivare fino in fondo, stare in collegio
a Torino e accollarsi spese da non poco. Studiavo giorno e notte, sabato e
domenica; passavo gli esami come un rullo compressore, con quella voglia mista
a rabbia di chi vuole arrivare alla fine , bene e presto. L’università aveva
lasciato una laurea con 110/110 e la cartolina precetto; ancora un anno fermo.
Ma ho costruito il mio sogno. Durante il servizio militare avevo superato l’esame
di stato e fatto un’infinità di colloqui presso un’infinità di aziende; così il
giorno dopo il congedo iniziavo il mio primo lavoro e dopo un mese prendevo il mio
primo stipendio. Non è facile il mondo del lavoro, non è facile l’industria;
devi sgomitare se vuoi fare carriera, devi fare e imparare da solo perché nessuno
ti regala niente, nessuno ti insegna niente. Ma ho costruito il mio sogno. Ho
cambiato lavoro una volta e poi un’altra ancora; ogni lavoro nuovo voleva dire
stipendio più alto, maggiori responsabilità, migliori prospettive. Poi ero
disponibile a viaggiare e in pratica dormivo sempre con la valigia vicino al
letto; lunghi soggiorni prima in giro per l’Italia, poi per il mondo. Ero
diventato un dirigente di un certo peso, giovane, ma ormai decisamente
lanciato.
Poi quell’anno, nella solita
settimana di vacanza insieme a Lucia, la mia fidanzata, quel manifesto appeso
proprio sulla passeggiata lungomare di Finale Ligure. “Cercasi custode per la
sede della Croce Verde. Si offre appartamento di quattro vani, servizi e garage
e possibilità di gestire il circolo”. Non so quale fu la molla. Forse il
pensiero della valigia perennemente vicino al letto, magari quel mal di fegato
che ti prende tutte le volte che l’amministratore delegato verifica i conti e
getta palate di letame su tutti i dirigenti o forse perché tanto lo sai che se
vuoi fare sempre più carriera ogni cinque-sei anni devi cambiare lavoro,
ricominciare da capo, aumentare le tue responsabilità e quindi le tue rogne. O
forse perchè io e Lucia eravamo un po’ stufi di fare i fidanzatini perenni e ci
piaceva darci un’inquadrata, ma dove lo troviamo il tempo di cercare una casa e
i mobili, di fare tutti i preparativi. Insomma, alla fine siamo andati alla
sede della Croce Bianca e abbiamo lasciato i nostri dati; quel volontario ha
accennato un sorriso quando gli ho detto che ero ingegnere. Certo deve aver
pensato che io fossi uno di quei dottori da quattro soldi con un pezzo di carta
in mano, ma senza alcun tipo di capacità; io però non me la sono presa più di tanto
e ho costruito il mio sogno.
Sono passati tre anni da allora e
sono qui nell’appartamento di quattro vani, servizi e garage al piano superiore
di una palazzina vicino al centro di Finale Ligure; al piano terreno i
volontari della Croce Verde fanno i loro turni e nel piazzale davanti le ambulanze
sono sempre schierate pronte per ogni evenienza. Durante la bella stagione il
mattino mi alzo sempre prima delle sette e vado sulla riva dove arrivano i
pescatori; poi passo in panetteria a prendere la tipica focaccia ligure e
ritorno da Lucia che mi aspetta per la colazione. Insieme andiamo ad aprire il
circolo; “Circolo dell’ingegnere” l’ho chiamato, giusto perché non si dica che
ho sprecato la laurea. Il primo cliente della giornata è sempre Ricu, un
vecchio pescatore con la pelle così secca che sembra vere cent’anni e non è
escluso che li abbia davvero, ma ha la lucidità di un giovanotto; è sempre suo
il primo cappuccino e io gli faccio compagnia mentre sfogliamo le pagine
sportive del Secolo XIX, dove si parla del Genoa.
Devo ammetterlo, solo tre anni e
mi sento ligure dalla testa ai piedi; tifo per il Genoa, parlo il dialetto
quasi con l’accento giusto, mi intendo di pesca e ho anche imparato a pestare
il basilico con il mortaio. D’altronde non poteva essere diversamente, sempre
in mezzo a loro, a giocare con i volontari della Croce Verde, a portare caffè,
panini e aranciate ai clienti del circolo, a bazzicare per i negozietti di
Finale; in inverno, quando i turisti non ci sono più, noi finalesi ci
riappropriamo delle vie del centro, ci fermiamo sulle panchine a chiacchierare,
a discutere se il Genoa riuscirà a tornare in serie A.
Ieri sera Lucia mi ha detto che
le sarebbe piaciuto avere un figlio e io ho risposto che sarebbe piaciuto anche
a me ; ce lo siamo detto senza tanti fronzoli, come credono si dicono queste
cose una qualunque coppia di liguri. Tra il serio e lo scherzoso ho preso un
pezzo di carta e mi sono messo a fare due conti. “Mi piacerebbe che nascesse a
metà di settembre”, le ho detto. E’ il momento più bello dell’anno, quando i
bagnini iniziano a smantellare le spiagge; restano pochi ombrelloni, i pedalò
sono spostati lontano dalla riva e i pochi turisti rimasti passeggiano sul
bagnasciuga. Perché se vuoi sentire il rumore del tempo che passa devi venire
qua a metà settembre; l’acqua che ti bagna i piedi mentre passeggi, il bagnino
che ritira gli ombrelloni, i pedalò che strisciano sulla sabbia mentre vengono
trascinati fin verso la passeggiata.
Allora io apro il circolo, saluto
Ricu e ci mettiamo a parlare della campagna acquisti del Genoa. Ed è proprio in
quel momento che io concretizzo il mio sogno.
E’ in
quel momento che io costruisco il mio amore.
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