Dario,
prendeva abitualmente il pullman. Frequentava l’università di lettere e abitava
nella periferia di Firenze. Quando viaggiava aveva sempre le cuffie nelle
orecchie. Era una giornata grigia d’inverno. Dario aveva messo lo zaino nel
posto libero vicino a lui. Gli si avvicinò una ragazza che non aveva mai visto
chiedendogli se il posto era libero. Con la musica nelle orecchie, non rispose
subito. Rimase incantato a guardarla. Guardava i suoi occhi verdi, dietro ai
grandi occhiali da vista neri. Aveva visto l’infinito. Lei gli rifece la domanda
con la voce un po’ più alta. Lui la fece accomodare sorridendole: ”Scusa, avevo
la musica nelle orecchie!” Lei rispose: ”Spero almeno che stia ascoltando della
buona musica…” “Ascolto un po’ di tutto” sorrise: “Vuoi ascoltare?” Lei prese
la cuffia di destra e se la mise nell’orecchio. Quando arrivarono vicino alla
stazione di Firenze, si alzò dicendogli: “Questa è la mia fermata, Ciao!” Prese
il suo zaino e in fretta raggiunse l’uscita del pullman. Alla stazione scesero
tutti. Dario chiese se conoscevano la ragazza che si era seduta vicino a lui. Nessuno
la conosceva. Arrivato all’università si mise a parlare con i suoi amici e
mentre fumava una sigaretta, raccontò della ragazza. Nel pullman del ritorno lei
non c’era. Nel pomeriggio studiò e dopo andò in piscina. Finito di nuotare
passò dal bar. C’era il suo miglior amico Marco, c’era Guido e Andrea. Anche
loro, quando non li trovava a casa, era certo di trovarli al bar. Raccontò
anche a loro di questa ragazza. Marco, rimase pensieroso. Quando finì il
racconto disse: “Non ne sono certo ma da come la descrivi, alta quasi quanto
te, capelli neri mossi. Occhi verdi e grandi occhiali da vista. Io non la
conosco personalmente. Ma ho visto una ragazza simile. Si è trasferita da poco
infondo alla mia strada.” Dario rimase sorpreso: ”Non ci credo. Mi prendi in
giro, perché non me lo hai detto?” Dando un sorso di birra: “Vieni pure a
vedere. Ci sono ancora le scatole della ditta di traslochi dove abita lei.” Dario
fece un gesto con la testa. Uscirono dal bar e presero la macchina. Insieme a
loro c’erano anche Guido e Andrea. Passarono davanti a casa di Marco poi alla
fine c’era quella della ragazza. Tutto era come aveva detto Marco. Ritornarono al
bar euforici. Ordinarono da bere. Si fece mezzanotte tra una birra e una
sigaretta. Dario salutò e andò a casa. Aprì la porta e vide camera dei suoi
genitori accesa. Si affacciò. Stavano già dormendo. Gli spense la luce. Accese
il computer e vide che suo fratello da Londra era sempre online su Facebook.
Suo fratello faceva il consulente pubblicitario era tre anni che era in
Inghilterra con la sua famiglia. Gli scrisse chiedendogli come andava a Londra.
Gli raccontò della ragazza. Gli rispose: “Sono contento per te, speriamo sia
quella che aspettavi. Stai tranquillo. Vorrei essere li con te, mi immagino già
la tua euforia al sapere che è del paese. Sentirsi battere il cuore, da
un’emozione inspiegabile. E’ una cosa bellissima. Me lo hai insegnato tu.
Saluta la famiglia.” La mattina si alzò di buon umore. Prese lo zaino, infilò
le cuffie nelle orecchie, salutò i genitori e si diresse alla fermata del
pullman. Gli operai stavano lavorando per montare le luci di natale. Si mise al
suo solito posto. Ad ogni fermata alzava la testa. I posti a sedere erano
esauriti. Lei non c’era. Nel pomeriggio non tornò a casa andò a mangiare da sua
nonna. Quando suonò il campanello, si aprì subito il portone. La nonna abitava
in un palazzo nel centro di Firenze. Quando arrivò davanti alla porta
dell’appartamento sua nonna gli disse che è già tutto pronto. Prima di entrare
le dette un bacio sulla guancia. Arrivò dalla camera suo nonno. Salutò anche il
nonno con un bacio sulla guancia. Poi appoggiato lo zaino in un angolo della
cucina, si spogliò del cappotto e si mise a tavola. Chiese ai nonni se avevano
mangiato. Il nonno gli rispose di si e lui gli chiese se rimaneva a fargli
compagnia. Gli piaceva parlare con i suoi nonni. Parlare dei loro vecchi tempi
e farsi raccontare dei suoi genitori. I suoi nonni erano un po’ come suo
fratello, poteva raccontare qualsiasi cosa. La nonna gli chiese se andava tutto
bene sia all’università che al di fuori. Dario gli raccontò dell’incontro con
quella ragazza. Il nonno: “Ci sono cose che non puoi cambiare. Ma questa non mi
pare una tragedia, questa ragazza se la rivedi puoi giocare le tue carte. Se è
una che ne vale la pena giocare tutti i tuoi assi. Allora fallo.” Dario rimase sbigottito
dalle parole che gli aveva detto. Sua nonna che si era messa a fare la maglia,
annuì: “Ha ragione tuo nonno. Se prima o poi non ti butterai, non saprai mai
cosa vorrà dire volare.” Dario riempì il bicchiere e lo buttò giù tutto d’un
fiato. Il nonno intanto era sceso in cantina. Ci scendeva tutte le volte che
aveva bisogno di riflettere. Quando finì di mangiare, si rivestì prese lo zaino
e salutò la nonna con due baci sulle guance. Le disse: “Domani ho un esame.
Vado in biblioteca a studiare” Lei semplicemente gli rispose: “Vai pure. Lo sai
te quello che devi fare.” Scese le tre rampe di scale e arrivò davanti al
portone, sulla sinistra c’erano le scale delle cantine. Scese anche quelle per
andare a salutare il nonno. Era intento a guardare delle vecchie foto.
Affacciandosi: “Nonno. Io Vado. Ma che stai facendo?” “Niente. Stavo Pensando a
quanto tempo è passato dalla prima volta che ho incrociato lo sguardo di tua
nonna. Ne abbiamo passate tante ma siamo ancora qui, ed io senza di lei non
saprei come fare.” Scese le scale e arrivo fin da lui: “Quanti ricordi ci sono
qui dentro” “Vorrei sentirti parlare d’amore. Sentire parlare i giovani d’amore
è così difficile.” Mostrando a Dario una foto con lui e sua nonna. Vide negli
occhi neri di suo nonno l’amore. “Eravate bellissimi” “E’ passato tanto tempo.”
Dario sorrise. Si abbracciarono e il nonno gli disse di andare. Si avviò verso
la biblioteca. Si mise la musica nelle orecchie. Entrò in biblioteca. Cercò un
posto con un computer libero. Tirò fuori i libri e un blocco notes. Impostò la
sveglia per non perdere il pullman e incominciò a scrivere. Quando studiava
erano rare le volte che si distraesse. Quando la sveglia suonò, rimise tutto
nello zaino. Se ne stava andando quando vide dall’altra parte della stanza una
ragazza. La ragazza del pullman. Anche lei, era immersa nello studio. Tornò
indietro, si avvicinò al suo tavolo: “Ciao! Cosa sei a studiare? Ti ho visto
mentre stavo uscendo.” Lei lo guardò con i suoi occhi verdi da sotto quei
grandi occhiali neri: ”Ciao! Domani ho un esame tutto in lingua inglese” Sorrisero.
Dario guardò l’orologio e le chiese: “Che fai, ti trattieni ancora?” Lei guardò
il suo: “Il prossimo pullman quando c’è?” Lui guardandola sempre perso nei suoi
occhi “Tra un’ora e mezzo” le sorrise. Aspettò che rimettesse i libri nello
zaino. Mentre si incamminavano verso l’uscita, Dario la guardava e le disse:
“Io sono Dario, piacere”. Lei si fermò, un po’ imbarazzata, lo guardò
sorridendo: “Scusa. Io sono Sofia, piacere”. Sofia faceva l’università di
lingue. Si era trasferita nel paese di Dario perché la sua famiglia non voleva
vivere in città. Proveniva da un paesino vicino a Chieti. Si erano dovuti
spostare per sua madre che aveva una ditta di tessuti insieme alla zia. Il
padre invece si arrangiava. Da due mesi aveva trovato un lavoro come panettiere.
Aveva anche una sorella più piccola. Arrivato il pullman, continuarono a
parlare. Dario gli parlò di Marco, Guido, Andrea e delle volte che si ritrovavano
al bar. Parlarono di musica e dei film che per loro sembravano i migliori e i
peggiori del mondo. Parlarono di tutto e di niente. A Dario sembrava che quel
viaggio non fosse durato abbastanza quando si aprirono le portiere e i due
scesero nella piazza centrale del paese. Sofia lo salutò e si diresse verso
casa. Dario le chiese se l’indomani l’avrebbe rivista. Gli sorrise: “Tieni il
posto”. Tornò a casa felice. Non si sarebbe mai aspettato di conoscere Sofia in
biblioteca. Adesso sapeva il suo nome e un po’ di cose su di lei. Quella sera
non uscì al bar. Doveva finire di studiare. Sul cellulare gli arrivò un
messaggio di Marco che gli chiedeva il perché non fosse uscito. Gli rispose che
aveva da studiare e poi gli scrisse che la ragazza del pullman si chiamava Sofia.
Al mattino Dario uscì, non aveva le cuffie nelle orecchie. quando salì sul
pullman dette anche il buongiorno al conducente. Si mise al solito posto. Non
gli sembrava più la solita monotonia perché stava per arrivare Sofia. Dopo un
po’ arrivò. Si sorrisero e si salutarono con due baci sulle guance. Dario le
chiese se era preparata per l’esame. Lei gli rispose che forse era meglio la
musica, così si sarebbe rilassata. Sofia prese l’Mp3 di Dario e si infilò una
cuffia. Si addormentò sulla sua spalla. Dario la guardava mentre dormiva.
Quando furono vicini alla fermata dove scese qualche giorno prima, le sfilò la
cuffia dall’orecchio e ci soffiò. Sofia si svegliò di soprassalto. Alzando lo
sguardo, vide la sua fermata. Si rimesse a posto i capelli e prese lo zaino. Dario,
gli chiese: “Che fai stasera?” Alzandosi in fretta: “Non lo so. Ma so che faccio
ora. Scendo.” Prima che arrivasse all’uscita: ”Ti passo a prendere?” Con il
dito alzato fece segno di si, mentre stava scendendo dal pullman. Dario arrivò
entusiasta all’università. Raccontò ai suoi amici che la ragazza che cercava si
chiamava Sofia. L’esame andò bene e quegli addobbi che tutti gli anni metteva
per Natale, non sembravano niente in confronto a quello che si sentiva nel
cuore. Quella sera Dario passò ha prendere Sofia, andarono a vedere un film al
cinema. Si incontravano tutte le mattine e lei tutte le mattine si addormentava
sulla sua spalla. Erano passati tre mesi. Lui l’aveva portata anche a cena
fuori. Gli aveva presentato Marco, Guido e Andrea. Una sera, Guido gli mandò un
messaggio: “Sabato festa a casa di Zoe. Porta anche lei.” Disse della festa a Sofia
mandole un messaggio: “C’è una festa sabato. Passo a prenderti alle venti” ed Sofia
rispose “Ti aspetto”. Si ritrovarono al solito bar. Fecero un aperitivo. Guido
fece conoscere la ragazza che aveva incontrato al mare. Marco al secondo
prosecco propose di andare alla festa. La casa di Zoe non era lontana. Andrea e
Marco erano in moto. Dario guidava parlando con Sofia mentre lei ad ogni
canzone che non le piaceva la cambiava. La villa aveva un grande giardino ed
una piscina. C’era musica, da mangiare e da bere ovunque. Mentre ancora
ridevano di una battuta di Marco, lui la prese in disparte portandola in
giardino. L’unico posto dove stare soli, tranquilli. Chiuse la porta del salone
e lei gli chiese: “Perché mi hai portato qui? Fa un po’ fresco, io non ho
niente addosso. Prendo la giacca.” Dario la guardò, sorrise: “Io ti conosco da
soli pochi mesi. Ma mi pare di conoscerti da una vita intera. Dal primo giorno
che ti ho vista sotto i tuoi occhiali, ho visto che tu eri diversa. Mi hai completato
come nessuna ragazza aveva mai fatto prima.” Sofia arrossì: ”Pensavo di essere
solo un’amica per te.” Dario si avvicinò. Lei abbassò gli occhi. “Io non voglio
essere tuo amico. Ma anche più di più. Continuando a parlare come abbiamo fatto
scambiandoci le nostre paure e i nostri sogni. Standoci vicini…Io Ti Amo”
L’abbracciò. Lei lo guardò negli occhi e gli sorrise. Si baciarono. “Anche Io”,
rispose lei. Lasciarono la festa intorno alle due di notte, riaccompagnò a casa
Sofia salutandola con un bacio sulla bocca. Guido fu il primo a lasciare la
festa. Marco se ne andò con una ragazza. Andrea invece era così ubriaco che
rimase a dormire da Zoe. Dario sul telefonino aveva due messaggi. Uno del
fratello e l’altro di Sofia. Quello del fratello diceva che sarebbe tornato nel
pomeriggio e che Pasqua l’avrebbe trascorsa a casa. L’altro: “Grazie della
bella serata, non mi divertivo così da tempo. A domani. Ti Amo”. Ancora oggi Sofia
si addormenta sempre accanto a lui, mentre lui vede sempre nei suoi occhi l’infinito.
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