venerdì 5 giugno 2015

Bruno Bianco - Giuramenti

Lungo il fiume Donetz, 31 luglio 1942 
Cara Lisetta,
prima di partire mi avevi fatto giurare che non ti avrei scritto più di una volta la settimana, ma non riesco proprio a essere fedele alla promessa; sono passati solo due giorni dalla mia ultima lettera, ma oggi è il tuo compleanno e nel giorno dei tuoi vent’anni ho bisogno di dirti subito quello che mi è venuto in mente questa mattina.
Come ti ho sempre scritto nelle mie lettere sai bene quello che provo a stare in guerra lontano da te che sei il mio più grande amore; tu però devi stare tranquilla perché qui non abbiamo niente da preoccuparci. Siamo tutto il giorno in marcia e se mi guardo intorno mi sembra quasi di essere a casa. Mi dicevano che in Russia fa freddo e invece qui fa caldo è c’è il sole tutto il giorno come in estate nella nostra amata terra di langa [1]; ci sono i prati e i campi di grano uguali ai nostri e i contadini che lavorano la terra e tengono le galline nel cortile proprio come da noi. I nostri ufficiali dicono che finiremo in fretta; presto potremo tornare a casa e io potrò finalmente sposarti come volevo fare prima che mi arrivasse la cartolina.
Tu sai come sono fatto e sai quali sono le mie convinzioni; io credo che tutto quello che ci capita è sempre per il nostro bene. In queste lunghe giornate di marcia ho pensato molto a me, a te, alla famiglia che faremo nascere e ai figli che cresceremo. Ho attraversato tanti villaggi e ho visto gente diversa; uomini e donne, vecchi e bambini, tutte brave persone, certo spaventate nel vedere soldati di un altro paese, ma che non ci hanno mai fatto mancare un sorso d’acqua fresca e un pezzo di pane bianco. Sono contadini con la pelle delle mani uguale alla nostra, rovinata dal lavoro nei campi e nelle stalle; sono persone con lo stesso sguardo di chi come noi vive la giornata senza sapere come sarà quella che verrà l’indomani. Tu mi hai sempre detto che il tuo sogno è di lasciare la nostra terra per trovare un nuovo mondo che sia più giusto e accogliente per noi e i nostri figli; e io ti ho sempre ripetuto che noi siamo nati qui come i nostri genitori e i genitori dei nostri genitori e che nessuno se ne deve mai andare dal posto dove è nato, come la quercia che è nel mio cortile da più di cent’anni e non si è mai mossa da lì. Ma oggi ho deciso che tu sei troppo importante per me e ti meriti un’esistenza migliore di quella che noi due potremmo passare nelle nostre valli. Perché ho capito che non sta scritto da nessuna parte che devi crescere dove sei nato e morire dove sei cresciuto; la vita può farti restare ottant’anni nello stesso posto o spostarti ottanta volte in tutta la tua esistenza, ma quello che conta è soltanto cercare e trovare la felicità per sé e per i propri cari. La terra di langa è bella, ma è troppo ingiusta verso le persone oneste e pulite come sei tu; ti consuma di fatica per darti sempre troppo poco, per arricchire i mediatori che si mettono d’accordo tra loro, si spartiscono la cascine e alla fine il prezzo lo fanno sempre come vogliono. Ti ricordi quando ti avevo portato a trovare mio cugino Giovanni a Casale? Lui vive e lavora lì, in una grossa fabbrica che da lavoro a tutta la zona; Giovanni mi dice che dopo la guerra la fabbrica si ingrandirà ancora e come ha fatto lui tanti altri potranno lasciare la dura vita del lavoro di campagna per un posto sicuro in una fabbrica di città. Mio cugino mi parla di un mondo da sogno, con un orario fisso, uno stipendio sicuro e la domenica in giro per Casale dove dicono che i bar sono quasi più belli di quelli di Torino. Anche noi andremo a Casale; io lavorerò in fabbrica e tu sarai la regina della casa dove abiteremo. I nostri figli andranno a scuola, impareranno a leggere e scrivere prima e meglio di come abbiamo fatto noi; se saranno bravi potranno anche fare le scuole alte che la gente si rivolgerà a loro dando del voi come noi facciamo con il podestà, il farmacista e il maresciallo dei carabinieri. Metteremo da parte i soldi e avremo una casetta con il cortile tutta per noi, di quelle fatte dai muratori veri. Terremo le galline e i conigli come facciamo nelle langhe, ma non venderemo più le uova perché potremo tenerle tutte per noi; e quando vorremo mangiare carne di coniglio o di pollo lo faremo senza preoccupazione perché avremo il mio stipendio e tu non dovrai fare la fatica che fanno le donne nelle langhe. Oggi abbiamo attraversato il fiume Donetz per arrivare al Don; domani attraverseremo la nostra esistenza dura per arrivare a godere i frutti del nostro lavoro. Sarà questo il nuovo mondo che costruiremo insieme a quelli che come noi credono in una vita migliore. Io non mi sono mai interessato di politica, ma ho capito come funziona; i governanti cambiano e i re muoiono, mentre noi continuiamo a esistere con quello che costruiamo ogni giorno per le persone che amiamo, guardando indietro a quello che abbiamo fatto per loro e pensando a quello che loro continueranno a fare senza di noi.
Prima che arrivi l’inverno il mio reggimento avrà finito la missione e io sarò già tornato a casa; pensarti mi aiuta a non sentire il peso della marcia e a immaginare il nostro futuro. Insieme a  te; insieme al mio più grande amore.
Al di là del fiume, il tuo Sandro.

San Benedetto Belbo, 31 luglio 1942 
Caro Sandro,
non ho dimenticato che prima di partire ci siamo giurati di non scriverci più di una volta la settimana, ma adesso non puoi immaginare come sono pentita di averti obbligato a fare questa promessa. Così ho deciso che non voglio essere fedele al nostro impegno; sono passati solo due giorni dalla mia ultima lettera, ma oggi è il mio compleanno e nel giorno dei miei vent’anni ho bisogno di dirti subito quello che mi è venuto in mente questa mattina. Ricordi che ti dicevo sempre che il mio sogno era di lasciare la nostra terra perché non vedevo nessun tipo di futuro per noi e per i nostri figli e che tu mi ripetevi sempre che noi siamo nati qui e che nessuno se ne deve mai andare dal posto dove è nato; oggi ho capito che io mi sbagliavo mentre tu avevi ragione. In questa stagione la nostra povera terra di langa è particolarmente bella; alle sei del mattino il sole è già e alto e dal nostro bricco si vede un panorama che toglie il fiato. Guardo il Belbo che scorre lento e svogliato come un bambino che si è appena alzato e non ha voglia di iniziare la giornata; lancio lo sguardo lontano a cercare gli uomini che trovano un posto fresco dove mettere il pintone di vino per alleggerire la fatica della giornata; sento il vociare delle donne che in allegria portano con fatica le lenzuola da lavare al fiume; inseguo le corse dei ragazzini che portano gli animali al pascolo e non riescono a stare fermi nemmeno un momento; sento il profumo del minestrone che le nonne mettono sul fuoco dal mattino e non lo levano prima di mezzogiorno perché sanno bene che solo le cotture lente e lunghe fanno restare buone le cose della vita. Ma quando arriva la sera uomini, donne e bambini, stanchi o riposati che sono, nessuno manca nelle vie, nella piazza, in osteria; tutti con la loro voglia di stare insieme a quelle persone che sono nate e cresciute nella stessa terra e che quando sarà il momento moriranno nella stessa casa dove genitori e nonni a loro volta hanno lasciato l’ultimo respiro. Ora so che avevi ragione tu, che non si possono lasciare i posti che ci circondano fin dai primi giorni di vita; ora so che voglio stare di fianco a te e vicino ai nostri figli a guardare lo scorrere delle stagioni sulla nostra terra. Voglio vedere le primule novelle sulle rive ombreggiate a primavera, voglio sentire in estate l’orchestra che suona nel ballo a palchetto per la festa del patrono, voglio respirare con gli odori dell’autunno il profumo dei tartufi che gli uomini con i loro cani portano a casa dopo una notte di ricerca, voglio guardare dalla finestra dell’inverno la neve ghiacciata sui tetti mentre sulla stufa le castagne trasportano il loro calore per tutta la stanza. Ci sono persone che non cambiano mai idea convinte che bisogna pensarla allo stesso modo per tutta la vita; poi ce ne sono altre che ogni giorno dicono il contrario di quello che hanno detto il giorno prima. Io non so da quale parte sto, ma so che quanto penso oggi, anche se diverso da quanto pensavo ieri, è il modo giusto di guardare alla nostra vita da passare insieme.
Prima che arrivi l’inverno spero che tu sarai già a casa; pensarti mi aiuta a non sentire il peso della lontananza a immaginare il nostro futuro. Insieme a  te; insieme al mio più grande amore.
Nella terra di langa, la tua Lisetta.

San Benedetto Belbo, 31 luglio 2002
Sessant’anni fa Sandro è stato dato per disperso in Russia; il suo corpo non è mai tornato in Italia.
Trent’anni fa suo cugino Giovanni è morto di mesotelioma pleurico per l’esposizione all’amianto nella fabbrica di Casale.
Oggi Lisetta ha compiuto ottant’anni; non ha mai lasciato il suo paese delle langhe dove abita tuttora circondata da figli e nipoti. Ogni mattina entra nelle chiesa per la messa delle otto e la sua prima preghiera è sempre per Sandro. Il suo più grande amore nella terra di langa. Il suo più grande amore al di là del fiume.

[1] Le Langhe o la Langa è un territorio del Piemonte meridionale; costituito da alte colline, era nel passato una zona molto povera

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