lunedì 3 luglio 2017

Alexandra Mc Millan - Le mie mani

Le mie mani, pietra fredda,
non ali, non nuvole
contengono la tua voce
e il lungo tacere del cielo


sassolini bianchi da gettare a caso
e nessuna strada da ritrovare
nessun ritorno possibile.
Le mie mani sentono i suoni
delle giostre adesso deserte
toccano la superficie livida
di un ricordo che esiste
solo in fondo a un mare
sconosciuto e distante come
stelle vagamente immaginate.
Le mie mani, pozzo profondo
di desideri senza acqua
e una luce intravista da lontano
mani di neve e terra, cesti
di frutta e marzapane e qualche
germoglio a non fare primavera
anche se arrivassero le rondini
e venissero a beccarmi il dolore
dalle dita. Senza chiedere
nulla in cambio, se non
briciole di volo e piccoli
rami da nido in costruzione.
Le mie mani, fatica, unghie rotte,
tessere d’un mosaico infinito
fotografie sfocate, mosse,
mani in fuga, cavalli che corrono,
amore, la linea della poesia,
un pezzo di universo, altri pianeti
un’aria diversa, altro respiro,
mani a conca per bere
a larghe sorsate dal ruscello.
Mani voglie stonate e arsura,
tenerezza e figli e coperte calde,
mani chiuse sulle tue lacrime,
in veglia di dolcezza ed ansia
mani colonne, per reggere
il mondo come Atlante,
grandi e calde e stupite
dalla morbida carezza
di un sogno inseguito e fermato
sul tuo viso in un momento
solo come dita di un amante,
il cuore in gola, la paura
di svegliarmi e non trovarti,
di tagliarmi mentre sbuccio
un rimpianto troppo duro.
Notturno d’astri pensosi,
mani foglia e albero e foresta
e ancora fuoco e scintille
luccicanti come una volta
stellata da rovescio, ché
solo così potrebbe il mio
sestante calcolare
la tua altezza sopra l’orizzonte
e ritrovare infine la parola
per dar nome alla tua stella
vicina questa volta, qui
nelle mie mani,
ancora,
sempre.



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