Dì: è proprio vero, pà? Mà dice che
nelle sere d’estate
sotto al balcone le portavi
serenate;
che solo a sentire quel mandolino,
su nel cielo,
tutte le stelle sfriccicavano
incantate!
Diana racconta che da bambina piangeva,
le sere
che tu, uscendo, non le tiravi le
treccette nere.
Nice sorride ancora delle arance
che facesti volare
tra le gambe della gente,scendendo
da un treno del sud..
Ugo, invece, risente ancora negli
orecchi
come straziava l’alba l’ostinato
tuo silenzio,
il giorno che a sedici anni: “Devo
andare, pà!”
venne ad annunciarti che lasciava i
banchi di scuola,
che partiva per andare alla guerra!
Quando tornò, fiorivano già le rose
sul tuo nome..
Quante poche stagioni ci concesse
il destino!
Trepido apro la valigia del tempo e
ci rovisto dentro,
ma naviga così lontana,ormai, la
nave dei ricordi,
che la dimenticanza s'è fatta la
mia croce.
Neppure il suono ricordo più della
tua voce:
me la figuro a volte dolce, come il
mormorare,
scorrendo sopra i sassi, che fa il
mare;
a volte invece su toni acuta, come
l’abbaiare
festoso di un cucciolo affamato;
altre, forte e cupa come il fischio
di un vapore.
E provo senza riuscire, provo
ancora..
Ma ostinata la tua bocca resta
muta.
Allora, sento la pena che in rimorso
si tramuta,
perché tutto l’amore che m’hai dato
serbare non ho saputo, e l’ho
perduto.
Come un gabbiano
stanco nella nebbia
senza di te la vita ho
attraversato:
io che la guancia mi sarei
accarezzato
se tu, in un momento di collera
passeggera,
con uno schiaffo me l’avessi arrossata.
Io, che dietro la porta il tuo
ritorno avrei spiato.
Adesso solo una foto ingiallita mi
restituisce il tuo viso,
ma io mi mordo il labbro, perché
per quanto frugare
io faccia nel cassetto, neppure una
io ne riesco a ricordare,
di tutte le volte che in fondo al
cuore m’hai sorriso.
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