La scatola rossa
C’è
qualcosa che non ti ho detto.
Che un
giorno tutto questo sarebbe finito.
E’ quello
che si fa con i doni. Si perde un po’ di se stessi.
Una parte
che vive e che muore.
Ecco
perché sembrano sempre doni a metà.
No. Non è
un pianto. Sono lacrime per il freddo pungente.
Se per
ogni primavera ci vuole un inverno.
Il gelo
disegna greche sul viso. Licheni.
Firmamenti
di ghiaccio.
Ogni
amore inizia e finisce con un abbandonarsi.
Farò
posto al futuro per incantare il passato.
Come
vento che scuote le fronde.
Reggeranno
i tronchi?
Spezzerà
le radici?
Tu eri
reale.
Ci
salverà ancora un sogno.
Da
lontano ogni cosa brilla.
Io sono
la mia speranza.
Sono l’oriente.
Allargo
le braccia. Metterò le foglie.
Come
nuova. Sono un’alba di luce e dolore.
Un
Biancospino.
Ma da
oriente vengono mostri.
Lenti s’incamminano
in nere parate.
Vedi
anche tu lo stesso cielo?
Sfiori le
stesse nuvole che coprono il tramonto?
Oh le mie
rose! Le spine sono bellissime quest’anno.
Paragrafi
di steli. Fitte punture. Il profumo che dondola.
Una
rigogliosa decrepitudine.
Il rosa è
oltre la siepe.
Grattato
l’azzurro da un’unghia di luna. Oltre ad esso.
Laggiù.
E i
confini si spostano.
Se fossi
un albero saresti un anello cresciuto nel mio tronco.
Come uno
spettro sulla spalla. Mi accompagni.
Dimenticare
rende più liberi? Un sacco vuoto non è più libero di un sacco pieno.
Voglio
essere piena di dimenticanze. Un sacco pieno di vuoti.
Un
lenzuolo che scompare nei buchi.
E vorrei
spogliarmi. Nuda, bianca, fredda.
Smettere
di bruciare, bruciare, bruciare.
Si può
scordare qualsiasi cosa.
Non si dimentica
nulla.
Non è
cancellare ma ibernare. Fa tanto freddo.
Mi
incanto per un attimo in un loop di pensieri. E’ così la malinconia?
Qui non
c’è più miele. Solo c’era.
L’irreale
non consente di filtrare.
Grumi di dolore.
Si è
rotto il vaso di mele e miele.
Il miele
e le mele non stanno bene insieme.
Nel
barattolo pareva oro con le gemme.
Ora è
colla sulla carta. Appiccica parole.
Sembrava
Woodstock. Oceano. Eden.
Noi non
volevamo il paradiso ma una storia per riconquistarlo.
Ecco
perché prendemmo a morsi la mela.
Sono una
sognatrice seriale.
Ho nostalgia
di ciò che non ho mai avuto
Le
bollicine. Brindisi. Champagne e viole nere.
Ti ho
voluto un bene terribile!
Tra
l’utile e il convenevole mi chiedo se sia umano.
E questo
comune angustiarsi è inumano.
Ogni
volta era come ritrovarsi senza mai vedersi.
Un amaro amare.
La vita
fortunatamente è una guerra.
Me lo
dici. Lo ridici. L’indicibile.
Confidenze
inviolate. Irrelate passioni.
Se ci
incontreremo ricominceremo tutto da capo.
Diffido
di chi non ha labbra.
Non si
hanno ricordi senza una lingua per esprimerli.
Il verbo
scolpisce i pensieri. Detriti.
Non c’è
via di uscita al silenzio.
La meraviglia
delle ostriche. Sei d’accordo, ragazzo invisibile?
Perle,
perle, perle. Ma tu preferisci il tuo fare selvaggio.
Se sono
fuoco e non ho fiamma.
Periodo
ipotetico. Protasi senza apodosi.
La parola
è un innesco che non esplode.
Non ho
ricordi. Solo case, stanze, soffitti, cieli.
Un fiume
che mi scorre a fianco senza travolgermi.
Non
affogo.
Appoggiare
a pelo d’acqua una barchetta di carta.
Aspettando
che prenda il largo.
Non ti
accorgi dei rimpianti finché non raggiungi il mare aperto.
E’ tutto
così pieno e tu ti senti così vuota.
Lentamente
disperdersi.
Così.
Un simile
capitale umano.
Forse non
ci sei.
Sei un
narciso impervio.
Sfiorisci
sul tuo stelo.
Vederti
ancora lì. A sedurre anche se di spalle.
Come se
avessi mille occhi.
Lo
psichiatra dentro me aspetta:
“Un
giorno si stancherà e se ne andrà”.
Oppure
non lo farai.
E
resterai un’icona della mente.
Spendere
ogni energia per inventare un’illusione.
Ed
accorgersi che bastiamo così.
Reali.
Un giorno
forse ci potremo comprendere.
E se non ci
sarà più tempo allora
Non ne valeva
la pena.
Lo sento.
Ci rincontreremo.
Al largo
dell’oceano affogo il ricordo.
Lentamente
riparare, dimenticare, respirare.
Ti ho
donato il mio amore. Ora vive con te.
E’ il
nostro bambino.
Non lo vedrò
mai più.
La
sottrazione.
Tre colpi
di tacchi per tornare a casa.
Come un
lampo di magnesio
la mia
sagoma evanescente
per un
istante forse dentro te.
Nella
palude degli scomparsi affondo affondo affondo
Hoperdutoilfilohoperdutoilfilohoperdutoilfilo
Dovesonodovesonodovesono?
Mi
defilo.
Lui lo
sa?
Hoperdutoilfilohoperdutoilfilohoperdutoilfilo
Dovesonodovesonodovesono?
Mi
defilo.
Lui lo
sa?
Hoperdutoilfilohoperdutoilfilohoperdutoilfilo
Dovesonodovesonodovesono?
Mi
defilo.
E’ un
parto da te.
Mi giro
di spalle poi esco per strada, mi volto, saluto, sorrido.
Mi porto
una giacca, un cappello, una borsa, ti scrivo:
“Cammino.
Da te mi allontano”.
Mi guardi
sparire. Una sagoma sfuma.
Si vede
ancora lontano un pochino.
I passi
spariti. Contorni sbiaditi.
Si scorge
ancora un puntino lontano
Poi più.
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