lunedì 2 luglio 2018

Barbara Stangalini - La casa nel viale alberato

E' quasi un bel giorno di festa, ed ancora immagino di aprire quella finestra e poter vedere davanti a me i colori e le sfumature del cielo sul far della sera, mentre ogni luce si accende dando atto a quel pittoresco paesaggio un po' surreale e un po' incantato.Era bello soffermarsi a lungo ad ascoltare il gracidare delle rane ed il vocio dei grilli mentre la sera lenta scendeva, e noi si chiacchierava animatamente perché ogni piccolo oggetto ed ogni particella del creato diventava poesia...e allora avrei voluto rimanere lì ogni giorno della mia vita e poter gioire nella sera di un luogo splendente e fatato. A volte, quando a tarda notte si alzava un filo di brezza, si udiva solo il rumore delle frasche, e l'ombra degli alberi ondeggiava un po' creando disegni più scuri, e pareva che danzassero davanti a noi,che nottambuli proseguivamo con il nostro chiacchierio a bassa voce per non spezzare l'incantesimo.
Quando il sole si destava inondando le stanze il mattino seguente, tutto appariva differente e la poesia si fermava momentaneamente, perché di giorno tutto tornava alla normalità, il tintinnio delle tazze della colazione trasmetteva buonumore, disegnando un sorriso sul volto mentre gli occhi ancora un po' stropicciati dal sonno iniziavano lentamente a svegliarsi, sereni e lieti in quella stanza dalle bianche e trasparenti tende.                       
Le ore mattutine trascorrevano così velocemente, e mentre la disco music di quegli anni suonava, io giravo impaziente e contenta canticchiando,perché tutto era così perfetto in quel luogo,e quando l'orologio scandiva quasi il mezzodì scendevo le scale correndo e lesta me ne andavo per quella strada che continuai a percorrere anche in seguito senza mai stancarmi. Entrando nel negozio di gastronomia si sentiva il profumo del pane appena sfornato, ed ogni giorno ne uscivo con un piccolo cartoncino triangolare di crema alla vaniglia, dolce come la freschezza dei sapori di quelle terre.
E' quasi un giorno di festa, e immagino di udire quel passo veloce che gira l'angolo della strada ed il campanello che suona trillante mentre sto preparando una frugale cena a base di focaccia calda con patè di olive e frutta di stagione; come sempre mi sono attardata un po' a giocare con i piedi nell'acqua ed a chiacchierare con due amici che mi portano le albicocche appena colte dalla pianta ed ho ancora la sabbia nelle ciabatte, ma la sera è lunga e quando si accendono le prime luci penso che si potrebbe andare a vedere un film in paese o a fare una passeggiata ed incontrare un po' di gente.
Era una casa all'ultimo piano, bella e splendente, e quando entravo nell'ascensore sentivo un tipico ed inconfondibile profumo, che a risentirlo oggi mi riporta sempre là mentre il cuore si stringe un poco con nostalgia, e l'allora fabbrica di detersivi in quella strada che scendeva dritta verso il centro non esiste più, e al suo posto sento così l'odore delle fronde degli alberi che si ergono ad ombreggiare il cammino.A volte mi ritrovo a passare di lì e mentre ancora non mi stanco di ammirare il dolce paesaggio, mi rivedo piccola e tenera, magrolina e poco agile, mentre siedo sul balcone soleggiato ad attendere il pranzo o la cena, e mi domando sempre perché ho dovuto andar via, mentre la brezza scuote lievemente i rami e si odono le onde miti tra gli scogli.
Penso che sarebbe così favoloso potersi svegliare al mattino con l'aria salmastra che entra dalla finestra mentre in cucina qualcuno prepara un caffè fumante da consumare a tavola prima di uscire a  sbrigare le proprie faccende. Non è diverso questo cielo dal mio e non è neppure sgombro da nubi, ma è un cielo di città, pallidamente azzurro e anche un po' afoso, e non si sente il canto dei gabbiani o la salsedine sulle braccia, ma mi è stato dipinto un po' così, e non è che si senta meno il peso di questi giorni, ma quando tutto diventa più difficile e l'animo si rattrista, penso alla casa lungo il viale ed alla felicità degli anni lontani, come se fossi ancora là, come se non me ne fossi mai andata.
Non è detto che si possa vivere una vita come vorremmo, non è detto che si possa essere felici, non è scritto da nessuna parte che staremo sempre con le persone che amiamo e neppure che staremo con loro,ma ci sono persone che segneranno la nostra esistenza, persone che hanno determinato momenti importanti e persone che abbiamo incontrato sul nostro cammino anche solo per poco tempo e che ricorderemo sempre, persone a cui abbiamo voluto bene e che non ci sono già più,e persone che preferiremo scordare perché ci hanno fatto male, ma è comunque la nostra vita, quel passaggio sulla terra di ognuno di noi che, bene o male, lascia un segno; in realtà, quando qualcuno se ne va in punta di piedi senza far rumore,è solo per non rattristarci ulteriormente e non vederci soffrire, ma sicuramente è conscio di quanto grande sarà il vuoto che lascia dentro dentro di noi.
E'un cielo di giugno, diverso dallo scorso anno, i raggi del sole non scaldano poi così tanto e non c'è chi si siede ogni tanto a quel tavolo a mangiare qualcosa e a chiacchierare un po', è tutto così vuoto e il ricordo torna ad una piccola stanzetta ed i passi sotto il caldo rovente, le frasi buttate lì ed i sorrisi tirati per non farsi vedere affranti, andarsene un'ultima volta senza più voltarsi perché anche quel tempo era finito...un attimo solo e poi più niente, e allora conto i battiti del cuore ed i giorni sul calendario, e me ne andrò un po' contenta e un po' impaziente, e ogni tanto tornerò su quel viale alberato, che contiene ancora oggi la spensieratezza di quei teneri anni.
Era una casa piena di luce, e tra tutte mi pareva la più bella forse perché era la più bella, perché in ogni luogo che amiamo c'è una parte del nostro cuore, e negli anni che seguirono non riuscii mai a scordare quel profumo che sentivo ogniqualvolta aprissi la porta d'ingresso del palazzo, un particolare che mi rimase impresso come qualcosa di indelebile ed inconfondibile.
E' quasi un giorno di festa, ma non sento quel passo veloce arrivare e la voce squillante, è quasi luglio e la città fatica a mettersi l'abito estivo, ogni tanto le vie del centro si popolano di gente ma non c'è lo spirito vacanziero di chi ha voglia di riposarsi un po' dopo tanto tempo, la sera scende senza che il tramonto sia così poetico e soave da volersi soffermare un po' ad ammirarlo, ma soprattutto non c'è chi rientra lieto dopo una lunga giornata, e allora penso alla casa nel viale alberato, che dopo tanti anni è ancora là, intatta nella sua bellezza, perché non esiste solo nei miei sogni o nei romanzi d'amore, bensì c' è sempre stata nella realtà, ed è quella che ancora oggi tutti denominerebbero “la casa della felicità”.
Quando le raccontai la vicenda, Rose mi sorrise tendendomi la mano e mi indicò un punto vicino da cui si poteva vedere la casa, cosicchè mi rasserenai un poco perché realmente significava tanto, e anche se sapevo che quei giorni non sarebbero più tornati, forse in questo modo sarei riuscita a sentirne meno la mancanza.
Nelle sere di fine estate, quando tutti se ne andavano a dormire, ci attardavamo a discorrere sui fatti del giorno, e Rose col tempo ebbe un posto importante nella mia vita, tanto che non passava giorno che non pensassi un po' a lei, ed il favoloso paesaggio lo guardavo assieme a lei da una grande terrazza, respirando l'aria a volte calda a volte più fresca, specie quando soffiava il vento di tramontana, e quando non si udiva più un suono che non fosse il gracchiare delle rane, allora ci si ritirava ognuna nella propria stanza a leggere due righe prima di dormire.
Era un giorno ancor tiepido quando, voltandomi a guardare la stanza prima di chiudere la porta dietro di me, sentii una morsa stringermi il cuore, come uno strano presagio, scesi le scale e diedi un  bacio a Rose con la promessa di sentirci al più presto, ma non appena salita sull'auto fui pervasa da un'immensa tristezza, diversa dal solito, con la netta impressione che qualcosa stesse finendo.
Non la vidi  mai più: se ne andò un giorno di primavera all'improvviso, portando con sé tutto l'entusiasmo e la tenerezza dei ricordi più belli.
Oggi guardo il suo viso che mi sorride da una foto; sento la salsedine sulla braccia e gioco un po' con la sabbia fino a quando mi va. Non ho più sentito quella voce squillante di chi con il passo deciso veniva verso di me, e non c'è il sorriso di quel volto che ogni giorno entra in casa felice e premuroso con una carezza per poter rinnovare quell'affetto, reinventando la vita ogni giorno in modo diverso per non annoiarsi mai e percorrere assieme ancora un tratto di strada, ma comunque grazie, a chi un giorno ha bussato alla porta del cuore e  con la sua amicizia ha saputo rasserenare parte della mia vita.
E' quasi un giorno di festa, c'è ancora il vento ed ho ancora tanto da fare, è un'altra volta estate e si sente nell'aria, ma ora scusate, perché l'orologio mi sta dicendo che è quasi ora di pranzo, è tardi e  devo  proprio andare, stavolta mi siedo quasi in mezzo al salone: oggi menù speciale.
- Grazie Rose, grazie di tutti quegli anni felici!

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