mercoledì 23 maggio 2012

William Bonacina - Bagno di Mezzanotte

La signora Mezzanotte non era sopravvissuta all’estate. Già, all’estate. Tante cose finiscono d’estate: le vacanze scolastiche, gli amori o le scappatelle in villeggiatura, il calcio-mercato, la programmazione televisiva di ripiego o ancora gli orari disparati dei mezzi pubblici. Stavolta, in quella fresca notte estiva era finita la Mezzanotte e una cosa simile non accadeva tutti gli anni. Ad ucciderla non era stata la scarica elettrica dello stereo tirato nella vasca colma, stereo che la signora Mezzanotte aveva a malapena imparato ad utilizzare; faticando ancora a distinguere il tasto play dal ff. Ciò che in realtà aveva posto fine alla Mezzanotte era il suo anacronismo. I suoi ultimi istanti non potevano essere testimoni più attendibili del suo vivere fuori dal tempo: la vasca riempita d’acqua calda nell’intima atmosfera satura di candele e delle melodie dei migliori brani di Édith Piaf. Le malinconiche note de La vie en rose o di Non, je ne regrette rien dovevano aver accompagnato gli ultimi istanti della donna che, giunta alla fin della tenzone con il destino, aveva perso. Seriamente convita a dare partita vinta al suo avversario, la signora Mezzanotte si era prima tagliata i polsi e poi, forse decisa a concludere più in fretta, aveva tratto a sé lo stereo, folgorandosi nel silenzio del bagno ora sordo. Oppure, colta da un sano exploit del suo spirito di sopravvivenza, aveva annaspato per issarsi ma, nell’agitazione convulsa, doveva aver avvicinato troppo la fatale musica segnando così la sua ben più fulminea dipartita. La posizione del corpo, degna del Marat di Jacques-Louis David, se ne convinsero gli agenti, suggeriva la prima ipotesi. Le dita della mano stesa fuori dalla vasca, sfioravano una foto. Lo scatto, consumato dalle lacrime e dai baci, immortalava una giovane signora Mezzanotte in compagnia di un baldo giovane, impettito nella sua divisa. Facile immaginarsi le avide dita strette attorno al volto stampato dell’antico amore perduto, mentre il rossetto si mescolava al pianto grondante sulla liscia patina della carta fotografica. La Mezzanotte aveva così speso il suo tempo: in rimpianti e occasioni perdute, a vivere la propria morte giorno per giorno, istante per istante; sacrificando gli affetti nel nome di una croce bianca in mezzo a migliaia di gemelle. Qualcuno, poi, avrebbe parlato di omicidio. Un solo assassino: il tempo. Una sola complice: la nostalgia. Fuggito il primo, non sa far altro, e scomparsa la seconda, pronta a tormentare un’ennesima vittima in altri lidi. La cosa certa era che la signora Mezzanotte non avrebbe più potuto ammirarsi, giovane e felice, in quello specchio di bellezza antica dai bordi affilati come le lamette macchiate di sangue ai piedi della vasca.

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