mercoledì 23 maggio 2012

Emanuela Bosisio - Il circolo della catenella (libere esercitazioni sul periodo ipotetico)


A rimanere a casa lo scorso fine settimana avremmo evitato di girovagare sulle sponde del Lago Maggiore sotto la pioggia; rinunciando a una gita in camper con le previsioni avverse ci saremmo risparmiati di inzupparci le scarpe e i piedi e avremmo scampato un quasi sicuro raffreddore.
Ma questo non sarebbe accaduto se a Capodanno di 11 anni fa mio marito e il suo amico non si fossero seduti a un tavolo, ancora ebbri per i postumi del brindisi di mezzanotte, a disquisire del rispettivo desiderio di guadagnarsi la libertà di trascorrere le vacanze in movimento, dando il via ad una stagione di vagabondaggi estivi e incursioni invernali su e giù per lo stivale italico e oltre, via via campeggiando.
...A non aver acquistato una casa su ruote sarei probabilmente ancora qui a vagheggiare di poter visitare le due città più belle del mondo: Roma e Venezia, che a quarant'anni ormai scoccati ancora non conoscevo a causa di una decisione cruciale. Erano i primi mesi del 1983 e la mia condizione di studentessa si trovava ad un trivio: la classe era divisa tra chi voleva andare in gita sul Tevere e chi sul Canal Grande; oltre alla difficoltà di dover scegliere con quali amici stare e quali tradire, avevo un altro cruccio: il mio fidanzato stava svolgendo il servizio militare ed ero SI-CU-RA che, semmai fossi partita per la gita, avrebbe ottenuto una delle sue rarissime licenze proprio in quei giorni. Così comunicai salomonicamente ai miei compagni che non mi sarei unita all'una né all'altra parte e rimasi stoicamente a casa a immaginare i due gruppi di amici girovagare per calli e vie consolari, consolata peraltro ampiamente dal fatto che, effettivamente, il mio ragazzo ebbe un permesso proprio in quei giorni!
Non prendendo quella decisione, non avrei dovuto attendere 20 anni e oltre per colmare i miei incredibili buchi di cultura; ma di quella scelta vado fiera ancora oggi, per essermi “sacrificata” pur di non dover preferire alcuni amici agli altri. Dell'aver taciuto loro della licenza del mio boy-friend, spero di poter essere perdonata...
...Solo un'altra volta ero stata vicina alla città lagunare e l'avrei potuta visitare casomai l'auto sportiva degli zii che mi avevano accompagnato in vacanza sulla costa veneta quando avevo appena dieci anni avesse imboccato, passandogli accanto, il ponte della Libertà, che invece lasciammo alle nostre spalle, insieme alla mia opportunità di sbarcare a Venezia...
...A non essere fanatica di Renato Zero non sarei invece probabilmente rimasta ammaliata in modo tanto coinvolgente dalla Capitale che, raggiunto finalmente il capolinea della via Aurelia, percorsi in lungo e in largo diverse volte, come a voler recuperare il tempo perduto e “assorbire” ogni monumento, anche il più disdegnato dalla massa, per sentirlo mio fino in fondo. L'adorata Città Eterna... come sarei oggi semmai non fossi salita sul Cupolone, se non avessi acquistato quel piccolo rosario sul tetto della basilica michelangiolesca, ancorché non avessi pregato davanti alla tomba di quel Papa, che già una volta nella vita mi era stato tanto vicino e non avevo colto l'occasione unica di strappargli un sorriso, uno sguardo sfuggevole...
...Bisogna tornare agli anni '80; ero una liceale un po' irrequieta, agitata e polemica in quanto, per via della mia origine operaia, ero decisamente svantaggiata sui miei compagni appartenenti a famiglie facoltose; se penso a perché decisi di ignorare l'eccezionale visita di Wojtyla alla mia remota valle e al suo prezioso Sacro Monte, realizzo che magari sarei andata nel caso in cui mio padre non avesse deciso di recarvisi a sua volta; fu un moto di anticonformismo o di giovanile disobbedienza ai genitori a tenermi lontana da quel Papa che, negli anni successivi, avrei profondamente amato; sebbene il mio sia stato un normale gesto di ribellione alle convenzioni e al volere genitoriale, l'aver rinunciato alla benedizione di Giovanni Paolo II, quello sì, lo rimpiango ancor oggi.
Non posso dire come sarebbe cambiata la mia vita qualora quell'incontro fosse avvenuto, ma so di aver pregato con grande angoscia nel momento della sua scomparsa. Pregai con fervore anche quel giorno, davanti alla sua semplice lapide in San Pietro, che sapevo contenere quell'altrettanto sobria bara di legno chiaro e liscio che tutti abbiamo visto sui gradini della piazza vaticana, col Vangelo aperto e sfogliato dal vento d'aprile.
In quei momenti mi sentii pervadere da una grande pace: nonostante mi ritenessi inadeguata in tante situazioni, per una volta intuivo di custodire nella mia mente un pensiero appropriato: voler concludere la mia esistenza terrena nel modo più essenziale possibile è quello che ho sempre affermato con forza; e poiché anche il Beato Karol aveva voluto così per sé, allora – perdinci - mi sentivo un po' “beata” anch'io! E, rafforzata da questa mia modestissima presunzione, ringrazio il mio Papa, per avermi dato la sua benedizione e un po' di fiducia in me stessa...
...A non essere così insicura, forse, nelle mie vacanze romane avrei osato qualcosa in più: dopo anni e anni di passione sfrenata per il “mio” Renato, avendo conosciuto e interagito per via postale prima, nella “rete” poi, con decine e decine di sorcini e zerofolli, essendo abilmente riuscita a carpire loro ogni tipo di informazione sulla vita del personaggio (puro interesse professionale, sia chiaro...), ero finalmente approdata nella via dove sapevo egli abitava; ma davanti al suo portone non ebbi il coraggio di fermarmi in attesa di una sua comparsa. Vergogna: questo il sentimento che provavo mentre calpestavo col mio piede profano ogni sanpietrino su cui LUI posava ogni giorno il suo amatissimo (da me) plantare! Quante volte sarà entrato nel negozio di marca situato proprio davanti al suo portone...”Ehi, ma quel marchio... quell'azienda si trova a pochissimi chilometri da casa mia!”, pensavo nella mia sconclusionata esagitazione. “Devo farglielo sapere! Lo fermo e gli dico: tu fai acquisti qui, vero?”. E lui: “Sì, perché?”. “Perché io abito a pochi passi da lì, da dove provengono le tue impalpabili sciarpe, i tuoi morbidissimi maglioni di cachemire, i pregiatissimi cappotti che io posso solo permettermi di ammirare in vetrina e su di te!”...
Si fosse veramente svolto questo dialogo, lui si sarebbe certamente fatto una bella risata, e io sarei stata felice... per poi sprofondare nelle catacombe per l'imbarazzo.
Da quando vidi quel negozio nel centro di Roma, ogni volta che un camion dell'azienda passa davanti a casa mia immagino che porti i suoi capi proprio lì, e che lui entri, li guardi, li tocchi con le sue mani d'artista e li scelga; e io vorrei balzare sul mezzo in corsa e camuffarmi tra la lana pregiata che trasporta, semmai servisse a incontrarlo!
Esagero se dico che le coincidenze più impensabili possono condizionare indelebilmente la nostra vita?
...A essere meno diffidente nei confronti del fato e meno timorosa dell'influenza del caso nelle vicende umane, forse non sarei rimasta alzata fino a notte fonda il 3 marzo 1990, per scoprire chi avrebbe vinto il Festival di Sanremo... Non ci sarebbe stato nulla di strano se non fosse stata la vigilia del mio matrimonio, e proprio quella sera non  fosse stato sul punto di concretizzarsi il successo annunciato dei Pooh. In quel periodo avevo cambiato preferenze musicali per ripicca: poiché Renato Zero si era reso colpevole di aver interpretato un brano in inglese senza preavviso, tradendo il mio - musicalmente parlando - patriottico cuore, avevo trovato conforto nell'affascinante cantante dagli straordinari occhi azzurri Roby Facchinetti. Non potevo perdermi il momento della proclamazione del vincitore del Festival: data la straordinaria concomitanza di date, mi tormentava un dubbio: come si sarebbe evoluto il mio ménage matrimoniale nel caso in cui non avessi assistito a quel trionfo?!...
...Ma quanti episodi tornano alla memoria, lasciando vagare la mente in un pomeriggio di sole; apparentemente slegati, sconnessi, disgiunti; in realtà, sono convinta che ogni singolo giorno della nostra vita sia intrecciato agli altri come in una più o meno lunga catenella all'uncinetto...
...L'uncinetto lo preferisco decisamente ai ferri da maglia; rivangando nel passato alla ricerca del perché intravvedo una possibile spiegazione in un ben preciso periodo della seconda media.
Ora di applicazioni tecniche: i ragazzi lavorano di traforo e noi ragazze alle prese con aghi da calza e gomitoli. Detestavo questa distinzione sessista: scuola mista ma nelle ore di tecnica due insegnanti diversi, maschio per i maschi, femmina per le femmine, aule separate, attività differenti: mi veniva l'orticaria a dover svolgere certi lavori da brava futura donna di casa.
“Ah si? Se proprio devo confezionare una sciarpa ai ferri, ti farò vedere io di cosa sono capace!”, cospiravo all'indirizzo della professoressa. Io, che non amavo vestire in modo appariscente, acquistai gomitoli rossi, gialli, rosa e azzurri e realizzai una sciarpina a larghe strisce multicolori che, se le attuali norme di sicurezza stradale fossero state applicate allora, avrebbe potuto essere utilizzata al posto dei giubbotti fluorescenti in autostrada...
“Non sembra neanche una cosa fatta da te”: poiché questo fu il commento dell'insegnante, esultai per aver raggiunto il mio obiettivo e ottenuto soddisfazione: la sciarpa colorata fece bella mostra di sé al mio collo per il resto della scuola media poi, cambiate le mode e non dovendo più dimostrare nulla a un sistema scolastico maschilista, la sua calda lana divenne parte di una voluminosa coperta fatta a mano, che ancora oggi viaggia con noi, stipata in uno degli angusti armadietti del nostro camper.
...Già, lo stesso camper col quale lo scorso fine settimana abbiamo preso l'acqua al lago; il teporoso manufatto è sempre pronto a rendersi utile quando, caricati figli e bagagli si parte ignorando le previsioni avverse, rischiando di infradiciarci le scarpe e i piedi e di procurarci quasi sicuri raffreddori...
...Ma non ho già parlato di altre piogge e altre infreddature? Temo che questo giro di catenella si stia chiudendo; occorrerà iniziare un altro circolo...
...Potrei raccontare di quando il mio ragazzo ebbe una licenza dal servizio militare proprio nei giorni in cui i miei compagni di classe erano in gita chi a Roma, chi a Venezia...ma forse mi vergognerei, come quando non osai attendere che si aprisse un certo portone in una via del centro della Capitale; o forse proverei un po' di rimpianto per il tempo fuggito, come quando non volli incontrare il Papa che si trovava a pochi chilometri da me; oppure mi ribellerei, se qualcuno mi facesse un appunto maschilista per il fatto di aver rinunciato alla gita per stare col mio fidanzato; e magari nel frattempo si metterebbe a piovere, scapperei al riparo, nella foga mi bagnerei i piedi e comincerei a starnutire...

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