Camminare mi rilassa. Quando sono tesa oppure ho troppi
problemi per la testa, cammino. Mi vesto leggera, un bel cappello di paglia,
delle scarpe comode e via. È come scappare temporaneamente dalla realtà. Vago
per la natura, per i canali, sulle rive del mare, con solo le strida degli
uccelli e il rumore del vento fra le foglie che mi accompagnano. È come volare
per me.
Un giorno di questi, ho persino visto un pesce che nuotava!
Sembrava un luccio da quanto grande era.
Nelle mie passeggiate, lunghe o corte che siano, passa
sempre per un punto specifico: il grande castagno. Con i suoi immensi rami mi
ripara dal sole cocente e mi accoglie fra le sue radici per alleviare il mio
spirito e le mie gambe stanche. Com'è bello stare seduta lì a guardare il mare,
così luccicante ed enigmatico. Quando c'è aria di temporale e il vento soffia
forte, l'increspare delle sue acque mi consola: anche il mare, sempre calmo e
tranquillo, alle volte diventa indeciso e preoccupato.
Un giorno, durante il mio vagare, vidi un mezzo molto grande
attraversare il mare. Mi stupii, perché era presto per uscire a lavorare, il
sole era troppo caldo e l'aria era secca e asciutta.
Mi fermai come mio solito sotto la pianta e rimasi ad
osservare. Con abile maestria, il capitano muoveva il suo mezzo con fermezza e
facilità: le curve erano la sua vita, i rettilinei il suo viaggio. Talmente
incantata della sua bravura, mi trattenni più del solito nel mio angolo di
paradiso. Dopo circa due ore, il grande mezzo si fermò e il capitano scese. Era
solo un ragazzo. Avrà avuto vent'anni o qualche cosa in più. Portava una
canotta bianca e dei pantaloni lunghi, era scuro di carnagione a causa del
sole. Il volto era coperto da un grande cappello di paglia. D'un tratto si
voltò verso di me, eravamo molto distanti, ma lui riuscì a vedermi e mi salutò
con la mano. Io ricambiai il saluto. Dopo qualche istante rimontò sul mezzo e
si allontanò. La scena mi rimase impressa nella mente per tutta la settimana
seguente. La sua maestria, la sua giovinezza e il suo gesto gentile mi
ronzavano nella testa, come un vecchio ricordo che ci fa sorridere nel
rivederlo. Mi rievocava qualche cosa di bello, di positivo, di gentile che da
tempo avevo dimenticato.
Tornai molte volte in quel luogo e alla stessa ora, solo per
vedere se il giovane capitano si sarebbe mostrato ancora. Spesso mi trattenevo
anche per delle ore sotto l'immenso albero, ma nulla accadeva. Sembrava che il
mare lo avesse portato lontano, altrove. Dove nessuno può arrivare.
Così, mi rassegnai e ricominciai a pensare alle mie
passeggiate come sempre, per liberare l'animo e non per ricercare qualche cosa.
Una sera d'estate, uscii di casa ad un'ora abbastanza tarda.
Non era mia abitudine passeggiare di notte, ma la luna era tanto bella, così
chiara e luminosa, che la voglia di vederla riflessa nel mare prese il
sopravvento.
Portai con me una torcia, ma non l'accesi, il chiarore della
luna era talmente forte che la strada era illuminata come per magia. Il
paesaggio era mozzafiato. In lontananza, le luci delle strade e delle case si
riflettevano sull'acqua che, come d'incanto, le faceva danzare ad un ritmo
dolce e colorato. Gli alberi e le cascine abbandonate avevano molta più classe.
Il loro riflesso era più armonioso e romantico. Un ricordo antico in una notte
lontana. Percorsi molta strada, trascinata dalla magia della serata, ma, come
ogni volta, arrivai al grande castagno. Anche lui aveva un'aria diversa: più
severa, ma decisamente toccante. Ero ancora distante, quando intravidi qualcuno
nelle sue vicinanze. Per paura mi fermai. D'incanto la magia svanì. La
preoccupazione dell'ignoto mi assalì e l'idea della passeggiata al chiaro di
luna mi sembrò subito una pessima idea. Sperai che non mi vedesse. Per una
volta posso anche non andare a trovare il possente albero, disse tra me e me.
Stavo per andarmene, quando la figura si scostò dall'albero e uscì al chiaro
della luna. Si fermò, mi guardò e poi, con fare gentile, mi salutò con la mano.
Quel gesto mi ricordò quello del giovane capitano, così, presi coraggio e mi
avvicinai. Subito fui certa di ciò che avevo visto. Il ragazzo sulla ventina,
con la canotta bianca, i pantaloni lunghi e il cappello di paglia era lì che mi
sorrideva.
«Buona Sera» mi disse «è una bellissima serata per
passeggiare, non è così?!».
Io annuì solamente. Era diverso da come lo avevo immaginato.
Era più vecchio, di una decina d'anni forse, e più robusto. Le sue mani
portavano il peso del lavoro, così come la sua voce. Tuttavia, nel suo modo di
fare sembrava esserci della semplicità e della fierezza, che lo riportavano
subito alla mia visione iniziale. Un giovane capitano molto esperto.
Mi sorrise e si girò verso il mare.
«Sa» continuò «anch'io vengo qui spesso. Mi ricorda le mie
origini, le mie radici. Da dove provengo insomma... Sono passati molti anni da
quando me ne sono andato dal mio mare.
Tanti anni fa incontrai una ragazza bellissima e me ne
innamorai perdutamente. Per amore la seguii e la sposai. Questo strano
sentimento mi ha portato in queste terre per me sconosciute. Tuttavia, per
viverle accanto accettai anche questo cambiamento. Ma non scordai mai il mio
mare. Così bello e così profondo. Per stargli più vicino imparai a fare il
contadino, comprai un terreno e comincia a piantare il riso. In questa
stagione, con tutti questi campi pieni d'acqua, è come se fossi a casa, è come
se rivedessi il mio mare. Anche il profumo è più o meno lo stesso. Ah, quanti
ricordi!».
Fece una piccola pausa e poi continuò.
«La prima volta che arrivai qui era proprio in questa
stagione. Il paesaggio mi lasciò senza fiato. Non appena mi fui sistemato con
mia moglie, scrissi a mia madre. Le raccontai di quanto ero felice e che mi
trovavo bene qui, anche se lontano da casa. Gli dissi che non si doveva
preoccupare per me, perché avevo trovato un pochino di casa mia anche qui. Solo
che il grande mare che lei conosceva qui era diviso in tanti quadretti e che i
pesci che spesso pescava, qui cantavano di gioia».
Non scorderò mai quelle parole. Il suo sguardo verso la
risaia baciata dalla luna era pieno d'amore e la sua bocca formava un grande
sorriso. Capii che anch'io, nel mio vagare per i campi, ricercavo un po' le mie
origini. Mi sentivo bene perché era come tornare a casa dopo un lungo viaggio.
Quella sera non disse altro. Rimanemmo a guardare il mare in
silenzio, come se fosse un'opera d'arte. Poi si congedò e se ne andò felice
verso casa.
Lo rividi altre volte, ma non gli parlai più. Quando
capitava, il giovane capitano, prima di partire per nuovi viaggi, mi salutava
con la mano e poi si allontanava. Un gesto antico, ma pieno di significato.
Così come il mare a quadretti e i pesci che cantano.
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