Avevamo solo quel cavallo; era l’ unica ricchezza rimasta. Mio padre l’ aveva chiamato Ferruccio, in onore di un vecchio commilitone del nonno che aveva una macchia bianca sui capelli come il cavallo l’aveva sulla fronte; era stato un buon animale, ma adesso era vecchio e stanco e non valeva più di un bottiglione di vino e nemmeno di quelli buoni.
Poi era iniziato tutto una domenica mattina sul sagrato dopo la messa.
-Avete sentito che c’è il ragioniere che cerca un cavallo?-
-Il ragioniere vuole un cavallo buono.-
-Il ragioniere problemi di soldi non ne ha.-
-Giovanni, perché non gli vendi il tuo?-
-Ha ragione. Cosa vuoi che ne capisca di cavalli il ragioniere.-
-Non distingue un cavallo buono da uno malato.-
-Il ragioniere non distingue una vacca da un tacchino.-
Il ragionier Mario Condove per tutti in paese era il ragioniere e basta. Abitava a Torino, ma da qualche anno aveva comprato una cascina in paese che dava a mezzadria; ultimamente aveva preso a venire più spesso in paese con la sua Balilla sempre tirata a lucido che potevi farti la barba davanti alle sue cromature. Tutti sapevano che di soldi ne aveva quanti ne voleva; il ragioniere era uno di quelli che contavano, uno che quando arrivava in paese il podestà andava subito a riverirlo con il cappello in mano.
-Possiamo fare qualcosa per voi, ragioniere?, Vi serve aiuto, ragioniere? Qualunque cosa aveste bisogno ragioniere...-
Di nascosto in paese lo prendevano in giro il podestà, ma anche se lo detestavano per com’era maleducato e pieno di sé, tutti quando lo incontravano si facevano da parte come se passasse il duce.
L’ affare del cavallo era partito un po’ per scherzo da qualcuno della compagnia del bar.
-Tu Giovanni il tuo cavallo lo devi vendere al ragioniere. Lo lustri bene, per una settimana lo fai mangiare con della roba buona, non lo fai lavorare e alla fine chiedi al ragioniere cinque volte quello che vale.-
-Il ragioniere di cavalli non capisce niente, ma non è uno stupido.-
-Però se qualcuno dice al ragioniere che quel cavallo è forte e sano...-
-E se qualcun altro mette in giro la voce che in paese quel cavallo lo vogliono tutti...-
-E se altri convincono il ragioniere che quel cavallo è l’ affare del secolo...-
Così tutto iniziò la prima domenica mattina che il ragioniere si fece vedere a messa con la moglie e le due figlie. Tutte le domeniche il ragioniere fermava sul sagrato Mario il macellaio per il solito pezzo di bollito.
-Certo ragioniere, vi porto il bollito subito a casa vostra; se però avete pazienza un minuto che stanno parlando del cavallo di Giovanni e voglio sentire cosa dicono perché interessa anche a me.-
-Perché c’è un cavallo buono da comprare?-
-Un cavallo buono? Il cavallo di Giovanni è il cavallo più sano, più forte, più bello e più intelligente che si sia mai visto in tutta la provincia.-
Il ragioniere si era avvicinato agli uomini fermi sotto l’ ombra del castagno che parlavano così forte che li sentivano per tutta la collina.
-Giovanni, dillo a tutti; da quant’è che ti dico che quando vendi il tuo cavallo hai solo da dirmelo. E adesso non puoi mangiarti la promessa.-
-Ma quale promessa, io non ti ho mai promesso un bel niente. Se ti interessa il mio cavallo mi dici quanto mi dai e se non c’ è nessuno che offre di più te lo prendi; altrimenti mi aggiusto diversamente.-
-Bravo Giovanni, non si spreca un cavallo così; ci penso io a farti vender bene quella bestia.-
-Ma se non hai un soldo da comprarti un quartino di vino, cosa vuoi prendere il cavallo di Giovanni!-.
-Ma non è per me; faccio da mediatore e te lo trovo io uno di quelli con il portafoglio sempre pieno.-
-Senti Giovanni, se vuoi un mediatore sai bene che sulla piazza non c’ nessuno che la sa lunga come me.-
Il ragioniere si era allontanato subito per non farsi vedere interessato all’ argomento, ma mentre rientrava a braccetto con la moglie non riusciva a non pensare al cavallo di mio padre. Lui cercava un cavallo perché voleva prendersi un calesse, di quelli eleganti, da girare per il paese; certo la macchina è un'altra cosa, ma ormai in paese non si stupivano più di vederlo al volante della sua Balilla. Adesso voleva qualcosa di nuovo in modo che i paesani avessero sempre presente la differenza tra uno come lui e quelli come loro. In più questa storia dell’ affare del secolo lo stimolava; i soldi li aveva sempre fatti con quegli affari che solo il suo fiuto riusciva a trovare e il suo fiuto gli diceva che quello era un affare per lui.
Il pomeriggio stesso era andato chiedere informazioni a don Giusto; il ragioniere sapeva bene che in un paese il parroco è sempre la persona più indicata per farsi un’ idea su persone, fatti e animali.
-Vedete ragioniere, Giovanni è un brav’ uomo, un lavoratore infaticabile e un buon cristiano; il suo problema è che le bocche da sfamare sono tante. Però gli è toccata la fortuna di quel cavallo. Lo ha servito per tutti questi anni nei lavori più pesanti e adesso che Giovanni non a nemmeno più i soldi da comprarsi da seminare è obbligato a venderlo; chi lo compra si porta a casa una bestia che va bene sia a lavorare sia a portare in giro un calesse. Qel cavallo va bene sia per un mezzadro, sia per un signore.-
Il lunedì il ragioniere era andato in farmacia con la scusa di una pomata per la moglie e con il farmacista aveva portato il discorso sul cavallo di Giovanni; va bene il parroco ma voleva sentire come la pensava uno di quelli come lui, perché era sempre convinto che le persone ricche e istruite devono parlarsi tra loro quando hanno a che fare con contadini.
-Se non fosse che ho comprato un cavallo nuovo solo tre mesi fa’, a quest’ ora l’ avrei già preso io quello di Giovanni. Sapete cosa mi piace di quella bestia: la sua disciplina. Va dove gli dici di andare e fa quello che gli dici di fare; mai un nitrito fuori posto, mai un movimento sbagliato. Lo vedi passare che porta il carro così pieno di grano che di cavalli ce ne vorrebbero tre; invece quell’ animale va avanti senza sforzo e tira un carro di grano con la stessa eleganza che dovrebbe avere per la carrozza del re.-
Il martedì il ragioniere era andato al mercato molto presto, all’ ora dei contadini, per sentire la voce del popolo. Andava da quello delle botti dove c’ erano i contadini più ricchi che avevano le vigne e li sentiva parlare del cavallo di mio padre; passava da quello che molava i coltelli e anche lì il nostro cavallo era protagonista. Persino le donne che facevano la fila dall’ acciugaio si scambiavano i pareri su Ferruccio e su chi avrebbe avuto la gran fortuna di prenderselo. Alla fine il ragioniere era entrato nel bar e quelli al bancone, ai tavoli e sui gradini della porta, tutti parlavano di quanto valeva quel cavallo, di quello che avrebbero dato per averlo e soprattutto di che avrebbe fatto l’ affare del secolo.
Sotto il sole delle due del pomeriggio, il ragioniere era andato di fretta da Elmo il mediatore.
-Ma ragioniere, non potete chiedermi questo. Io ho la fila di clienti che vogliono quel cavallo; ho già in mano più di una offerta e ogni giorno arriva qualcuno che aggiunge ancora qualcosa.-
-Vi ho già spiegato che a me delle altre offerte non interessa. Mi sono informato; un cavallo giovane e sano vale al massimo 300 lire e io sono disposto a offrire 300 lire per un cavallo che giovane non è più.-
-Ma Giovanni lo sa che ci sono già offerte di 400 lire; chi lo convince a vendere a voi per 300?-
-Voi lo convincete. Gli dite che se non vende a me non venderà a nessuno; gli spiegate come funziona il mondo e lui capirà senza tanta fatica che se uno come me vuole qualcosa la ottiene e che nessun contadino, nessun mediatore, nessuna persona istruita verrà mai a mettersi contro di me.-
Il mediatore aveva detto che gli serviva un po’ di tempo e il ragioniere gli aveva dato fino a domenica. Così il mezzogiorno della domenica erano tutti nel nostro cortile; il ragioniere, il mediatore, mio padre e il cavallo. Per tutta la settimana l’ avevamo tenuto a riposo e tutto il paese si era operato per fargli aver biada e erba medica. Il parroco in persona veniva tutti i giorni a portargli lo zucchero.
-Questa settimana metto meno zucchero nel caffè e quello che avanzo lo porto a Ferruccio.- diceva a tutti quando arrivava alla cascina.
Gli ultimi giorni mio padre lo aveva lustrato come un principino che quasi non lo riconoscevi rispetto alla settimana prima; così quando il ragioniere gli aveva fatto un giro intorno con lo sguardo esperto di chi sa valutare bene le bestie, si era più che convinto di aver fatto l’affare del secolo. Come da rituale Elmo prese le mani destre dei due, le strinse insieme e poi le staccò con un movimento rapido e deciso; e il ragioniere se ne andò con il suo nuovo cavallo, mentre mio padre portò in casa quelle 300 lire che tutte insieme non aveva mai visto.
La settimana dopo pagò da bere a tutto il paese; lo incontravano per strada e gli facevano i complimenti e lui li faceva a loro e si raccontavano i finti discorsi di tutti quei giorni e finivano sempre a bere un bicchiere di quello più buono. Mio padre diceva che dei soldi non gli interessava, gli altri rispondevano che a loro di bere a spese sue non importava niente; per tutti valeva solo la soddisfazione di aver venduto al ragioniere un cavallo vecchio e malandato al prezzo di uno giovane e sano, che questo valeva tutti i soldi del mondo, valeva tutte le migliori bevute di questa terra.
Però l’ estate il ragioniere l’ aveva passata tutta nel paese e non c’ era giorno che non si vedesse passare con il suo calesse lucido trainato da Ferruccio; da solo, con la moglie, con le figlie, con il podestà. Quel cavallo sembrava essere non quello che era stato venduto, ma quello che era stato comprato; bello, elegante, disciplinato, sembrava perfino più giovane. Quando l’estate finì Ferruccio era più che mai in forma e più nessuno pensava a lui come a un animale malandato; dell’ affare del cavallo non si parlava più, ma quando il ragioniere passava sul calesse, la gente guardava Ferruccio e qualcuno lo diceva sempre:
-Ve lo dico io. Quel cavallo gli dura ancora dieci anni e alla fine il ragioniere lo vende e prende ancora i suoi soldi; che tanto sono sempre quelli come il ragioniere che fanno gli affari migliori.-
Poi gli eventi portarono i discorsi su altri argomenti e la guerra prima, i partigiani e i repubblichini poi spazzarono via tutte le discussioni da bar, tutte le considerazioni sui cavalli buoni e su quelli che sanno fare gli affari. Il ragioniere fece una brutta fine in città insieme a molti altri della sua parte; Ferruccio chissà che fine fece, già era difficile tenere il conto degli uomini, tra quelli scappati, quelli morti, quelli andati con i partigiani e quelli andati con i repubblichini, che degli animali nessuno riuscì mai a tenere il conto.
Però alla fine io Ferruccio non l’ ho dimenticato. E non parlo del ricordo solito di noi anziani per quello che ci richiama alla memoria la nostra infanzia; io la storia di Ferruccio me la sono portata dietro per tutta la mia vita adulta. Ho avuto un lavoro, ho messo su famiglia e alla fine mi sono anche costruito quel briciolo di ricchezza come un po’ tutti quelli della mia generazione. Ma nel mio modo di vivere il mondo ho sempre tenuto presente la storia di Ferruccio, la storia di un cavallo a cui è bastato avere qualcuno vicino che ti risparmiasse le fatiche, ti desse da mangiare bene tutti i giorni e ti accarezzasse quando possibile. Che poi sono cose normali, mica l’invenzione del secolo. E io ricordo ancora il ragioniere che passa per il paese con Ferruccio che porta il calesse; il ragioniere, sua moglie, i paesani che lo guardano e pensano che gli affari vanno sempre bene a quelli come lui. Invece io l’ ho sempre pensata diversa; ho vissuto cosciente di quanto poco ci vuole per trasformare una bestia o un uomo da vecchio e malato a giovane e sano. Fatica corretta, mangiare il giusto, un po’ di attenzioni da chi ti sta intorno.
Che poi vuol dire una cosa sola: stare vicino.
Vicino alle persone.
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