Quando
lo guardo, sembra a una casa abbandonata: il tetto è crollato, le travi sono a
pezzi e sono appoggiate sul pavimento. Mi si stringe il cuore: il silenzio
pervade le stanze e la terra ricopre il pavimento.
Le gelosie sono a pezzi e il rumore dei vetri
frantumati sotto le mie scarpe m’inquieta.
Qua e là è rimasta un po' di vernice sui muri,
laggiù si vedono ancora i segni di una fiamma che ardeva nel camino.
Lo sapevo che non volevo entrare qui: che ci sono venuto
a fare?
Eppure tendo l’orecchio e immagino, rivivo quello
che c'è stato in quel luogo. Un ciliegio ha preso possesso di una stanza: il
tetto manca completamente, ma lui si è lanciato lassù in alto. Metà pianta
rimane in ombra e metà è al sole: è carico di ciliege!
Una porta si regge sui cardini per miracolo, un
vecchio portalampade annerito monta ancora una lampadina semi spezzata. Non è
questo il posto che mi ricordavo: manca ogni cosa qui e la ruggine ha preso
possesso delle inferriate alle finestre; tanto che si sbriciola in pezzi
minuscoli assieme al cemento. I muri sono scrostati e solo per alcuni pezzi,
pochi frammenti, l’intonaco mostra tratti di cielo con delle stelline dorate.
I mobili, i quadri alle pareti, tutta
quell’atmosfera accogliente e intima è sparita. Solo due vecchie sedie
sgangherate e con la seduta sfondata giacciono accatastate in un angolo tra
pezzi di mattone rosso sgretolato e cemento.
Gli uccelli saltellano con le loro zampette sui
coppi pericolanti del tetto, le ragnatele sono ovunque ed hanno catturato
polvere e frammenti di cemento sbriciolato.
Altre volte, invece, lo osservo ed è come cenere di
un camino dimenticato da tempo: polverizzato e inutile, solo lo scarto della
grande fiamma che bruciava. Prendo un ferro e muovo la cenere: doveva esserci
un gran braciere. La cenere è quasi
impalpabile come se il fuoco si fosse consumato piano piano e non volesse
morire. Che cosa sarà rimasto di lui? Dove è finito? Forse qualche tizzone arde
ancora! Una folata di vento gelido spazza la cenere e la disperde nell’aria,
non so da quanto tempo non arda più il fuoco.
Guardo la nuvola di cenere che si avvolge nel
turbinare del vento e dentro in quel vortice vorrei sparire pure io.
Potrei inseguire quel turbine, come fossi entrato in
un tornado che ha catturato nella sua spirale tutto quello che non so e che ho
perduto... e che non so ritrovare.
Stamattina il mare si è placato: è presto, la
spiaggia è vuota. La marea ha portato sul bagno asciuga bottiglie di plastica,
imballi e pezzi di polistirolo; la posidonia marina, strappata dal fondo dalle
onde, si rigira nella risacca annerita dalla sabbia e dalla terra. Gli ombrelloni sono stati strappati dal vento
come fuscelli: sono atterrati tutti ammassati dentro una piccola grotta nella
roccia. Sulla spiaggia ossi di seppia e qualche pesce morto: sorpreso dalla
mareggiata, guarda questo strano mondo con il suo occhio ormai spento.
Eppure solo ieri quest’angolo di costa era un
paradiso: tra i castelli di sabbia e le corse dei bambini, con il suo mare
color del cristallo e il gabbiano che garriva. Visto dall’alto era un
semicerchio che racchiudeva un panorama di rotonda bellezza: il bianco
accecante della sabbia e il nero lavato delle rocce, il via vai delle persone
nei costumi variopinti e le vele rapide e veloci all’orizzonte. Gli ombrelloni
e le sdraio che punteggiavano la spiaggia come tanti tasselli multicolore. Il
brusìo delle persone e la musica delle radio sulla spiaggia che si perde e si
mescola al vento.
Ora sento solo i miei piedi che affondano nella
sabbia e mi volto a guardare le mie impronte che spariscono cancellate
dall’onda del mare. Il cielo è grigio-nero carico di nuvole, il vento sferza i
pini ed è l’unico padrone della spiaggia oggi. No, non so riconoscerlo neanche
qui. Non può essere lui: se questo è quello che resta di lui so che lo troverò
in un altro posto. Forse vivrà nell’attimo in cui il sole tocca il mare prima
di sparire dall’orizzonte, oppure brillerà come il baluginio della luna sul
mare increspato di notte o nuoterà dentro ad una melodia che arriva come un’eco
lontano e che, come una pioggia dorata di stelle da un cielo blu, si riflette
nei miei pensieri.
E' un letto disfatto, una pianta senz’acqua, un
motore annerito e ossidato con le cinghie a pezzi: un locomotore a vapore su un
binario morto invaso dai rampicanti, un casello abbandonato o un passaggio a
livello incustodito. Quello che è diventato lo vedo con facilità, lo trovo
spesso ed a volte faccio finta di non accorgermene. Non mi piace che si senta abbandonato:
il suo spirito è indomabile e non esiste una ragione od un motivo per cui si
manifesti e per come scelga di farlo. Quello che lui era, invece, non è
semplice da trovare e forse ne rimane solo il ricordo.
Lui è imprevedibile: a lui non serve niente di ciò
che noi conosciamo per potersi mostrare.
Non serve legna per alimentarne la sua fiamma,
sembra a pezzi e cade come una cascina abbandonata eppure è solo fuggito: ha
solo cambiato forma e posto. Si è mescolato al vento impetuoso e si confuso con
esso, si è fuso nelle sfumature di un giorno grigio di pioggia così come in una
tavolozza di colori di un panorama che lascia di stucco chi lo ammira... è nel
caldo appiccicoso di una giornata di afa in pianura, così come nella fredda
brezza che arriva da un ghiacciaio. Sta dentro alle mie storie ed abita dentro
di me: a volte si dispera o mi fa credere che se ne sia andato. L’ho fermato e
l’ho fissato nelle mie parole, l’ho espresso con la mia musica e sono certo che
lui ci sia stato. Non l’ho solo sognato e non era un turbine di vento che mi ha
solo confuso. Lui è fissato nei miei ricordi come una fotografia: a volte, come
ora, stento a riconoscerlo e mi confonde. E' tra le cose che ho, pur non
essendo certo di averlo: si esprime nei miei gesti e quando non lo sto
cercando. Mi appartiene e nello stesso tempo non posso averlo: non posso
svegliarlo e nemmeno lasciare che dispieghi le sue grandi ali.
Siamo uomini ed ad ogni cosa tentiamo di dare una
dimensione: lui non ha misure e non ha un luogo che lo possa contenere, non si
può perdere e non si può ritrovare. E' come una galassia rinchiusa in una
piccola sfera o un universo imploso dentro ad un barattolo di caffè. Eppure io
lo so e mi ricordo di quando ' volava nei
pensieri e nei miei desideri '. E' sempre lui: ed anche se so che è non ha
un’età, così come non ha un corpo né una dimensione, io lo chiamo ' il mio
vecchio amore'.
Per lui ci sarà sempre un posto nel cuore: una
stanza, dove poterlo custodire ogni volta che vorrà stare con me. Io lo
aspetto, anche se spesso lui è già arrivato senza avvisarmi e per questo suo
modo di fare, continua a stupirmi. So che lui è capace di fare grandi cose per
me e quando mi abbandona, io mi sento come perso: come un pesce trascinato
dalla tempesta sul bagno asciuga della spiaggia, come un ombrellone in balìa
del vento.
Non sono io che posso scegliere se averlo o no: è
lui che ha questo potere su di me. Non
ha né rimorsi né rimpianti: è il mio puro
sentimento.
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