venerdì 25 maggio 2012

Daniele Bevilacqua - Inside - La direzione per conoscersi dentro


Melissa Darche è deceduta nella nostra dimensione reale il 18 ottobre 2011.
Quella sera pioveva in modo torrenziale.
Il suo corpo è stato trovato senza alcun segno di vita in un modesto quartiere di Manhattan, precisamente in un bagno del “White rabbit’s ”. Nel bagno del locale sono stati ritrovati accanto alla salma, alcuni evidenti detriti che costituivano le pareti della toilette. La spiegazione più plausibile che la scientifica e la stampa giornalistica hanno depositato, è che la pioggia, filtrandosi dalle fughe di areazione sopra il complesso centrale dell’impianto di energia elettrica, abbia scatenato un violento cortocircuito che si è scaturito nella zona dei bagni del locale. La potente scarica ha fatto breccia sulle pareti delle toilette, frantumandone alcune.
Una di queste, proprio Melissa ne fece uso quella sera.


Buongiorno Elite, buongiorno!


Eccomi.
Ho sempre saputo che il tempo sia un’arma a doppio taglio. Alcuni sostengono che abbia la capacità di guarire profonde ferite o ricorrenti sensazioni significative. Tanti altri invece sono convinti che non sia altro che una sottile strada interiore che tutti noi dobbiamo percorrere lungo il sentiero chiamato “vita”. E perché no? c’è anche chi presta attenzione al tempo come un pesante calcolatore, che incide sulla nostra giovinezza e immaginazione.
Che incuti terrore o speranza, il tempo non è mai abbastanza per imparare a conoscersi dentro.
Un giorno ti svegli e divieni consapevole che il mondo la fuori appare in un “vestito vergine” , ti guardi indietro e pensi che la felicità l’hai sempre trovata negli sguardi degli altri, allora decidi di volere cambiare le cose, cercare di imparare a sorridere con pura maturità.
A volte sarebbe bello parlare attraverso il tempo, senza condannarlo. Gli stereotipi di sensualità e bellezza mutano in generazione in generazione, ma ieri come oggi la frase “ti amo” sono solo 2 parole, cinque lettere, che non servono a niente se non vi è qualcuno che le vuole sentire.
Fin dall’età adolescenziale ho fatto parte di questo “mondo” tossico, di cui sono pochi i valori per la quale oggi posso essere fiera, mi riferisco al piccolo cerchio dell’elite di Manhattan. Tutto ciò che porto addosso con vero clamore è il mio nome: Melissa Darche. Non riesco neanche a immaginare quante volte è stato attribuito alla mia identità, l’idea di poter fare ogni cosa che mi girava per la testa.  – “Ma tu sei Melissa Darche, puoi essere ciò che vuoi e fare tutto quello che ti piace nella tua vita” – ecco cosa mi è sempre stato ribadito fin dalla mia giovinezza. La verità e che dietro alla presenza di una bella ragazza bionda dalle gambe chilometriche, non  c’era che fragilità e impotenza. Il denaro e le mie avventure con uomini importanti hanno solo generato la falsa stabilità interiore che tento di esternare.
Ricordo ancora il primo evento che decretò la nascita di “Melissa Darche”al mondo del gossip. Divenni parte di questa realtà  per aver indossato una maglietta davvero scollata e molto bagnata sul pullman in una gita di ritorno, al liceo. A volte incolpo mio padre, William Darche, famoso impresario e costruttore immobiliare, che ha dato alla mia famiglia il grande peso del nostro cognome.
Certo essere la figlia dell’uomo che dagli anni 80 costruì su tutta la città il suo impero, ha dato sostanzialmente grandi seccature per tutto il percorso della mia esistenza.
Ad oggi mi ritrovo con 4 matrimoni alle spalle, uno in corso, ricordi sfocati di feste , brunch e tutti gli sbagli che ancora si riflettono sul mio presente,senza lasciarmi lo spazio per imparare da essi.
Il mio attuale marito, Bart Van Der Birth, deputato democratico di New York, fa parte di una dinastia colossalmente incedente nel mondo politico. Vivo con la mia attuale famiglia in un attico del Palace Hotel, dato che a mio marito non piacevano i colori delle pareti della casa in cui abitavo prima. Ebbi 2 figli dal mio primo marito: Charles e Samantha. Su entrambi feci pesare i miei insuccessi esistenziali, e ora come ora a parte importanti fondi fiduciari a loro nome, i miei figli non riconoscono nulla di concreto in loro madre.
Per quanto concerne la mia stabilità psichica, ho contratto dalla nascita di Samantha, ricorrenti stati di sonnambulismo e sogni che probabilmente rispondono al mio subconscio. Il dottore di famiglia mi diagnosticò 19 anni fa una sorta di ansia post-parto, che giustificava questi miei problemi notturni, ma ad oggi, a 41 anni, le mie notti sono ancora disturbate da altarini del passato.
Nel 1995 mi laureai in fisica, con un master di specializzazione nel 1998 per l’approfondimento del multi universo e le dimensioni tangenti. L’unica giustificazione ai miei studi universitari fu il fatto che persi la mia migliore amica Vanessa ai tempi delle medie. Lei aveva una passione smisurata per la fisica in generale e la curiosità di cosa ci poteva essere in corrispondenza della nostra dimensione. La cosa più sorprendente, è che nelle parole di Vanessa Bagley  non vi era nulla di ingenuo, come potevano sembrare per la mente di una tredicenne. Vidi la morte della mia amica con quel tipo giusto di occhi increduli a una scena violenta. Fu travolta da un tir davanti casa sua. Ma il fatto più curioso è che io vidi la scena nel sonno. Sono consapevole di non essere una veggente o di intraprendere la via del destino, non sono neanche sicura di credere davvero in Dio, ma quella notte sono certa di aver dato spiegazione alla scomparsa misteriosa della mia migliore amica. Il corpo non fu mai trovato, ma quello che razionalmente non può assomigliare alla realtà è per me la soluzione a ciò che è accaduto a Vanessa.

Ignoto 18 ottobre

Ogni  primo venerdì del mese, accompagno mio marito alla solita cena, organizzata con il sotto segretario Tayler e la propria moglie. Quella sera ci recammo al White Rabbit, un locale situato nella zona meno rinomata di Manhattan, fuori dall’Upper East side, luogo dove si teneva una beneficenza in occasione dei quartieri più poveri del paese, un ottimo pretesto, per rinvigorire l’immagine e la nuova campagna per le elezioni, offerto su un piatto d’argento, da non farsi scappare.
Dopo esserci seduti e aver ordinato la portata principale, umida dalla pioggia, e molto poco entusiasta, dalla solita conversazione burocratica, mi alzai con la scusa di andare ad asciugare la mia Luis Vuitton e di rifarmi il trucco, con l’intenzione di dirigermi in bagno.
Raggiunto il lungo atrio che sfociava a destra per la toilette, e a sinistra per l’uscita del locale, rammento di aver avuto un mancamento e di essere svenuta a terra. Nel sonno avvertii la sensazione di una presenza sinistra, che, mi si presentò davanti, con le sembianze di una strana  ragazzina vestita di viola. Il suo viso pareva sfocato. Una voce femminea accompagnò quell’immagine che appariva distorta, sussurrandomi  più volte:
– Seguimi.
Ed io con voce tremante ma allo stesso tempo incuriosita :
– Perché?
– Ti ho osservata a lungo – aggiunse.
L’ultima cosa che ricordo  è essermi svegliata su una panchina, la mattina seguente, davanti le vetrine del “Socialista”, un pub nella zona East di Manhattan. Con i capelli e gli indumenti ancora bagnati dalla pioggia della precedente sera, e una forte emicrania, forse dovuta al fatto di aver sbattuto la testa al momento dello svenimento. Raggiunsi immediatamente l’hotel, per riferire l’accaduto a mio marito , spiegando la mia strana scomparsa.
Arrivata all’hotel vidi la polizia e la stampa accerchiata a Bart, evidentemente aveva già denunciato la mia scomparsa a tutte le autorità.
– Amore, tesoro! Sono stato così in pensiero, sei scomparsa da ieri sera e non ho avuto più tue notizie – esclamò mio marito.
– Ho perso i sensi poco dopo essermi alzata dal tavolo, sono stata vittima di un sonnambulismo e non ricordo più nulla – gli dissi.
– Non immagini quanta paura ho avuto, ieri sera al locale c’è stato un cortocircuito molto violento che ha distrutto alcuni bagni della toilette e non sapevo più cosa pensare – aggiunse.
– O mio Dio! – esclamai – ci sono stati feriti? O delle vittime?
– No, nessuno si trovava in bagno al momento dell’accaduto, per fortuna, ma quando il direttore del White Rabbit ci ha avvisati dell’incidente, ho pensato subito al peggio, perché sapevo che ti stavi recando in bagno – mi disse mio marito Bart, con gli occhi lucidi e ancora quel tremore addosso.
Non sapevo più cosa pensare. Non dissi nulla a Bart a proposito del dialogo con quella ragazzina, ma avevo il presentimento che dopo aver perso i sensi, fu proprio quella strana presenza a guidarmi in un sonnambulismo.
Due giorni dopo decisi all’insaputa della mia famiglia,che il lunedì seguente mi sarei recata dalla signora Caller, la psicologa che ha seguito mio figlio Charles in un periodo difficile. Avevo timore di dover affrontare quello che mi stava accadendo con il mondo esterno, ma volevo avere un parere professionale.

Eva contro Eva

Quella domenica notte, ricordo di aver sognato me stessa nei panni di Bette Devis, ero a una premiazione di giovani emergenti nel campo teatrale, in torno a me vi erano tante ragazze con il proprio accompagnatore, e a pochi posti dalla mia sedia c’era Vanessa, o almeno la sua immagine cresciuta, e mentre il presidente fondatore della facoltà teatrale, iniziò il proprio discorso su perché premiare  una ragazza in particolare, per la sua devozione e brillantezza, fui pervasa da un senso di delusione , e la mia sensazione si concretizzò quando il presidente annunciò: – Ecco a voi la signorina Vanessa Baglye. Evidentemente lei rivestiva il ruolo di Eva. Vanessa si alzò sorridente e raggiunse il palco per la premiazione, ma quando rialzai lo sguardo per osservarla, mi apparse davanti agli occhi ancora quella ragazzina vestita di viola, ma il volto era coperto da una maschera di elefante. Mi svegliai di soprassalto, e davanti al divano su cui mi ero addormentata, trovai ancora quell’essere inquieto. Stavo ancora sognando? O ero caduta un altro stato di sonnambulismo? – Mi chiamo Dandy – affermò quella bizzarra ragazzina, avvicinandosi sempre di più. – Perché ti presenti nei miei sogni? Cosa cerchi? E perché indossi quella maschera da elefante? – Le domandai.
– Perché tu indossi quel vestito da umana? – rispose.
– Ma come puoi fare questo? Provieni da una remora ragione dimensionale? – chiesi io.
– Io posso viaggiare nel tempo perché sono morta in una dimensione tangente. – mi disse.
– Un momento, “Dandy” hai detto? Ma certo, Dandy era il nome del peluche preferito di Vanessa – pensai dentro di me – Perché mi hai salvato la vita?
– Te l’ho detto, ti ho osservata a lungo e mi è parso che tu abbia sprecato quasi la tua intera esistenza, dimenticandoti cosa vuoi davvero dentro di te, è giunto il momento di trovare una direzione verso la tua salvezza – affermò.
Il lunedì mattina mi svegliai nello sgabuzzino davanti a un vecchio scatolone di ricordi, tra le dita avevo delle fotografie scattate al tempo dei miei vent’anni, e sul pavimento c’era una foto mia insieme a Vanessa, ma il suo viso non si riusciva a focalizzare in modo chiaro, evidentemente l’usura aveva danneggiato la foto.





Il tocco di Eva

Come da stabilito quella mattina andai all’appuntamento con la dottoressa Caller, la seduta era fissata per le 11.00.
Raggiunto lo studio entrai senza pensare troppo a quello che stavo andando in contro.
– Buongiorno signora Caller! – esclamai.
– Buongiorno a lei Melissa, si accomodi – rispose.
– Allora, innanzitutto da dove vuole cominciare? – mi chiese.
– Ho ricorrenti stati di sonnambulismo e inizio a pensare di avere una specie di amica immaginaria, di nome Dandy, che in qualche modo è divenuta promotrice del mio destino – le dissi.
– Capisco, beh, le posso dire che le allucinazioni sono un effetto comune  per chi soffre di schizofrenia paranoide, le è mai stato diagnosticato questo? – domandò lei.
– Oddio no, non credo, anzi ne sono certa – risposi.
–  Mi parli ancora di questa amicizia surreale, ci sono stati altri collegamenti? – mi chiese.
– La scorsa notte ho sognato di essere Bette Devis penso in “Eva contro Eva” , io non ho mai voluto essere Bette Devis, fin da ragazzina ho sempre sognato di assomigliare a Grace Kelly, ma la cosa che nonostante tutto mi ha rammaricato di più è che non ero io Eva nel sogno. – dissi io.
– E chi era Eva? – domandò lei.
– Sono sicura di aver visto la mia defunta amica Vanessa per il ruolo di Eva. – risposi.
–  Penso che questo progressivo distacco dalla realtà potrebbe derivare dalla sua incapacità di affrontare quelle forze del mondo che lei percepisce come una minaccia, di che cosa ha più paura Melissa? – chiese.
– Mi terrorizza l’idea di restare sola – sospirai.
–  Lei pensa di essere sola o che morirà sola? – mi domandò.
– Sono solo certa che quando un essere vivente lascia la terra, si resti soli, me l’ho ha fatto presente Dandy – risposi io.
– Credi davvero nelle parole di un’allucinazione? – domandò.
– Signora Caller dopo tutto quello che ho passato, i drammi familiari e gli insuccessi persistenti, non so più a cosa credere, non so nemmeno se esiste una spiegazione razionale che lega la scomparsa della mia amica Vanessa a questa Dandy. – affermai con tono vigoroso.
Uscii dallo studio immediatamente, e ricordo che salutai la dottoressa con un secco”arrivederci”.
Nel pomeriggio andai da “Bendel” per acquistare un abito da indossare il giovedì 24 ottobre, in occasione del party “ Nessun Dorma” organizzato al Palace Hotel. Nel momento in cui fermai un taxi per tornare a casa dal negozio di abbigliamento, vidi ancora una volta Dandy e la sua bizzarra maschera all’interno della vettura. Sono convinta che in quell’episodio non avessimo avuto alcuna conversazione, ma lei stringeva tra le braccia un abito rosso. Arrivata all’hotel corsi subito nella mia suite, e raggiunsi la mia famiglia in soggiorno. Ero tanto agitata.
Arrivò la sera del 24 ottobre, io e mia figlia Samantha ci stavamo finendo di preparare per andare al party fissato per le 21.30. Mancavano ancora circa 20 minuti.
– Tesoro lo sai che sei bellissima? – le dissi.
– Si, lo so mamma, me lo hai già detto. – rispose con voce snervata.
– Vedo che alla fine hai deciso di indossare l’abito che ti ho preso per l’occasione, sono molto felice. – affermai io.
– Come se mi avessi lasciato alternativa – ribatte Samantha.
– Beh, scusa se ho voluto dare un’immagine meno volgare del solito, alla tua presenza! – le risposi con tono acceso.
– Ecco ci risiamo, vuoi iniziare ancora con la solita storia, che io sono una ragazza problematica e che devo stare attenta ai pericolo che incombano nella mia vita? per favore lascia perdere – disse lei. – Samantha , Samantha! dove stai andando?
– Mi allontano da te, non riesco a starti vicino per più di dieci minuti , senza dare di matto!
Scoppiai in lacrime, non riuscivo neanche a instaurare una conversazione civile con mia figlia.
Finito di prepararmi scesi al salone dell’hotel per raggiungere mio marito e tutti gli invitati.
Mi accorsi che mia figlia Samantha si stava allontanando dal ricevimento, avviandosi fuori dal Palace, allora mi precipitai a seguirla, raggiungendola. – Samantha cosa fai qui fuori? torna dentro –
le urlai. – Non vedi che sto aspettando le mie amiche? guarda stanno arrivando, ora vado via con loro – rispose apertamente.
– Tu non vai da nessuna parte, torna al ricevimento, e poi spigami perché ti sei cambiata d’abito, perché indossi questo vestito rosso?
– Senti , va al diavolo, tu e il tuo stupido ricevimento, ora lasciami andare che sono di fretta!
– Samantha attenta, Samanthaaaaaaaaaaaa! – gridai con tutta me stessa.
Nello stesso istante una limousine l’ha investì, evidentemente non si era accorta che stava arrivando una vettura dalla strada. Rimasi impietrita. Il mio corpo era incapace di comunicare sia con la colonna vertebrale che con gli altri sensi. Un’amica di mia figlia si avvicino correndo dall’altro lato della strada, e con terribili lacrime agli occhi, mi fece capire che non c’era più nulla da fare.
La dimensione esterna si annullò completamente alla mia vista, corsi subito nel mio sgabuzzino, dove ho trovato le foto mie e di Vanessa, presi quella in cui eravamo immortalate insieme, divisi la foto con uno strappo, in modo da stringere in mano solo la mia giovane immagine. Salii sul terrazzo del mio attico, non sapevo più a cosa credere. La mia salvezza ha manifestato in seguito la morte di mia figlia, pensai. Era la così detta “ goccia che fa traboccare il vaso” dopo una vita di terribili insuccessi, anche la perdita prematura di un figlio. Non so cosa mi spinse a recarmi sul terrazzo, ma dentro di me avevo solo il grande sogno di poter eseguire, almeno una dannata volta nella vita un’azione per trovare un po’ di conforto. Vidi addensarsi sulla città un inquietante turbine di nuvole nere, e sono sicura che fu la manifestazione fisica di un wormhole, scaturita dal paradosso creato dai nuovi eventi che hanno mutato il mio destino. Ad un tratto solo nero intorno a me, e fu così che capii di stare per essere riportata a “casa”.


“Nuovo Mondo”
...18 ottobre…


Era il 18 ottobre, nella nostra dimensione reale. Mi alzai dal tavolo per raggiungere la toilette. Arrivata al lungo atrio del locale, entrai nella toilette. Il ritornello di una canzone riprodotta dalla radio del bagno, esclamava : Smile like you mean it, Smile like yuo mean. It.

Cara Vanessa Baglye, ci sarebbero molte cose che vorrei chiederti, ma ho paura di quello che potresti dirmi, ma soprattutto ho paura che tu mi dica che non sia tutto frutto della fantasia.
Posso solo sperare che la risposta mi arrivi nel sonno, eterno, e spero anche quando il mondo finirà, che potrò tirare un sospiro di sollievo, perché ci sarà così tanto da contemplare avidamente.
“Ahaha ahahahah” Sorridendo come se lo volessi davvero, almeno questa volta… tua

M D.

 
Melissa darche è deceduta nella nostra dimensione reale  il 18 ottobre 2011.
Quella sera pioveva in modo torrenziale.
Gli atti delle persone intorno a Melissa,  in seguito, sono tutti inconsapevolmente diretti a dare un senso al paradosso, portando infine Melissa  a creare lei stessa il wormhole che la porta nell'universo reale, dove lei stessa viene uccisa. Quelli che hanno interagito con Melissa nell'universo tangente tuttavia, conservano una lieve consapevolezza degli eventi in esso accaduti.

Nessun commento:

Posta un commento