sabato 26 marzo 2016

Massimo Cerina - Come era profondo il mare

- Ciao, a cosa stai pensando?
Al sentire quella domanda, che a lui parve fastidiosamente banale, alzò gli occhi da terra e si trovò di fronte una ragazza dai grandi occhi neri e dal sorriso aperto che lo fece mettere subito in guardia. Un’altra di quelle fastidiose mosche notturne che finivano sempre per ronzare attorno alla gente come lui?
-Veramente sarebbero fatti miei, comunque se proprio vuoi saperlo sto pensando a quale razza di organizzazione appartieni
- Come lo sai che faccio parte di un gruppo?
- Un giubbotto giallo limone come il tuo lo si può indossare solo come divisa.
- Hai ragione, faccio parte di un gruppo chiamato “Night Angels” che vuole aiutare chi si trova costretto a trascorrere la notte qui in stazione. Ci conosci?
Una buona samaritana, dunque. Carina, giovane, innocente e con tanta voglia di aiutare i gatti neri, i pessimisti, quelli che hanno cattivi pensieri. E in questa sua pia opera di carità eccola incrociare la sua stessa strada.
- Ora sono io che voglio farti una domanda: cos’è che ti ha fatto credere di dover accorrere in mio aiuto?
- È mezzanotte passata e te ne stai seduto sul bordo estremo del marciapiedi dell’ultimo binario. Un passo ancora e ci sono solamente le rotaie, non hai un posto migliore dove passare il tuo tempo?
- Credo proprio di no
Quanto è giovane, pensò, avrà al massimo vent’anni e tutta la vita davanti a sé.  È vogliosa di fare, di assistere il primo disperato che le capiterà sotto, ma è anche terribilmente ingenua… chissà perché lo fa? Non è che anche lei è inseguita da un demone e crede di potergli sfuggire aiutando il prossimo?
- La depressione è una brutta cosa
- E tu che ne sai? L’hai mai provata forse?
- No, però sono entrata in contatto con persone depresse. Poveretti!
- E perché poveretti? Al contrario sono persone ricche di sensibilità. Anche troppo ricche
- Senti, ti dispiace se andiamo a parlare lontano da qui? Questo posto è così freddo e sporco
- A me invece non dispiace. Mi sento come se fossi su un molo, basta un solo passo e poi c’è il mare
- Ma questo non è il mare, qui di fronte ci sono solo i binari
- Intendo dire il mare oscuro di una notte della quale non scorgo la fine. Non lo vedi da te come è profondo questo mare?
- Ti prego andiamocene. Poco lontano dalla stazione c’è un pub, ti va una birra? Offro io. Sei un tipo interessante sai…
Ma sì, pensò, vediamo se questa luce che risplende nel buio è un rifugio sicuro o soltanto una lucciola ingannatrice.

Nel pub, grazie alla birra, un confortante vento caldo cominciò a soffiare sui loro animi. Parlare, bere e ancora parlare e ancora bere e poi ancora parlare. Farlo in mezzo alla confusione, impregnati dell’odore intenso e aggressivo di senape e ketchup, di wurstel, hamburger e patate fritte sfrigolanti in un olio riciclato chissà quante volte; tra il concitato sovrapporsi delle voci dei numerosi avventori, mentre l’impianto stereo del locale sparava musica popolare irlandese a tutto volume. Riuscire a parlarsi ignorando gli altri. L’unica cosa che sembrò loro esistere là dentro fu una potenziale felicità in questo mondo tormentato. Lui le confidò di una squallida storia di amore perduto, di un rapporto coniugale finito male. -Ti lascio, me ne vado via; -Ti prego resta, sei tutto per me; -Ma non capisci che ormai non provo più niente per te, che amo un altro? Erano state parole che gli avevano distrutto la vita, ma adesso lui sentiva di avere la forza di poter raccontare a un’estranea un dramma così intimo, così personale. C’è dunque ancora vita dentro di me, pensò.
Poi lei gli sorrise, ma stavolta non era più quel sorriso di accondiscendenza che fino ad allora le aveva visto sul suo giovane volto.
- Vuoi venire a passare la notte a casa mia? Sono sola, starai bene, te lo assicuro
- E perché?
- Ti sembrerà strano, ma mi sto affezionando a te
Lei ora non attendeva altro che un suo cenno di assenso. Lui la guardò, ma quello che provò fu solamente un improvviso torpore mentale, nessun pensiero, nessun sentimento. Solo un grande vuoto interiore. Comprese allora che tutto era finito prima ancora di cominciare. L’unione di corpo e anima non era roba per loro perché le parole hanno sempre due significati e i pensieri finiscono così per essere spesso fraintesi. Quella ragazza si aspettava qualcosa da lui che non avrebbe mai potuto dargliela, perché era fuori dalla sua portata. Allo spuntare del sole si sarebbero ritrovati avvolti unicamente dalla delusione, realizzando entrambi quanto fossero stati sciocchi.
E lui non voleva che lei si vergognasse.
Senza mai voltarsi se ne ritornò alla stazione e, senza che nessuno gli dicesse qualcosa, arrivò all’estremo limite del marciapiedi dell’ultimo binario. Lì dove quella ragazza ora lontana lo aveva avvicinato. Il buio mare della notte gli stava davanti e lui a malapena riusciva a distinguere i tanti binari che, intricati come serpenti, lo richiamavano verso uno sconosciuto infinito. Un passo ancora e sarebbe stato come il camminare sulle acque. E lui fece quel passo e poi un altro e un altro ancora. Lasciandosi alle spalle anche le ultime luci della stazione, stava entrando sempre più in una dimensione nuova e sconosciuta. Non provava piacere né curiosità né paura. Non provava nulla. Rimase indifferente anche quando a pochi metri da lui passò un treno in uscita seguito dopo un paio di minuti da uno in entrata. Chissà se i macchinisti o qualcuno dei passeggeri lo avevano visto? Chissà se avevano avvertito la Polfer di un uomo che stava camminando sui binari? Tutte domande a cui non gli interessò trovare risposta, ormai era immerso in quel mare oscuro e gli sembrò di essere un pesce. E un pesce è protetto dal mare.
Pensò a quella ragazza/angelo che ingenuamente aveva creduto di poterlo salvare con parole gentili e un invito a casa sua.  Forse sarebbe dovuto tornare sui suoi passi, forse sarebbe dovuto andare a cercare quella ragazza, forse… ma sarebbe poi servito a qualcosa? Fece spallucce e continuò ad andare avanti e a fondo. Come era profondo il mare. 

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