Ti scrivo questa lettera perché
ci sei già, da qualche parte. Sei una parte di me ma sei molto più di me, e per
renderti cosciente di ciò che sei voglio raccontarti un po’ di cose che ci
hanno portati qui.
La mia vita è stata piena di
amore. Ho avuto una famiglia che mi ha adorato. Sono cresciuta in una grande
casa di campagna, in mezzo al verde, e mia mamma e mio papà hanno fatto di
tutto per me, che ero la loro unica figlia. A quindici anni li ho fatti
spaventare: ho iniziato ad avere dei dolori fortissimi alla pancia, che
diventavano sempre più frequenti. A volte avevo delle perdite di sangue. Alcuni medici mi
hanno visitata per capire cosa stesse succedendo, e ho iniziato ad avere paura
della condizione in cui mi trovavo. Ciò di cui il mio corpo soffre ha un nome,
e purtroppo affligge molte altre donne. Per la scienza la condizione in cui mi
trovo non costituisce nemmeno una malattia: è semplicemente una caratteristica
con cui convivere. Rovina la vita ma non ci si può far niente. Mi son letta
tutti i libri sull’argomento. Qualche tentativo di risposta mi è arrivato dalla
medicina non ufficiale: dicono che ciò che è successo a me succede spesso a
quelle donne che hanno un padre molto forte, del quale sono segretamente innamorate.
Vorrebbero essere le compagne dei propri padri: madri, non figlie. Sono donne
gravide della vita: vorrebbero concepire ovunque. Per questo motivo il tessuto
di cui è composto il loro utero si sviluppa altrove. Perfino nel loro intestino
cresce il tessuto che dovrebbe essere dell’utero.
Il problema non è soltanto la
sofferenza fisica. Ogni cosa diventa più difficile: non ci si sente donne, ci
si sente sbagliate. E tutto ciò inizia ad accadere proprio durante
l’adolescenza. E’ impossibile stare bene con qualcuno, quando ci si sente in
quelle condizioni. Non ci si pone neanche il problema, e non si sta con nessuno.
Ecco un’altra cosa che dicono delle donne in questa condizione: sono
estremamente amorevoli nei confronti dei bambini e degli animali. I miei
genitori in quegli anni mi avevano regalato un pastore tedesco. Si chiamava Ben
e solo io riuscivo ad avvicinarlo. Ben era estremamente protettivo con me.
Aveva un carattere particolare: era testardo, faceva tutto ciò che voleva, era
irrequieto, ma quando c’ero io gli bastava un mio sguardo per calmarsi. Nei
lunghi pomeriggi che passavamo insieme ho iniziato ad insegnargli degli
esercizi, che col tempo sono diventati sempre più complessi. Giocavamo molto, e
lui imparava tutto ciò che gli insegnavo. Col passare del tempo ho scoperto che
non solo Ben, ma anche i cani dei miei amici e parenti mi ascoltavano. L’ho
fatto diventare un lavoro. Quando mio papà è andato in pensione abbiamo
utilizzato la porzione di terreno intorno alla casa per realizzare una
struttura per l’addestramento dei cani. Ho continuato quindi a vivere nella
casa in cui sono sempre vissuta, e fino a ventitré anni per me esistevano
soltanto la mia famiglia ed i cani.
Poi un infarto si è portato via
il mio papà, da un giorno all’altro, e sono stata tanto male, perché non ero
pronta a lasciarlo andare. La perdita di mio padre, comunque, per quanto
sofferta, è stata necessaria per dare spazio ad un cambiamento importante: solo
a quel punto ho potuto far entrare Enrico, il mio compagno, nella mia vita. Lui
c’era già da tanti anni, in realtà, ma non riuscivo a vederlo per quello che
era, o per quello che poteva essere. Non potevo neanche capire se mi piacesse o
no. Avevo preoccupazioni ben più gravi: non mi sentivo donna. Mi son decisa a farlo
diventare uno di famiglia perché aveva con gli animali una dimestichezza ed una
bontà simili alle mie, ma soprattutto perché mi ricordava il mio papà.
All’epoca non mi chiedevo se fosse amore o no. Non mi sono posta il problema.
Non me lo pongo nemmeno oggi. So soltanto che sono passati quindici anni e lui
è ancora insieme a me.
A causa del mio problema di
salute io ed Enrico non ci siamo mai mossi più di tanto dalla casa in cui
viviamo, ma a farci compagnia ci sono Dylan, Macchia, Gina, Ringo e Full: i
nostri cinque bellissimi esemplari di pastore tedesco. Non abbiamo sentito
particolarmente la mancanza dei viaggi in giro per il mondo perché per fortuna abbiamo
tanto lavoro da fare. Ultimamente, però, alla sera, dopo aver riempito le
ciotole di tutti e cinque i cani, e dopo aver messo in tavola un piatto di
pasta per noi, io ed Enrico iniziamo a sentire che la vita non è tutta qui. Non
abbiamo mai pensato seriamente ad avere dei bambini. Ogni volta che uno dei
due, per scherzo, chiedeva all’altro: "E se avessimo un figlio?” l’altro
rispondeva: “E se prendessimo un altro cane?”. Non è un problema fisico: non
sono sterile e nonostante la mia condizione non provo particolare dolore quando
sono in intimità col mio compagno. La questione è che non ci abbiamo mai pensato
seriamente. Dopotutto io provenivo da quell’adolescenza sofferta, che mi aveva
progressivamente allontanato da un’esistenza normale. Sono riuscita in qualche
modo ad inventarmi una vita tutta mia, ma avere dei figli mi sembrava
decisamente fuori dalla mia portata. Ma qui entri in gioco tu.
Ultimamente nella quotidiana
esistenza mia e di Enrico manca qualcosa e le persone che vengono a portarci i
loro cani da addestrare lo notano. Vedono che io ed il mio compagno non siamo
più quelli di prima. Come in un tentativo, non richiesto, di consolarci, troppo
spesso ci dicono che dobbiamo essere felici di avere con noi tutti questi
animali, perché le bestie sono pure di cuore e nobili di spirito, mentre
l’essere umano è uno dei mali del mondo. Dovremmo essere felici di non avere
figli e di non contribuire così a portare avanti la sofferenza che affligge il
mondo. Lo dicono sul serio. Sono in molti a pensarlo. Sempre di più. Ma come
potrebbe essere un male per il mondo un figlio nato in una famiglia come quella
costituita da me, da Enrico e dai nostri cinque pastori tedeschi? In questa
casa non è mai mancato né mancherà mai l’amore. Questa è la casa in cui i miei
genitori si sono amati e mi hanno insegnato ad amare. E’ il posto in cui ho
sviluppato dentro di me quell’amore così grande ed incontenibile da espandersi
ovunque, tanto da farmi ammalare. Questo è il luogo dove per tanti anni ho
riversato sugli animali una parte del mio amore, arrivando a rendere
addomesticabili anche cani dal comportamento selvatico, provenienti da
situazioni molto sofferte. E’ il luogo in cui con Enrico ho creato un piccolo nucleo
famigliare nel quale non si è mai parlato a sproposito di sentimenti ma si è
vissuto l’amore nella sua quotidianità. Amore per quello che facciamo ogni
giorno, amore per noi stessi che ci conosciamo da trent’anni e viviamo insieme
da quindici, amore nella sua forma più autentica su questo pianeta. Amore: la
parola che ripeterò allo sfinimento in questa lettera che mi accingo a
scriverti. L’unico concetto che desidero tu apprenda.
Ammesso che la razza umana sia un
male per il mondo, cosa in cui non voglio credere, non sarà certo una mia
scelta a determinarne o meno l’estinzione. Andrà avanti comunque di generazione
in generazione, se è giusto per il mondo, perché la vita non smette di
propagarsi in tutte le sue forme senza chiedersi se sia giusto o no, perché
l’amore non giudica e non ha sete di giustizia. Si propaga, semplicemente,
oltre ogni ostacolo, fino alla fine dei tempi. E noi, uomini e donne, che ci
crediamo tanto meritevoli o tanto indegni di vivere, non abbiamo alcuna
influenza su tutto ciò. E questo è l’unico pensiero che io abbia mai formulato
o che formulerò mai sull’amore, perché preferisco viverlo che pensarci su.
Tutto l’universo obbedisce all’amore: questo è tutto ciò in cui credo. L’amore
ha determinato quella che sono e la vita che ho vissuto finora. Lo stesso
amore, se vorrà, farà in modo che tu venga al mondo, qui. Come vorrei non aver
scherzato, tutte quelle volte, sul fatto di avere un figlio. Avrei dovuto
saperlo, che nella mia condizione non sarebbe stato facile. Invece ho fatto
finta di niente. Non ci ho nemmeno pensato. Ed ora, alla mia età, una
gravidanza non sarebbe semplice da vivere nemmeno per una donna in salute. Per
me sarà doppiamente difficile, eppure doppiamente straordinaria.
Quando arriverai, se arriverai,
farai parte di tutto il progetto che ci ha portati fino a qui. Imparerai che
gli animali sono meritevoli d’amore come tutto ciò che esiste in natura ma non
più e non meno dell’essere umano. Imparerai che, se metti amore nelle cose che
fai, ciò che accade all’esterno non può avere influenza su di te. Viviamo in
tempi difficili e io ed Enrico non facciamo un lavoro indispensabile per
l’umanità, eppure i mezzi per andare avanti non sono mai mancati, perché non è
mai mancato il lavoro. Le cose da fare non mancano quando ami quello che fai. I
continui mutamenti di ciò che accade nel mondo intorno a te non possono
scuoterti se dentro di te, nella tua famiglia, nelle cose che ami, rimane
costantemente alimentata una vivida fiamma d’amore. Per questo motivo non dare
ascolto a chi pensa che non valga la pena essere qui, ora. Non hanno né ragione
né torto: il loro pensiero è semplicemente ininfluente per noi e per te. Ad
ognuno la sua verità. La nostra verità è che ti vorremmo qui con noi.
Vorrei che io e il mio compagno
ti insegnassimo tutto quello che sappiamo. Vorrei che imparassi ad amare tutto
ciò che ti è caro e a non fare del male a nessuno, partendo dagli animali ma
estendendo il concetto al mondo intero. Il giorno in cui io ed Enrico
diventeremo vecchi e non riusciremo più a badare a noi stessi, vorrei che ci
fossi tu a portare avanti quanto di buono abbiamo provato a costruire, e se non
vorrai farlo non importa. Ad ognuno il suo. Farai ciò che attraverso di te sarà
più utile per il mondo.
E qui viene la parte più
difficile di tutta questa lettera che ho scritto per te. Devi sapere che esiste
la possibilità che tu nasca ma che io non superi la gravidanza: il mio corpo,
anche se da fuori può non sembrare, è molto compromesso e mi è stato
sconsigliato di provare a fare ciò che sto per fare. Ma senza di te i miei
giorni, per quanto belli e sereni, sarebbero soltanto una continua ripetizione.
Non ci sarebbe niente di nuovo se non l’alternanza delle stagioni, che però
ciclicamente si ripetono sempre uguali, e l’arrivo di nuovi cuccioli, che per
quanto diversi tra loro non possono dare alle nostre vite di futuri genitori
ciò che può dare l’arrivo di un cucciolo di uomo. La serenità che ho imparato
ad avere, negli anni, e che è rimasta con me fino a poco tempo fa ormai è stata
scossa per sempre. E’ cambiato qualcosa al mio interno ed ora vorrei che fossi
qui con me e con tuo padre. Se così non può essere, posso considerare completato
il mio percorso di vita, senza rimpianto alcuno se non quello di non aver
insistito molto di più per averti. Ma, credimi, le condizioni erano parecchio
avverse. Sii clemente e concedimi questa attenuante per non averci provato
prima, quando sarebbe stato più semplice, forse. O forse semplicemente non era
il momento giusto.
Se, ovunque tu sia, dopo aver
letto questa lettera deciderai di venire qui, sarai il benvenuto e ti prometto
che l’universo intero ti manderà triplicato l’amore che metterai nel fare qualsiasi
cosa. Non è indispensabile la mia presenza nella tua vita: se nascerai da me,
saprai che io sarò sempre dentro di te anche se non ci sarò fisicamente. Ho
risolto tutto ciò che dipendeva da me. Posso andarmene da un momento all’altro
senza rimpianti: l’unico mio rimpianto sarebbe sapere che non hai voluto o
potuto portare avanti l’amore che abbiamo preparato qui per te in questo luogo
accogliente. Tutto l’universo obbedisce all’amore e io all’amore chiedo di
portarti qui a provare, tu stesso, che l’umanità non merita di estinguersi ma
di andare avanti, in modo diverso e nuovo, dando ascolto più alla speranza che
alla paura. Il mondo può essere salvato dal cuore delle persone come noi.
Ti amo.
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