sabato 21 marzo 2015

Marco Maresca - L’amore che si espande

Ti scrivo questa lettera perché ci sei già, da qualche parte. Sei una parte di me ma sei molto più di me, e per renderti cosciente di ciò che sei voglio raccontarti un po’ di cose che ci hanno portati qui.

La mia vita è stata piena di amore. Ho avuto una famiglia che mi ha adorato. Sono cresciuta in una grande casa di campagna, in mezzo al verde, e mia mamma e mio papà hanno fatto di tutto per me, che ero la loro unica figlia. A quindici anni li ho fatti spaventare: ho iniziato ad avere dei dolori fortissimi alla pancia, che diventavano sempre più frequenti. A volte avevo delle perdite di sangue. Alcuni medici mi hanno visitata per capire cosa stesse succedendo, e ho iniziato ad avere paura della condizione in cui mi trovavo. Ciò di cui il mio corpo soffre ha un nome, e purtroppo affligge molte altre donne. Per la scienza la condizione in cui mi trovo non costituisce nemmeno una malattia: è semplicemente una caratteristica con cui convivere. Rovina la vita ma non ci si può far niente. Mi son letta tutti i libri sull’argomento. Qualche tentativo di risposta mi è arrivato dalla medicina non ufficiale: dicono che ciò che è successo a me succede spesso a quelle donne che hanno un padre molto forte, del quale sono segretamente innamorate. Vorrebbero essere le compagne dei propri padri: madri, non figlie. Sono donne gravide della vita: vorrebbero concepire ovunque. Per questo motivo il tessuto di cui è composto il loro utero si sviluppa altrove. Perfino nel loro intestino cresce il tessuto che dovrebbe essere dell’utero.

Il problema non è soltanto la sofferenza fisica. Ogni cosa diventa più difficile: non ci si sente donne, ci si sente sbagliate. E tutto ciò inizia ad accadere proprio durante l’adolescenza. E’ impossibile stare bene con qualcuno, quando ci si sente in quelle condizioni. Non ci si pone neanche il problema, e non si sta con nessuno. Ecco un’altra cosa che dicono delle donne in questa condizione: sono estremamente amorevoli nei confronti dei bambini e degli animali. I miei genitori in quegli anni mi avevano regalato un pastore tedesco. Si chiamava Ben e solo io riuscivo ad avvicinarlo. Ben era estremamente protettivo con me. Aveva un carattere particolare: era testardo, faceva tutto ciò che voleva, era irrequieto, ma quando c’ero io gli bastava un mio sguardo per calmarsi. Nei lunghi pomeriggi che passavamo insieme ho iniziato ad insegnargli degli esercizi, che col tempo sono diventati sempre più complessi. Giocavamo molto, e lui imparava tutto ciò che gli insegnavo. Col passare del tempo ho scoperto che non solo Ben, ma anche i cani dei miei amici e parenti mi ascoltavano. L’ho fatto diventare un lavoro. Quando mio papà è andato in pensione abbiamo utilizzato la porzione di terreno intorno alla casa per realizzare una struttura per l’addestramento dei cani. Ho continuato quindi a vivere nella casa in cui sono sempre vissuta, e fino a ventitré anni per me esistevano soltanto la mia famiglia ed i cani.

Poi un infarto si è portato via il mio papà, da un giorno all’altro, e sono stata tanto male, perché non ero pronta a lasciarlo andare. La perdita di mio padre, comunque, per quanto sofferta, è stata necessaria per dare spazio ad un cambiamento importante: solo a quel punto ho potuto far entrare Enrico, il mio compagno, nella mia vita. Lui c’era già da tanti anni, in realtà, ma non riuscivo a vederlo per quello che era, o per quello che poteva essere. Non potevo neanche capire se mi piacesse o no. Avevo preoccupazioni ben più gravi: non mi sentivo donna. Mi son decisa a farlo diventare uno di famiglia perché aveva con gli animali una dimestichezza ed una bontà simili alle mie, ma soprattutto perché mi ricordava il mio papà. All’epoca non mi chiedevo se fosse amore o no. Non mi sono posta il problema. Non me lo pongo nemmeno oggi. So soltanto che sono passati quindici anni e lui è ancora insieme a me.

A causa del mio problema di salute io ed Enrico non ci siamo mai mossi più di tanto dalla casa in cui viviamo, ma a farci compagnia ci sono Dylan, Macchia, Gina, Ringo e Full: i nostri cinque bellissimi esemplari di pastore tedesco. Non abbiamo sentito particolarmente la mancanza dei viaggi in giro per il mondo perché per fortuna abbiamo tanto lavoro da fare. Ultimamente, però, alla sera, dopo aver riempito le ciotole di tutti e cinque i cani, e dopo aver messo in tavola un piatto di pasta per noi, io ed Enrico iniziamo a sentire che la vita non è tutta qui. Non abbiamo mai pensato seriamente ad avere dei bambini. Ogni volta che uno dei due, per scherzo, chiedeva all’altro: "E se avessimo un figlio?” l’altro rispondeva: “E se prendessimo un altro cane?”. Non è un problema fisico: non sono sterile e nonostante la mia condizione non provo particolare dolore quando sono in intimità col mio compagno. La questione è che non ci abbiamo mai pensato seriamente. Dopotutto io provenivo da quell’adolescenza sofferta, che mi aveva progressivamente allontanato da un’esistenza normale. Sono riuscita in qualche modo ad inventarmi una vita tutta mia, ma avere dei figli mi sembrava decisamente fuori dalla mia portata. Ma qui entri in gioco tu.

Ultimamente nella quotidiana esistenza mia e di Enrico manca qualcosa e le persone che vengono a portarci i loro cani da addestrare lo notano. Vedono che io ed il mio compagno non siamo più quelli di prima. Come in un tentativo, non richiesto, di consolarci, troppo spesso ci dicono che dobbiamo essere felici di avere con noi tutti questi animali, perché le bestie sono pure di cuore e nobili di spirito, mentre l’essere umano è uno dei mali del mondo. Dovremmo essere felici di non avere figli e di non contribuire così a portare avanti la sofferenza che affligge il mondo. Lo dicono sul serio. Sono in molti a pensarlo. Sempre di più. Ma come potrebbe essere un male per il mondo un figlio nato in una famiglia come quella costituita da me, da Enrico e dai nostri cinque pastori tedeschi? In questa casa non è mai mancato né mancherà mai l’amore. Questa è la casa in cui i miei genitori si sono amati e mi hanno insegnato ad amare. E’ il posto in cui ho sviluppato dentro di me quell’amore così grande ed incontenibile da espandersi ovunque, tanto da farmi ammalare. Questo è il luogo dove per tanti anni ho riversato sugli animali una parte del mio amore, arrivando a rendere addomesticabili anche cani dal comportamento selvatico, provenienti da situazioni molto sofferte. E’ il luogo in cui con Enrico ho creato un piccolo nucleo famigliare nel quale non si è mai parlato a sproposito di sentimenti ma si è vissuto l’amore nella sua quotidianità. Amore per quello che facciamo ogni giorno, amore per noi stessi che ci conosciamo da trent’anni e viviamo insieme da quindici, amore nella sua forma più autentica su questo pianeta. Amore: la parola che ripeterò allo sfinimento in questa lettera che mi accingo a scriverti. L’unico concetto che desidero tu apprenda.

Ammesso che la razza umana sia un male per il mondo, cosa in cui non voglio credere, non sarà certo una mia scelta a determinarne o meno l’estinzione. Andrà avanti comunque di generazione in generazione, se è giusto per il mondo, perché la vita non smette di propagarsi in tutte le sue forme senza chiedersi se sia giusto o no, perché l’amore non giudica e non ha sete di giustizia. Si propaga, semplicemente, oltre ogni ostacolo, fino alla fine dei tempi. E noi, uomini e donne, che ci crediamo tanto meritevoli o tanto indegni di vivere, non abbiamo alcuna influenza su tutto ciò. E questo è l’unico pensiero che io abbia mai formulato o che formulerò mai sull’amore, perché preferisco viverlo che pensarci su. Tutto l’universo obbedisce all’amore: questo è tutto ciò in cui credo. L’amore ha determinato quella che sono e la vita che ho vissuto finora. Lo stesso amore, se vorrà, farà in modo che tu venga al mondo, qui. Come vorrei non aver scherzato, tutte quelle volte, sul fatto di avere un figlio. Avrei dovuto saperlo, che nella mia condizione non sarebbe stato facile. Invece ho fatto finta di niente. Non ci ho nemmeno pensato. Ed ora, alla mia età, una gravidanza non sarebbe semplice da vivere nemmeno per una donna in salute. Per me sarà doppiamente difficile, eppure doppiamente straordinaria.

Quando arriverai, se arriverai, farai parte di tutto il progetto che ci ha portati fino a qui. Imparerai che gli animali sono meritevoli d’amore come tutto ciò che esiste in natura ma non più e non meno dell’essere umano. Imparerai che, se metti amore nelle cose che fai, ciò che accade all’esterno non può avere influenza su di te. Viviamo in tempi difficili e io ed Enrico non facciamo un lavoro indispensabile per l’umanità, eppure i mezzi per andare avanti non sono mai mancati, perché non è mai mancato il lavoro. Le cose da fare non mancano quando ami quello che fai. I continui mutamenti di ciò che accade nel mondo intorno a te non possono scuoterti se dentro di te, nella tua famiglia, nelle cose che ami, rimane costantemente alimentata una vivida fiamma d’amore. Per questo motivo non dare ascolto a chi pensa che non valga la pena essere qui, ora. Non hanno né ragione né torto: il loro pensiero è semplicemente ininfluente per noi e per te. Ad ognuno la sua verità. La nostra verità è che ti vorremmo qui con noi.

Vorrei che io e il mio compagno ti insegnassimo tutto quello che sappiamo. Vorrei che imparassi ad amare tutto ciò che ti è caro e a non fare del male a nessuno, partendo dagli animali ma estendendo il concetto al mondo intero. Il giorno in cui io ed Enrico diventeremo vecchi e non riusciremo più a badare a noi stessi, vorrei che ci fossi tu a portare avanti quanto di buono abbiamo provato a costruire, e se non vorrai farlo non importa. Ad ognuno il suo. Farai ciò che attraverso di te sarà più utile per il mondo.

E qui viene la parte più difficile di tutta questa lettera che ho scritto per te. Devi sapere che esiste la possibilità che tu nasca ma che io non superi la gravidanza: il mio corpo, anche se da fuori può non sembrare, è molto compromesso e mi è stato sconsigliato di provare a fare ciò che sto per fare. Ma senza di te i miei giorni, per quanto belli e sereni, sarebbero soltanto una continua ripetizione. Non ci sarebbe niente di nuovo se non l’alternanza delle stagioni, che però ciclicamente si ripetono sempre uguali, e l’arrivo di nuovi cuccioli, che per quanto diversi tra loro non possono dare alle nostre vite di futuri genitori ciò che può dare l’arrivo di un cucciolo di uomo. La serenità che ho imparato ad avere, negli anni, e che è rimasta con me fino a poco tempo fa ormai è stata scossa per sempre. E’ cambiato qualcosa al mio interno ed ora vorrei che fossi qui con me e con tuo padre. Se così non può essere, posso considerare completato il mio percorso di vita, senza rimpianto alcuno se non quello di non aver insistito molto di più per averti. Ma, credimi, le condizioni erano parecchio avverse. Sii clemente e concedimi questa attenuante per non averci provato prima, quando sarebbe stato più semplice, forse. O forse semplicemente non era il momento giusto.

Se, ovunque tu sia, dopo aver letto questa lettera deciderai di venire qui, sarai il benvenuto e ti prometto che l’universo intero ti manderà triplicato l’amore che metterai nel fare qualsiasi cosa. Non è indispensabile la mia presenza nella tua vita: se nascerai da me, saprai che io sarò sempre dentro di te anche se non ci sarò fisicamente. Ho risolto tutto ciò che dipendeva da me. Posso andarmene da un momento all’altro senza rimpianti: l’unico mio rimpianto sarebbe sapere che non hai voluto o potuto portare avanti l’amore che abbiamo preparato qui per te in questo luogo accogliente. Tutto l’universo obbedisce all’amore e io all’amore chiedo di portarti qui a provare, tu stesso, che l’umanità non merita di estinguersi ma di andare avanti, in modo diverso e nuovo, dando ascolto più alla speranza che alla paura. Il mondo può essere salvato dal cuore delle persone come noi.

Ti amo.

Tua mamma, se lo vorrai.

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