martedì 4 luglio 2017

Antonio Marco Miotti - Lawrence

Lawrence si svegliò in una camera diversa dalla sua. Gli arredi erano quasi identici, ma cambiava decisamente il colore delle pareti. Pensò che non doveva essersi spostato dal proprio albergo; al massimo aveva cambiato piano. Subito dopo si rese conto che all’altra parte del letto riposava una donna bionda, giovane e piacente, molto piacente. 


Gli diceva anche qualcosa, ma per ricordare di più avrebbe dovuto impegnarsi, e invece in quel momento voleva solo pisciare e trangugiare un sorso d’acqua. Di sonno non ne aveva più. Accese la TV e girò tra i canali fino a quando non gli capitò sotto mano “L’amore e il sangue” di Paul Verhoven . A quel punto i suoi problemi erano finiti : amava quel film (l’aveva visto solo un’altra volta ma lo sentiva già suo) e da sempre nutriva un debole per Rutger Hauer.  Certo, il tipo si era lasciato coinvolgere anche in qualche filmaccio, ma restava un personaggio superbamente sghembo ed anomalo, o almeno lo erano le parti in cui recitava, e per questo lo apprezzava. Anche Jennifer Jason Leigh gli piaceva : di sicuro non una bellezza convenzionale, ma comunque capace di trasmettere quel “non so che”.  Peccato che in quella pellicola non portasse il proprio colore naturale di capelli.

Nel frattempo la sua compagna di letto stava iniziando a svegliarsi.  Non sapeva bene  cosa dirle, ma non era un problema. Improvvisò come al solito, e come al solito andò bene. Anche lei si appassionò alla proiezione. Al termine del film decisero di fare colazione, ovvero pranzo, data l’ora. Scesero al bar che stava di fronte all’albergo ed ordinarono due club sandwich. Lawrence bevve una Corona; Zelda prese invece un Long Beach, e acquistò un milione di punti ai suoi occhi. 
Zelda.  Si, d’un tratto si era ricordato il suo nome. Caspita se le piaceva. La solita infatuazione ?   Può darsi.
Squillò il telefono:
«Lawrence, come va ? Tutto Bene ?» 
«Tutto a posto, Max.»
«Senti, ti ricordi che alle tre hai l’intervista con “ Circus ” ?» 
«Cazzo, certo che me lo ricordo ! ». Ma ovviamente non era vero...
«Carissima Zelda, è subentrata una complicazione: tra mezz’ora devo essere in centro per un’intervista..»  
 «Ah, cavoli ! Mi dispiace.»
 «Anche a me. Ma dì un po’ ,  stasera cosa fai ?  Ti va se ci vediamo?»
«Direi che si può fare, però te ne dò conferma tra un paio d’ore, ok ?  Tra l’altro proprio oggi cambio albergo. Ci mettono tutti al St. Regis, a due isolati da qui, perché dobbiamo girare delle scene al suo interno e la produzione si è fatta abbonare il pernottamento di tutta la troupe.»
«Ma pensa un po’. Beh, allora ti lascio il mio numero e ci riaggiorniamo.»
«Me l’hai già dato stanotte, Lawrence…»
«Ah…» .

Era in ritardo di venti minuti per l’intervista, ma in altre occasioni aveva fatto molto peggio.
CIRCUS : «Anche per questo disco avete scelto di registrare in analogico. E’ una modalità che sentite più consona al vostro stile ?»
LAWRENCE B. TRENT : «Non so se sia una questione di stile.  Il nastro regala sicuramente un suono  più caldo e questo è un aspetto che apprezziamo moltissimo. Un orecchio esperto coglie subito la differenza tra i due tipi di registrazione, ma anche chi è meno allenato, istintivamente sentirà qualcosa di più “vivo” in un prodotto registrato in analogico.
Poi è chiaro che il nostro genere si presta molto ad un simile tipo di approccio.
Se facessimo musica dance o trip hop, una strada simile avrebbe sicuramente meno senso…»
CIRCUS : «L’avere registrato a Nashville ha influenzato il disco ?  Personalmente, sapendo che avete fatto una pre-produzione del materiale quando ancora eravate a Des Moines,  credo che  lo spirito dell’album ci fosse già tutto, o quasi.»
LAWRENCE B. TRENT : «Sai, è vero che i brani erano già stati ben lavorati, però durante la registrazione definitiva ci è capitato di ritoccare diverse cose. E non escludo che ciò sia avvenuto per l’aria satura di blues che ci siamo trovati a respirare. Nashville è un posto fantastico. Ogni sera, finite le sessioni di registrazione ci fiondavamo in questo o in
quell’ altro locale a rifarci le orecchie.  C’è anche gente che suona per le strade, e forse è proprio lì che ho sentito le cose più interessanti.»
La conversazione proseguì all’incirca per altri dieci minuti, poi l’intervistatore fu soddisfatto,  al pari di Lawrence. 

Prima di rientrare in albergo il musicista si fermò a far scorta di Marlboro Rosse e gomme da masticare. Il cassiere lo riconobbe e, dopo avergli fatto i complimenti per l’ultimo album, chiese se poteva avere un autografo, che fu prontamente firmato
Quando un tipo all’apparenza in gamba ed “alternativo” mostrava di apprezzare la sua band, Lawrence si sentiva enstusiasta. Pur desiderando che la loro musica raggiungesse più persone possibili, continuava ad attribuire la priorità ai fruitori più preparati, quelli realmente in grado di distinguere tra lavori di qualità e prodotti “ruffiani”.
Una volta in camera si mise a leggere una copia di “Spin” del mese prima, di cui tra una cosa e l’altra aveva assaporato solo un paio di pagine.
Alle cinque passò a trovarlo Julian.
«Ecco il mio batterista preferito. » 
«Vecchio zozzone, come stai ?  E dove ti abbiamo perso stanotte ?»
«Sono andato via con quell’attrice, Zelda.  E da cosa nasce cosa…»
«Bravo, così si fa ! » 
«Eh, si...  E a voi com’ è andata ?»
«Allora, devi sapere che l’ Olandese ha tirato fuori questa coca devastante che ci ha scompaginato un po’ i piani, regalandoci però una nottata portentosa.
Senti, lo so che è prestino, però vorrei veramente fartela assaggiare. Cosa ne pensi ? »
«Oddio, si può anche fare, ma prima beviamoci almeno una birra...»
«Per forza, amico mio !  Vuoi che andiamo giù  al bar ?»
«Si,  dai :  scendiamo un attimo e poi torniamo su .»




AL BAR DELL’ ALBERGO

«... Fino a che ora siete rimasti al club ?»
«Credo fossero più o meno le quattro. Poi ci siamo spostati in camera di Hector .» 
«E’ salito anche l’ Olandese ?»
«Si, ma tecnicamente non è mai entrato: si è fermato con una tizia sui divanetti del corridoio.  Quando siamo usciti non c’erano più...»
«Pero’ .  Il ragazzo non perde tempo !  Ma dimmi, cambiando discorso,  per quanti giorni è che restiamo ancora qui ?»
«Dunque, fammi pensare…  Suoniamo domani, giovedì e venerdì;  sabato siamo a quella trasmissione su “Everglade Channel”; domenica giorno off, e lunedì si parte per Cherleston.»
«Mmmhh…   E domani siamo da soli o dividiamo il palco con altri ?»
«Eh, questa è una bella domanda. Non ne ho la più pallida idea .»

Prima di risalire si presero una bottiglia di Martini e un’ altra di Jameson.

IN CAMERA

«Inizio a sentire qualcosa, e direi che me ne compiaccio. Si, carissimo, me ne compiaccio assai .»
«Ragazzo mio, aspetta che salga un po’ di più e  vedrai.  Galopperemo !»
«Ma si : all’assalto della carovana ! ....   A proposito, “Olanda” ci segue fino a Charleston o si ferma qui ?»
«Ha detto che resta con noi almeno fino a metà del tour .»
«Fantastico.  Ehi, guarda quanta gente c’è in strada a quest’ora !»
«Hai ragione. Credo che nei festivi sia addirittura chiusa al traffico per agevolare lo shopping.»
«Jules, cosa dici se ai prossimi concerti inseriamo un paio di pezzi dell’EP d’esordio ?» «Dico che sarebbe bello. Però bisognerebbe dare ad Hector il tempo di impararli.»
«Certo. Io gli ho già accennato il discorso e mi pare che abbia  iniziato a tirarsi fuori le parti.»
«Ottimo. Allora lunedì proviamo a farne uno durante il sound-check. Hai avvisato anche Gustav ?»
«Si. Anche lui è assolutamente d’accordo.  Nel Martini ci vuoi ghiaccio ?»
«Un cubo, grazie. Hai già in mente un brano in particolare ?»
«Pensavo a “1984” .»
«Eeeh !  Direi proprio che possiamo partire da quello.»

Sniffarono altre quattro o cinque righe a testa, per poi spostarsi al Bounty Killer, un locale situtato ad un centinaio di metri dall’ albergo.

AL BOUNTY K.
Chitarrista e batterista si misero a sedere sui tavoli all’aperto, affacciati su un affollato marciapiede. Ordinarono due calici di champagne, quello economico da “medie occasioni”, che però si lasciava gustare.
La conversazione si susseguiva frenetica, in linea con l’effetto della coca. Ciascuno parlava con grande piacere, talvolta faticando a comprendere quanto realmente dicesse l’altro o dimenticando dove egli stesso volesse finire a parare.  Attaccarono anche bottone con un paio di ragazze, ma erano troppo su di giri e in capo a cinque minuti finirono per perdere interesse. Quando nell’aria echeggiò un riff di chitarra di ascendenza zeppeliniana, le abbandonarono letteralmente al tavolo, con i loro drink appena offerti.  All’interno del bar accanto, in una piccola e buia sala semi-aperta, una band di capelloni si preparava per l’esibizione notturna. I due amici si erano catapultati lì .
«Non male questi, eh ?»
«Si,  son belli energici.  E fanno parti molto carine.»
Anche il cantante ottenne la loro approvazione, e non tardarono a manifestargliela di persona quando una decina di minuti più tardi il gruppo ebbe finito le prove. Partì ovviamente un giro di birre e si gettarono le basi per un gemellaggio musicale.

Verso le sei chiamò Zelda:
«Stasera sono libera. E’ ancora valida quella proposta di rendez-vous ?»
«Sicuro ! Vuoi che ci troviamo direttamente per cena ?»
«Mi sembra un’ ottima idea. Dove ci incontriamo ?»
«Vengo a prenderti io. Se non ricordo male stai al St. Regis.  Ti aspetto per le otto giù nella hall.  Ok ?»
«Aggiudicato. Allora a più tardi.»
«Ahh, sicchè ci abbandoni anche stasera !» disse con un sorridente rimprovero Julian.
«Eh, credo di si. Ma ad una certa ora potrei/potremo anche raggiungervi.
Dai, due vodke e poi rientro per prepararmi.»

HOTEL ST. REGIS  [ HALL ]
«Zelda, che  piacere rivederti !»
Era bellissima. E indossava una giacca in pelle verde che era la fine del mondo.
«Ciao caro ! E’ tanto che aspetti ?»
«Appena arrivato. Come ritardatario me la cavo anch’io… »
«Allora, dove eravamo rimasti ?» sussurrò Zelda mentre gli si avvicinava in maniera accattivante [si erano seduti su un divano] .
«Beh, eravamo rimasti… »  ma fu interrotto da un focoso abbraccio da parte della ragazza, che culminò in un bacio appassionato.




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