17
febbraio
Oggi è un giorno meraviglioso. Tu
sei meraviglioso.
La vita mi inonda quando mi guardi
negli occhi con il tuo mezzo sorriso e le tue mani leggere e decise sui miei
fianchi mi appoggiano alla parete. La mia schiena tocca le piastrelle ed è
attraversata da un brivido di eccitazione proibita mentre mi baci proprio qui,
tra le mura di questo bagno stretto che ci proteggono dagli sguardi indiscreti
dei colleghi.
Sento il profumo dei tuoi capelli
mentre le tue mani e la tua bocca percorrono il mio corpo. Ti soffermi un
attimo, incantato dal mio piccolo sole tatuato; la mia mano trema sfiorando la
chiave di violino disegnata sulla tua schiena. Sei dentro di me, il tempo si
ferma ed esistiamo solo noi, vibranti all’unisono in un unico corpo.
Poi restiamo stretti l’uno
all’altro, cercando di calmare il ritmo forsennato del cuore e del respiro,
increduli e perfetti per un attimo in un mondo immobile e imperfetto.
20
febbraio
Sono felice, felice, felice.
La felicità si nasconde in cose
piccole, in luoghi ovvi, dove non ci viene neanche in mente di cercare, sotto
forma di un fine scintillio frizzante, una marea inaspettata, una vibrazione
sulla lunghezza d’onda giusta.
E basta poco per frizzare: l’alba,
una giornata invernale di sole con il sapore della primavera, un bacio rubato
profumato di mela e caffè.
21
febbraio
La tua casa è come te, calda e
piena di polvere e sogni.
È così facile per noi spogliarci
dei vestiti; arduo, invece, mostrare nuda la nostra anima, che abbiamo sepolto
dietro muri d’acciaio per impedire che venga ferita ancora. Lentamente scopro
il tuo corpo e mi innamoro di ogni centimetro della tua pelle. Facciamo l’amore
ancora e ancora, come volendo recuperare in poche ore gli anni trascorsi l’uno
senza l’altro. Ci sentiamo protetti dalla notte che corre veloce.
Ti vedo, divina opera d’arte, in
piedi al centro della stanza, di spalle, illuminato di traverso dalla luce del
bagno dimenticata accesa. Vedo i tuoi ricci indomabili, le tue spalle forti,
vedo parole di inchiostro che ti abbracciano il petto e si muovono con il tuo
respiro. Ti volti e sorridi, ma è un riso amaro quello che ti piega le labbra
mentre mi mostri un lembo della tua anima. C’è rammarico nelle tue parole, c’è
la determinazione di vincere e di arrivare in alto per riscattare e guarire le
ferite subite. Si dice che, se scruti dentro l’abisso, l’abisso scruta dentro
di te; ed è così che la tua anima si insinua sotto la mia pelle senza che io
possa fermarla. E all’improvviso ti accorgi che stai perdendo il controllo
della tua vita e della tua anima. Forse mi hai mostrato troppo, forse hai visto
troppo di me, forse non sei abituato a sentire l’armonia di cui risuoniamo ora.
Sei ancora vicino a me ma sento che ti dibatti e scappi, ti allontani correndo
mentre scivoliamo nel sonno.
È notte e io
ascolto il tuo respiro profondo e regolare. Sento, violenta, la paura di non
poterlo più ascoltare, la paura della tua paura, la paura di trovarsi a lottare
contro fantasmi perfetti, essendo così imperfetta. E respiro quello che ormai è
un ricordo di respiro, raccogliendo le energie per proseguire, al buio, sul
filo del rasoio.
3
marzo
Dove sei finito, ossigeno puro che
mi mantiene in vita? Dov’è finita la condivisione profonda di corpo e anima?
Ti ho incontrato per caso oggi. Non
mi hai salutato, non mi hai nemmeno guardato negli occhi. Non sono sicura
dell’esattezza delle mie percezioni, sento troppo me stessa quando tu mi sei
vicino; però oggi ho sentito la paura, e non era mia. Quando ti sento debole mi
sento forte. Non è cattiveria, è che non sono più sola con il mio sentimento
grandissimo e mi torna la forza di respingere il panico. Torna anche la rabbia
per un rifiuto, per un silenzio che non capisco. La rabbia e la forza non mi
rendono felice, ma mi aiutano a sentirmi meno triste. Però verso sera mi sento
più stanca e, nel silenzio, i pensieri sembrano gridare di più. E mi tornano in
mente le tue parole e le cose che amo di te, e il tuo corpo si disegna ancora
nitido nei miei occhi. E non voglio spiegazioni, non voglio nient’altro che
tornare indietro e avere ancora la tua pelle sulla mia e il tuo odore intorno.
Vorrei solo poter ancora credere alle parole che ricordo. Vorrei solo sentire
che ci sei. Ma questa notte cammino da sola.
5
marzo
Piove forte su Novara.
Ti prenderei per mano e camminerei
con te fino in capo al mondo sotto questa pioggia. Ti abbraccerei mentre i
nostri capelli si bagnano. Mi basterebbe poterti guardare, con i tuoi occhi a
pochi centimetri dai miei occhi. Ancora una volta mi basterebbe sentire che ci
sei. Invece sei così dannatamente lontano, e sotto questa pioggia di nuovo
cammino da sola.
8
marzo
Fortunatamente mi restano le
amiche, che mi indicano una via e mi danno speranza. Traggo da lì la forza in
attesa di tuoi cenni.
Però il venerdì pomeriggio e il
ricordo di te sono un tutt’uno. Forse è solo la stanchezza della settimana, o
la relativa solitudine, o il weekend che inizia senza un tuo sorriso, o
l’effetto della sera. Ma sospetto che il ricordo sia legato proprio a questi
corridoi semideserti, alle luci spente negli uffici, a questa atmosfera abbandonata e notturna, la stessa che si respirava
quando ci incontravamo di nascosto e mi prendevi un bacio tra un sorso di caffè
e l’altro.
11
marzo
Oggi ti vedo nuotare per la prima
volta. Il tuo delfino è una poesia non scritta che ad ogni bracciata svela un
nuovo verso. Nessun sogno può eguagliare la visione di te, seduto a bordo
vasca, la tua pelle lucente di gocce e lo sguardo perso nel vuoto. Vorrei
essere blu e mimetizzarmi con l’acqua, per spiarti non vista. Mi rendo conto di
nuotare con rabbia, ma non so se è rivolta contro di te che sei meraviglioso e
lontanissimo, o contro di me che continuo a desiderarti così intensamente.
15
marzo
Il tuo rifiuto mi colpisce allo
stomaco. Credimi, non è una metafora se ti dico che non riesco più a respirare.
17
marzo
Un mese dopo sono seduta sul
pavimento, in questo bagno dove tutto è cominciato.
E tu sei con me, finalmente.
Non sono più felice, il cuore è
spezzato e mi fa ancora male; ma ora anche il tuo è spezzato e mi tieni
compagnia nel dolore.
Mi sembra di sentire la tua voce,
un suono più flebile di un respiro. Mi stai chiedendo perdono per avermi
ferita? O forse stai pregando, tu che non hai mai creduto in nulla? Mi chino su
di te ma troppo tardi, hai già smesso di mormorare. La luce nei tuoi occhi si
spegne lentamente. È una lacrima quella che ti riga il volto? Il tuo sangue
continua a scorrere dalle ferite di coltello. Una scia scarlatta scorre sulle
piastrelle fredde verso l’esterno.
Poso la testa sul tuo petto, umido e appiccicoso. Aspetto. So che tra
poco verranno a prendermi; ma tu sei con me ora ed io non ho più paura.
Finalmente respiro di nuovo.
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