Nelle campagne di Cavallirio c’era una farfallina.
Non particolarmente bella nè grande nè fornita di colori
sgargianti che la rendessero immediatamente attraente agli occhi di tutti,
diciamo che era una cavolaia, una di quelle farfalle che si vedono (o quanto
meno si dovrebbero vedere) spesso e volentieri nei nostri campi come parte
fissa del panorama in tutte le stagioni non appena un briciolo di sole riesce a
perforare la tristezza delle nubi gravide di pioggia.
Questa farfallina, così comune a tutte le altre, aveva una
particolarità: era la regina-guardiana di tutte le farfalle del mondo. Ed era
particolarmente triste: ogni tanto piangeva, di nascosto, perchè non poteva
farsi vedere dalle altre e il suo pianto nascondeva la sua amarezza nel vedere
che le farfalle, tutte le farfalle, stavano morendo, come soldatini mandati
allo sbaraglio da un generale incosciente.
La colpa di tutto era l’inquinamento, ma quello era,
chiamiamolo così, l’arma assassina; il condottiero invece era l’uomo, con il
suo progresso pazzo e incontrollato e il suo egoismo. La farfallina piangeva
vedendo le sorelle morenti, intossicate dai fumi dei gas di scarico delle
autovetture oppure soffocate dalla massa dei rifiuti che l’uomo gettava in ogni
dove, avvelenando le acque di ogni fontana e le erbe di ogni prato.
Piangeva e non sapeva cosa fare.
Dopo tanti pianti la farfallina si decise e telefonò alla
Dea delle Farfalle che abitava lassù nel cielo dove andavano tutte le farfalle
buone dopo la loro breve stagione in terra tra i fiori e i colori dell’estate.
“Che cosa devo fare, oh Dea, aiutami tu; tutte le farfalle
stanno morendo: la poesia è soffocata dai rifiuti, l’erba è uccisa dal cemento,
la plastica si attacca alle zampe, alle antenne. Oh Dea, tu che puoi tutto
aiutaci”.
“farfallina triste, anch’io nel mio regno di velluto, dove
le nubi sono fiocchi di cotone, vi vedo soffrire e morire a centinaia, a
migliaia e non posso farci niente.
L’uomo ha un suo dio, un dio potente ed egoista che non ascolta la voce, la piccola
voce della Dea Farfalla. Non posso combatterlo, cercherò ancora una volta di
impietosirlo”
E così fece. Caso strano, quella volta il dio dell’uomo
presto orecchio alla Dea Farfalla.
Forse perchè era nel suo periodo verde, quello della
speranza. Dovete sapere che il dio dell’Uomo era un personaggio mutevole che
cambiava colore in base all’umore del momento. Rosso di fuoco, quando la sua
ira costringeva gli uomini a farsi guerra, distruggendo ogni cosa.
Grigio-acciaio quando voleva che i gas di scarico avvelenassero l’ambiente. E
così via. Il verde era l’unico colore tranquillo, quello della speranza e
(forse) del rimorso.
Così lo trovò la Dea Farfalla quando gli raccontò delle
preghiere e dei pianti della farfallina triste. “Uhm, uhm” disse scuotendo il
capo e riflettendo tra sè e sè il dio dell’Uomo “È ora di porre rimedio.
Mandami domani la tua farfallina e vedrò cosa fare”.
Così detto, si ritirò nella sua officina e cominciò a
trafficare. Il giorno dopo la farfallina, un poco intimorita, si presentò alla
corte del dio dell’Uomo.
“Bene, bene, eccoti arrivata. Ho giusto qualcosa per te:
prendi questo barattolo di polvere. Basta che tu ne metta un pizzico su ogni
fiore e ogni uomo che l’annuserà ne morirà. Non avrà invece nessun effetto su
tutti gli altri animali”.
Lì per lì la farfallina fu molto contenta e ritornò nelle
campagne di Cavallirio col suo barattolo di polvere. Ma non appena giunta a
casa, cominciò a riflettere: “Se io metto questa polvere sui fiori, gli uomini
che l’annuseranno moriranno, ma gli uomini che annusano i fiori sono quelli che
hanno nel cuore ancora un po’ di poesia. Forse sono quelli che amano le
farfalle”.
E la farfallina ritornò di corsa dal dio dell’Uomo: “Grazie
per il tuo dono, ma non posso accettarlo, è troppo crudele. Preferisco che
muoiano le piccole farfalle; ognuno di loro è un piccolo pezzo di poesia che
rimarrà come rimorso nel cuore di un uomo sensibile e sarà viva nei colori
della sua fantasia. Il tuo dono invece farebbe morire tutti coloro che hanno
ancora sentimenti. Grazie, ma non posso”.
E la farfallina ritornò triste laggiù nelle campagne di Cavallirio, tra
un sacchetto di plastica dimenticato e una ruota di gomma abbandonata.
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