A rimanere a casa lo scorso fine settimana avremmo evitato
di girovagare sulle sponde del Lago Maggiore sotto la pioggia; rinunciando a
una gita in camper con le previsioni avverse ci saremmo risparmiati di
inzupparci le scarpe e i piedi e avremmo scampato un quasi sicuro raffreddore.
Ma questo non sarebbe accaduto se a Capodanno di 11 anni fa
mio marito e il suo amico non si fossero seduti a un tavolo, ancora ebbri per i
postumi del brindisi di mezzanotte, a disquisire del rispettivo desiderio di
guadagnarsi la libertà di trascorrere le vacanze in movimento, dando il via ad
una stagione di vagabondaggi estivi e incursioni invernali su e giù per lo
stivale italico e oltre, via via campeggiando.
...A non aver acquistato una casa su ruote sarei
probabilmente ancora qui a vagheggiare di poter visitare le due città più belle
del mondo: Roma e Venezia, che a quarant'anni ormai scoccati ancora non
conoscevo a causa di una decisione cruciale. Erano i primi mesi del 1983 e la
mia condizione di studentessa si trovava ad un trivio: la classe era divisa tra
chi voleva andare in gita sul Tevere e chi sul Canal Grande; oltre alla
difficoltà di dover scegliere con quali amici stare e quali tradire, avevo un
altro cruccio: il mio fidanzato stava svolgendo il servizio militare ed ero
SI-CU-RA che, semmai fossi partita per la gita, avrebbe ottenuto una delle sue
rarissime licenze proprio in quei giorni. Così comunicai salomonicamente ai
miei compagni che non mi sarei unita all'una né all'altra parte e rimasi
stoicamente a casa a immaginare i due gruppi di amici girovagare per calli e
vie consolari, consolata peraltro ampiamente dal fatto che, effettivamente, il
mio ragazzo ebbe un permesso proprio in quei giorni!
Non prendendo quella decisione, non avrei dovuto attendere
20 anni e oltre per colmare i miei incredibili buchi di cultura; ma di quella
scelta vado fiera ancora oggi, per essermi “sacrificata” pur di non dover
preferire alcuni amici agli altri. Dell'aver taciuto loro della licenza del mio
boy-friend, spero di poter essere perdonata...
...Solo un'altra volta ero stata vicina alla città lagunare
e l'avrei potuta visitare casomai l'auto sportiva degli zii che mi avevano
accompagnato in vacanza sulla costa veneta quando avevo appena dieci anni
avesse imboccato, passandogli accanto, il ponte della Libertà, che invece
lasciammo alle nostre spalle, insieme alla mia opportunità di sbarcare a
Venezia...
...A non essere fanatica di Renato Zero non sarei invece
probabilmente rimasta ammaliata in modo tanto coinvolgente dalla Capitale che,
raggiunto finalmente il capolinea della via Aurelia, percorsi in lungo e in
largo diverse volte, come a voler recuperare il tempo perduto e “assorbire”
ogni monumento, anche il più disdegnato dalla massa, per sentirlo mio fino in
fondo. L'adorata Città Eterna... come sarei oggi semmai non fossi salita sul
Cupolone, se non avessi acquistato quel piccolo rosario sul tetto della
basilica michelangiolesca, ancorché non avessi pregato davanti alla tomba di
quel Papa, che già una volta nella vita mi era stato tanto vicino e non avevo
colto l'occasione unica di strappargli un sorriso, uno sguardo sfuggevole...
...Bisogna tornare agli anni '80; ero una liceale un po'
irrequieta, agitata e polemica in quanto, per via della mia origine operaia,
ero decisamente svantaggiata sui miei compagni appartenenti a famiglie
facoltose; se penso a perché decisi di ignorare l'eccezionale visita di Wojtyla
alla mia remota valle e al suo prezioso Sacro Monte, realizzo che magari sarei
andata nel caso in cui mio padre non avesse deciso di recarvisi a sua volta; fu
un moto di anticonformismo o di giovanile disobbedienza ai genitori a tenermi
lontana da quel Papa che, negli anni successivi, avrei profondamente amato;
sebbene il mio sia stato un normale gesto di ribellione alle convenzioni e al
volere genitoriale, l'aver rinunciato alla benedizione di Giovanni Paolo II,
quello sì, lo rimpiango ancor oggi.
Non posso dire come sarebbe cambiata la mia vita qualora
quell'incontro fosse avvenuto, ma so di aver pregato con grande angoscia nel
momento della sua scomparsa. Pregai con fervore anche quel giorno, davanti alla
sua semplice lapide in San Pietro, che sapevo contenere quell'altrettanto
sobria bara di legno chiaro e liscio che tutti abbiamo visto sui gradini della
piazza vaticana, col Vangelo aperto e sfogliato dal vento d'aprile.
In quei momenti mi sentii pervadere da una grande pace:
nonostante mi ritenessi inadeguata in tante situazioni, per una volta intuivo
di custodire nella mia mente un pensiero appropriato: voler concludere la mia
esistenza terrena nel modo più essenziale possibile è quello che ho sempre
affermato con forza; e poiché anche il Beato Karol aveva voluto così per sé,
allora – perdinci - mi sentivo un po' “beata” anch'io! E, rafforzata da questa
mia modestissima presunzione, ringrazio il mio Papa, per avermi dato la sua
benedizione e un po' di fiducia in me stessa...
...A non essere così insicura, forse, nelle mie vacanze
romane avrei osato qualcosa in più: dopo anni e anni di passione sfrenata per
il “mio” Renato, avendo conosciuto e interagito per via postale prima, nella
“rete” poi, con decine e decine di sorcini e zerofolli, essendo abilmente
riuscita a carpire loro ogni tipo di informazione sulla vita del personaggio
(puro interesse professionale, sia chiaro...), ero finalmente approdata nella
via dove sapevo egli abitava; ma davanti al suo portone non ebbi il coraggio di
fermarmi in attesa di una sua comparsa. Vergogna: questo il sentimento che
provavo mentre calpestavo col mio piede profano ogni sanpietrino su cui LUI
posava ogni giorno il suo amatissimo (da me) plantare! Quante volte sarà
entrato nel negozio di marca situato proprio davanti al suo portone...”Ehi, ma
quel marchio... quell'azienda si trova a pochissimi chilometri da casa mia!”,
pensavo nella mia sconclusionata esagitazione. “Devo farglielo sapere! Lo fermo
e gli dico: tu fai acquisti qui, vero?”. E lui: “Sì, perché?”. “Perché io abito
a pochi passi da lì, da dove provengono le tue impalpabili sciarpe, i tuoi
morbidissimi maglioni di cachemire, i pregiatissimi cappotti che io posso solo
permettermi di ammirare in vetrina e su di te!”...
Si fosse veramente svolto questo dialogo, lui si sarebbe
certamente fatto una bella risata, e io sarei stata felice... per poi
sprofondare nelle catacombe per l'imbarazzo.
Da quando vidi quel negozio nel centro di Roma, ogni volta
che un camion dell'azienda passa davanti a casa mia immagino che porti i suoi
capi proprio lì, e che lui entri, li guardi, li tocchi con le sue mani
d'artista e li scelga; e io vorrei balzare sul mezzo in corsa e camuffarmi tra
la lana pregiata che trasporta, semmai servisse a incontrarlo!
Esagero se dico che le coincidenze più impensabili possono
condizionare indelebilmente la nostra vita?
...A essere meno diffidente nei confronti del fato e meno
timorosa dell'influenza del caso nelle vicende umane, forse non sarei rimasta
alzata fino a notte fonda il 3 marzo 1990, per scoprire chi avrebbe vinto il
Festival di Sanremo... Non ci sarebbe stato nulla di strano se non fosse stata
la vigilia del mio matrimonio, e proprio quella sera non fosse stato sul punto di concretizzarsi il
successo annunciato dei Pooh. In quel periodo avevo cambiato preferenze
musicali per ripicca: poiché Renato Zero si era reso colpevole di aver
interpretato un brano in inglese senza preavviso, tradendo il mio -
musicalmente parlando - patriottico cuore, avevo trovato conforto
nell'affascinante cantante dagli straordinari occhi azzurri Roby Facchinetti. Non
potevo perdermi il momento della proclamazione del vincitore del Festival: data
la straordinaria concomitanza di date, mi tormentava un dubbio: come si sarebbe
evoluto il mio ménage matrimoniale nel caso in cui non avessi assistito a quel
trionfo?!...
...Ma quanti episodi tornano alla memoria, lasciando vagare
la mente in un pomeriggio di sole; apparentemente slegati, sconnessi,
disgiunti; in realtà, sono convinta che ogni singolo giorno della nostra vita
sia intrecciato agli altri come in una più o meno lunga catenella
all'uncinetto...
...L'uncinetto lo preferisco decisamente ai ferri da maglia;
rivangando nel passato alla ricerca del perché intravvedo una possibile
spiegazione in un ben preciso periodo della seconda media.
Ora di applicazioni tecniche: i ragazzi lavorano di traforo
e noi ragazze alle prese con aghi da calza e gomitoli. Detestavo questa
distinzione sessista: scuola mista ma nelle ore di tecnica due insegnanti
diversi, maschio per i maschi, femmina per le femmine, aule separate, attività
differenti: mi veniva l'orticaria a dover svolgere certi lavori da brava futura
donna di casa.
“Ah si? Se proprio devo confezionare una sciarpa ai ferri,
ti farò vedere io di cosa sono capace!”, cospiravo all'indirizzo della
professoressa. Io, che non amavo vestire in modo appariscente, acquistai
gomitoli rossi, gialli, rosa e azzurri e realizzai una sciarpina a larghe
strisce multicolori che, se le attuali norme di sicurezza stradale fossero
state applicate allora, avrebbe potuto essere utilizzata al posto dei giubbotti
fluorescenti in autostrada...
“Non sembra neanche una cosa fatta da te”: poiché questo fu
il commento dell'insegnante, esultai per aver raggiunto il mio obiettivo e
ottenuto soddisfazione: la sciarpa colorata fece bella mostra di sé al mio
collo per il resto della scuola media poi, cambiate le mode e non dovendo più
dimostrare nulla a un sistema scolastico maschilista, la sua calda lana divenne
parte di una voluminosa coperta fatta a mano, che ancora oggi viaggia con noi,
stipata in uno degli angusti armadietti del nostro camper.
...Già, lo stesso camper col quale lo scorso fine settimana
abbiamo preso l'acqua al lago; il teporoso manufatto è sempre pronto a rendersi
utile quando, caricati figli e bagagli si parte ignorando le previsioni avverse,
rischiando di infradiciarci le scarpe e i piedi e di procurarci quasi sicuri
raffreddori...
...Ma non ho già parlato di altre piogge e altre
infreddature? Temo che questo giro di catenella si stia chiudendo; occorrerà
iniziare un altro circolo...
...Potrei raccontare di quando il mio ragazzo ebbe una
licenza dal servizio militare proprio nei giorni in cui i miei compagni di
classe erano in gita chi a Roma, chi a Venezia...ma forse mi vergognerei, come
quando non osai attendere che si aprisse un certo portone in una via del centro
della Capitale; o forse proverei un po' di rimpianto per il tempo fuggito, come
quando non volli incontrare il Papa che si trovava a pochi chilometri da me;
oppure mi ribellerei, se qualcuno mi facesse un appunto maschilista per il
fatto di aver rinunciato alla gita per stare col mio fidanzato; e magari nel
frattempo si metterebbe a piovere, scapperei al riparo, nella foga mi bagnerei
i piedi e comincerei a starnutire...
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