Uscendo dal bar il commissario
Fortunato si prese in faccia l’ aria gelida della serata dicembrina, ma lui sapeva
bene che non gli avrebbe fatto nessun effetto; non era la prima donna che
vedeva con i polsi tagliati e non sarebbe certo stata l’ ultima. Quello che
doveva fare l’ aveva fatto e poteva rientrare in ufficio; sarebbero rimasti i suoi
uomini a fare i rilievi per la burocrazia e il dottore ha studiare i termini medici
giusti per dire che la poverina si era uccisa con le proprie mani nei bagni di
un elegante caffè del centro.
Lui adesso doveva fare spazio agli
altri casi e archiviare questo come il solito suicidio senza responsabili;
anche se se lo sapeva bene che da qualche parte sulla faccia della terra doveva
esserci un uomo che era stato il vero motore delle azioni di quella povera
donna, perché c’è sempre un uomo così quando una donna decide di superare l’
ultima barriera dello sconforto. In genere non puoi metterti a fare indagine
specifiche per cercare un fantasma, ma questa volta c’ era qualche elemento in
più; in fondo quella fotografia avrà ben voluto dire qualcosa, perché una non
si ammazza senza motivo tenendo tra le mani la foto di quando era una ragazzina.
Senza dimenticare il racconto dell’ amica sulla vittima appena tornata da una
crociera dove aveva voluto andare da sola, diceva, per rimettere in ordine i
pensieri della sua vita; e doveva esserci riuscita perche la sua amica era
sicura di non averla mai vista così serena e di buon umore come dopo il ritorno
dal viaggio.
Il commissario prese dalla tasca la
bustina trasparente con quell’ immagine un po’ sfuocata e cercò di immaginarsi la
ragazzina della fotografia e la donna dai polsi tagliati in un unico corpo che
cammina sul ponte di una nave da crociera….
Mi sembra che la nave abbia
lasciato il porto solo da pochi minuti e invece già non riesco più a vedere la
costa; non ero mai stata in crociera prima d’ ora e forse devo solo abituarmi
al diverso scorrere del tempo di quando sei in vacanza. Mi stacco dal parapetto
e mi guardo intorno sul ponte; lui non si vede, allora guardo verso l’ ingresso
del salone… ah sì, eccolo! Sta entrando per la cena e come lo vedo scendo di
corsa dalla scala per raggiungere anch’ io i tavoli di quella sala enorme. Mi
hanno sistemato con quattro giovanotti vestiti come Christian De Sica in un
film dei Vanzina e tre ragazze che avranno speso metà del loro patrimonio dal
parrucchiere e l’ altra metà per una scorta industriale di balsamo e fissante
per capelli; penso proprio di essere finita in un tavolo di single che gli
organizzatori hanno deciso di far accoppiare prima che venga il mattino. Cerco
di non farmi notare e per la centesima volta da quando siamo partiti apro la
mia trousse di raso e controllo di non aver dimenticato niente…
-Come mai una giovane e carina come
te va in crociera da sola? Non hai un marito, un fidanzato o anche solo uno
spasimante?-
-Tutti quelli che avevo mi hanno
lasciato per andare in crociera da soli a fare i cascamorti con le donne che
incontrano al loro tavolo!-
E con questo i giovanotti sono
sistemati; adesso devo mettere in riga le signorine che sanno parlare solo di
vacanze a Porto Cervo e di vita notturna nelle discoteche di Milano.
-Non dirmi che non sei mai stata
all’ Hollywood di Milano; la bella gente che trovi lì alle quattro del mattino
non la vedi da nessun altra parte.-
-E tu non dirmi che non sei mai
stata ai Mercati Generali di Torino; la gente che scarica le cassette di frutta
alle quattro del mattino la vedi anche dalle altre parti, ma forse tu hai orari
differenti da loro.-
E adesso che le mie compagne e i
miei compagni di tavolo parlano tra loro ignorando del tutto la mia presenza,
io posso finire con tranquillità il dolce senza smettere di controllare cosa
capita dalla parte opposta della sala.
Poi lo vedo alzarsi, salutare con
eleganza i suoi compagni di tavolo e dirigersi verso il fondo del salone; allora
mi alzo anch’ io facendo cadere il tovagliolo che tenevo sulle ginocchia e saluto
con un grugnito i miei compagni di tavolo.
Lui esce dal salone e io lo seguo
tenendomi a una decina di metri; prende le scale del ponte, sale di un piano e
io sempre dietro. Mi sembra un instancabile camminatore, o forse un anima in
pena, o forse tutte e due le cose. Sale ancora di un piano e sul ponte si
dirige verso prua; io sto controllando a fatica il fiatone che mi è venuto un
po’ per lo sforzo e un po’ per la paura che mi possa vedere. Finalmente si
ferma a guardare l’ acqua nera della notte, appena appoggiato al parapetto che
lo separa dal mare. E’ il mio momento; decido di usare un vecchio e banale trucco
da film che si adatta perfettamente alla finzione della vita di crociera.
-Mi scusi ma a forza di camminare
in questo labirinto devo essermi persa; può essere così gentile da aiutarmi a
ritornare al salone della festa?-
Lui si volta di scatto tra lo
stupito e l’ infastidito; certo che è davvero un bell’ uomo e i capelli sale e
pepe dei suoi sessant’ anni lo rendono ancora più attraente.
-Torni indietro da questo lato e
prenda la prima scala che incontra sulla sinistra; scenda di due piani e vedrà
sulla destra le luci del salone.-
A quel vecchio corso di recitazione
che avevo fatto ai tempi del liceo ho imparato che per piangere basta pensare
con intensità a una situazione di grande impatto emotivo e io non faccio fatica
a farlo.
-La ringrazio e mi scusi se l’ ho
disturbata.-
I miei occhi sono ormai lucidi e
lui non può non notare le lacrime che stanno annacquando il rimmel che avevo
messo con tanta cura prima della cena.
-Si sente bene signorina? Forse è meglio che aspetti un attimo
prima di rientrare nel salone.-
-Non è niente di grave. E’ solo che
forse non è stata una buona idea venire in crociera da sola per lasciarmi alle
spalle i segni di ferite troppo recenti.-
Ormai le lacrime mi attraversano spietate le guance e mi lasciano ridicole
strisciate di rimmel dagli occhi fino al collo; ma l’ importante è aver
scardinato la freddezza di quell’ uomo così affascinante.
-Prenda il mio fazzoletto; non le servirà per le sue ferite recenti, ma almeno
la leverà dall’ imbarazzo di farsi vedere in questo stato da un perfetto
sconosciuto quale io sono per lei.-
Affascinante e gioviale; sono sempre più convinta che sto facendo la cosa
giusta. Adesso lui si presenta e in pochi minuti ho già messo via il fazzoletto
sporco di rimmel che prometto di rendergli nella giornata di domani; si stacca
dal parapetto e mi dice che anche lui è da solo in crociera per lasciarsi alle
spalle delle ferite recenti come le mie e che non è il caso di aggiungere sofferenza
a quella che altri hanno già creato. Parliamo e camminiamo; camminiamo e parliamo.
Restiamo sempre nella parte più periferica della nave perché a me non va di
incontrare gente, di vedere luci, di sentire musica; lui lo ha capito e mi
cammina di fianco come chi vuole proteggerti dai pericoli che ti stanno intorno.
Dopo avere disceso e salito decine di scale esterne della nave, adesso siamo uno
di fronte all’altra in quello che nella mia ignoranza nautica chiamo il piano
terra della nave; alla nostra destra il parapetto ci protegge dal mare e riusciamo
a vedere con chiarezza le onde grazie alla luce generosa che la luna spande
tutto intorno.
-Sono più delle due! Saremo anche in crociera, ma come prima serata direi
che può andare.-
-Se le andasse, domani sarei davvero lieto di pranzare con lei.-
-In questo momento non me
la sento di prendere impegni per la colazione, figuriamoci per il pranzo. Se
vuole però mi lasci il suo numero di cellulare; prometto di chiamarla prima di
mezzogiorno.-
Apro la mia trousse di raso anche se so bene di
non avere dentro né la biro né un foglio di carta, ma tanto lo so che sarà così
premuroso da pensare lui sia al foglio sia alla biro; scrive il numero
sul biglietto e adesso che me lo porge è davvero vicino, mentre i suoi occhi mi
lanciano uno sguardo che sa essere allo stesso tempo paterno e sensuale. Io continuo
ad armeggiare nella trousse, ma sento che ormai ho deciso; la sua faccia mi è
vicina, i suoi occhi mi sono vicini, la
sua bocca mi è vicina…
Mi sveglio che la cabina è illuminata da un sole avanzato; guardo l’ ora
e vedo che è quasi mezzogiorno. I miei vestiti sono buttati alla rinfusa sulla poltrona;
faccio la doccia e mi vesto con una lentezza che non ricordo di avere mai avuto.
Prima di uscire per il pranzo ho ancora un’ incombenza da fare; apro la trousse
e mi assicuro che ci sia ancora la bomboletta spray con l’ etere. Gliene ho fatto
respirare più di metà, come quando continui a spruzzare l’ insetticida sullo
scarafaggio anche se vedi che è già completamente stecchito; d’ altronde per
prenderlo di peso e buttarlo in mare al di là del parapetto non potevo
permettermi che fosse tanto sveglio. Sono anche soddisfatta perché prima che
crollasse ho potuto urlargli nelle orecchie il mio nome in modo che capisse bene
chi ero; poi la luna ha illuminato quel corpo che nel vuoto ha fatto quattro
giri su se stesso prima di sbattere sull’ acqua dura del mare.
Il primo è per tutte le volte che è entrato nel mio letto dicendo che la
mamma era molto contenta che lui mi mettesse le mani dentro le mutandine.
Il secondo è per tutte le volte che è uscito dalla mia stanza per
rientrare nel letto della mamma e fare l’ amore con lei che pensava quanto era
stata fortunata ad aver trovato un uomo così affettuoso dopo un matrimonio tanto disgraziato.
Il terzo è per tutte le volte che si è ripetuto con altre bambine di
dieci anni, figlie di donne vedove o divorziate sedotte da un uomo che quando
si stufava delle figlie non aveva più nessun motivo per restare con le madri.
Il quarto è per tutte le volte che in questi quindici anni ho dovuto
aspettare prima di trovare l’ occasione giusta, perché non vale la pena finire
in galera per aver schiacciato uno scarafaggio e siccome il delitto perfetto
non esiste bisogna avere la pazienza di aspettare l’ occasione buona che nella vita prima o poi arriva, visto che c’
è sempre una giustizia a questo mondo.
-Non vorremmo disturbarti, ma avremmo qualcosa da dirti.-
Ad aspettarmi sul ponte ci sono i quattro giovanotti a scusarsi per il
comportamento alla cena della sera prima e a invitarmi a un aperitivo tutti
insieme prima del pranzo.
-Non volevamo infastidirti con i nostri discorsi insulsi di ieri sera, ma
ci siamo fatte un po’ prendere dal clima di festa che c’ è tutto intorno.-
Anche le tre ragazze nella notte sembrano aver riflettuto sulle regole
della buona creanza e mi chiedono di non mancare all’ aperitivo.
Io accetto le scuse di tutti e do appuntamento ai tavolini del bar tra
qualche minuto; me li lascio alle spalle e vado oltre, nel punto esatto dove
stanotte si è chiusa la prima parte della mia vita. Apro la trousse di raso,
prendo la bomboletta che ho usato da insetticida e la butto lontano tra le onde
del mare; mentre chiudo la cerniera vedo che è rimasto il biglietto dove aveva
scritto il suo numero di telefono. Lo prendo e inizio stracciarlo con ordine e
rigore, in due, in quattro, in otto; poi apro il pugno e i ritagli iniziano a
cadere nel vuoto, oscillando con precisa lentezza. Resto a guardare fino a che
anche l’ ultimo coriandolo non scompare nello strato più profondo dell’ acqua
dura del mare; chiudo la trousse, guardo la ragazzina di quella fotografia che
tengo da vent’ anni nelle mie borsette e quasi senza accorgermene sorrido.
La prima parte della mia vita, quella passata annegando nelle onde molli,
finisce; adesso inizio la seconda, quella che si appoggerà sull’ acqua dura del
mare.
Il commissario Fortunato rimise la bustina trasparente nella tasca e decise
in un momento. La prima parte dell’ indagine, quella passata annegando nelle
onde molli della routine, finisce stasera; domani inizierà la seconda, quella
che si appoggerà sull’ elenco dei partecipanti di una crociera. E se un uomo
esiste lui lo farà uscire. Vivo o morto.
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