Oramai “lei” passa tutto il suo fottutissimo tempo a
guardare quella stramaledetta fotografia in cui si vede ancora bella e giovane.
Si osserva per un po’ e poi ricomincia i suoi giri di casalinga maniaca della
pulizia, dei servizi e di ogni stramaledetta cosa al suo posto.
“Lei” è mia moglie e mi sta rovinando la vita.
All’inizio non era davvero così. Eravamo una coppia
normale, con una vita normale, con degli interessi, amici simpatici, serate divertenti.
Poi, quasi senza accorgersene, “lei” è precipitata in
un vortice, è stata risucchiata dentro un gorgo malefico che l’ha presa e non
l’ha più lasciata andare. E adesso la nostra vita è un grigio e uniforme vuoto
dentro il quale io annaspo.
*****
Sono letteralmente ossessionato da questa frase: Dio è
morto, Marx è morto e anche io non mi sento tanto bene. Sì, lo so che è di
Woody Allen. Il fatto è, però, che da un po’ di tempo ormai non sto bene per
davvero. Non fisicamente, no. Per quello, grazie a Dio, sto benissimo. Intendo
dire che non mi sento a posto con me stesso. Mi sveglio la mattina e ho già la
precisa sensazione, anzi la certezza che sarà un’altra giornata di merda.
L’umore mi finisce sparato sotto i piedi. Per quanto mi sforzi non riesco a
trovare un solo valido motivo per alzarmi dal letto, mettermi in tiro, uscire
di casa, sorridere alla vita. E mentre conduco la mia quotidiana battaglia
contro questa insostenibile pesantezza dell’essere, “lei” cinguetta incessante
tutto il giorno insensatamente ilare, molesta come una mosca importuna quando
d’estate vuoi fare una pennichella, come la suocera che telefona alle sette di
ogni domenica mattina per sapere cosa stanno combinando i suoi amati figlioli,
come la processione di amici che scopri immancabilmente di avere ogni qualvolta
si approssimano le elezioni.
*****
Probabilmente mi sto prendendo l’esaurimento nervoso.
Sono diventato scorbutico e ombroso come un mulo di montagna tanto che, ormai,
al lavoro i colleghi mi evitano e mi guardano storto al riparo del loro
perbenismo. Li sento borbottare commenti velenosi alle mie spalle quando li
incrocio nei corridoi.
A casa, invece, a “lei” tutto sembra filare col vento
in poppa. Mi accoglie con le pattine ai piedi, i bigodini in testa e un sorriso
insensato e insopportabile stampato in faccia. E più sono scontroso più “lei” è
flautata e melliflua, interamente assorbita dalla necessità di rovesciarmi
addosso le sue ridicole, insulse questioni esistenziali.
*****
Sono ormai allo stremo. Sono arrivato al punto che non
sopporto neppure più l’idea della convivenza, della relazione con una tale
rompipalle di prima categoria. Mi interrogo spesso su cosa devo fare,
soprattutto quando sono in bagno.
Il bagno è diventato il mio rifugio preferito, la mia
cellula di sopravvivenza. È l’unico posto dove la mignatta sente il dovere di
lasciarmi da solo. Parlo a muso duro con la mia faccia da allucinato che mi
fissa nello specchio e le chiedo come posso uscire da questo buco nero che
sembra avermi inghiottito. L’ultima volta una vocina dal profondo mi ha
risposto: «Tu lo sai! La devi accettare! Accettala o sei perduto!»
*****
Sono sconvolto. Non dormo neanche più. Mi aggiro per casa come uno spiritato. È
oltre un mese che la vocina ripete sempre la stessa litania ma adesso non solo
in bagno, anche quando siamo seduti a tavola o per strada in mezzo agli ignari
passanti e persino a letto, mentre facciamo l’amore.
«Accettala! Accettala!» martella incessante come un
disco rotto la perfida istigatrice. E così oggi finalmente mi sono deciso. Tra l’altro avevo fatto
il filo solo qualche settimana fa e la lama è venuta tagliente come quella di
un rasoio.
L’ho accettata in quattro e quattr’otto in bagno
mentre faceva la doccia. L’ho fatta in sei pezzi e sistemata a sgocciolare
nella vasca insieme alla sua amata fotografia. Non è mai stata tanto discreta e
silenziosa.
Mi sento un altro.
Ora vado a farmi un toast. Il sangue lo laverò
dopopranzo.
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