Melissa
Darche è deceduta nella nostra dimensione reale il 18 ottobre 2011.
Quella
sera pioveva in modo torrenziale.
Il
suo corpo è stato trovato senza alcun segno di vita in un modesto quartiere di
Manhattan, precisamente in un bagno del “White rabbit’s ”. Nel bagno del locale
sono stati ritrovati accanto alla salma, alcuni evidenti detriti che
costituivano le pareti della toilette. La spiegazione più plausibile che la
scientifica e la stampa giornalistica hanno depositato, è che la pioggia,
filtrandosi dalle fughe di areazione sopra il complesso centrale dell’impianto
di energia elettrica, abbia scatenato un violento cortocircuito che si è
scaturito nella zona dei bagni del locale. La potente scarica ha fatto breccia
sulle pareti delle toilette, frantumandone alcune.
Una
di queste, proprio Melissa ne fece uso quella sera.
Buongiorno Elite, buongiorno!
Eccomi.
Ho sempre saputo che il tempo sia
un’arma a doppio taglio. Alcuni sostengono che abbia la capacità di guarire
profonde ferite o ricorrenti sensazioni significative. Tanti altri invece sono
convinti che non sia altro che una sottile strada interiore che tutti noi
dobbiamo percorrere lungo il sentiero chiamato “vita”. E perché no? c’è anche
chi presta attenzione al tempo come un pesante calcolatore, che incide sulla
nostra giovinezza e immaginazione.
Che incuti terrore o speranza, il
tempo non è mai abbastanza per imparare a conoscersi dentro.
Un giorno ti svegli e divieni
consapevole che il mondo la fuori appare in un “vestito vergine” , ti guardi
indietro e pensi che la felicità l’hai sempre trovata negli sguardi degli
altri, allora decidi di volere cambiare le cose, cercare di imparare a sorridere
con pura maturità.
A volte sarebbe bello parlare
attraverso il tempo, senza condannarlo. Gli stereotipi di sensualità e bellezza
mutano in generazione in generazione, ma ieri come oggi la frase “ti amo” sono
solo 2 parole, cinque lettere, che non servono a niente se non vi è qualcuno
che le vuole sentire.
Fin dall’età adolescenziale ho
fatto parte di questo “mondo” tossico, di cui sono pochi i valori per la quale
oggi posso essere fiera, mi riferisco al piccolo cerchio dell’elite di
Manhattan. Tutto ciò che porto addosso con vero clamore è il mio nome: Melissa
Darche. Non riesco neanche a immaginare quante volte è stato attribuito alla
mia identità, l’idea di poter fare ogni cosa che mi girava per la testa. – “Ma tu sei Melissa Darche, puoi essere ciò
che vuoi e fare tutto quello che ti piace nella tua vita” – ecco cosa mi è
sempre stato ribadito fin dalla mia giovinezza. La verità e che dietro alla
presenza di una bella ragazza bionda dalle gambe chilometriche, non c’era che fragilità e impotenza. Il denaro e
le mie avventure con uomini importanti hanno solo generato la falsa stabilità
interiore che tento di esternare.
Ricordo ancora il primo evento
che decretò la nascita di “Melissa Darche”al mondo del gossip. Divenni parte di
questa realtà per aver indossato una
maglietta davvero scollata e molto bagnata sul pullman in una gita di ritorno,
al liceo. A volte incolpo mio padre, William Darche, famoso impresario e
costruttore immobiliare, che ha dato alla mia famiglia il grande peso del
nostro cognome.
Certo essere la figlia dell’uomo
che dagli anni 80 costruì su tutta la città il suo impero, ha dato
sostanzialmente grandi seccature per tutto il percorso della mia esistenza.
Ad oggi mi ritrovo con 4
matrimoni alle spalle, uno in corso, ricordi sfocati di feste , brunch e tutti
gli sbagli che ancora si riflettono sul mio presente,senza lasciarmi lo spazio
per imparare da essi.
Il mio attuale marito, Bart Van
Der Birth, deputato democratico di New York, fa parte di una dinastia
colossalmente incedente nel mondo politico. Vivo con la mia attuale famiglia in
un attico del Palace Hotel, dato che a mio marito non piacevano i colori delle
pareti della casa in cui abitavo prima. Ebbi 2 figli dal mio primo marito:
Charles e Samantha. Su entrambi feci pesare i miei insuccessi esistenziali, e
ora come ora a parte importanti fondi fiduciari a loro nome, i miei figli non
riconoscono nulla di concreto in loro madre.
Per quanto concerne la mia
stabilità psichica, ho contratto dalla nascita di Samantha, ricorrenti stati di
sonnambulismo e sogni che probabilmente rispondono al mio subconscio. Il
dottore di famiglia mi diagnosticò 19 anni fa una sorta di ansia post-parto,
che giustificava questi miei problemi notturni, ma ad oggi, a 41 anni, le mie
notti sono ancora disturbate da altarini del passato.
Nel 1995 mi laureai in fisica,
con un master di specializzazione nel 1998 per l’approfondimento del multi universo
e le dimensioni tangenti. L’unica giustificazione ai miei studi universitari fu
il fatto che persi la mia migliore amica Vanessa ai tempi delle medie. Lei
aveva una passione smisurata per la fisica in generale e la curiosità di cosa
ci poteva essere in corrispondenza della nostra dimensione. La cosa più
sorprendente, è che nelle parole di Vanessa Bagley non vi era nulla di ingenuo, come potevano sembrare per la mente
di una tredicenne. Vidi la morte della mia amica con quel tipo giusto di occhi
increduli a una scena violenta. Fu travolta da un tir davanti casa sua. Ma il
fatto più curioso è che io vidi la scena nel sonno. Sono consapevole di non
essere una veggente o di intraprendere la via del destino, non sono neanche
sicura di credere davvero in Dio, ma quella notte sono certa di aver dato
spiegazione alla scomparsa misteriosa della mia migliore amica. Il corpo non fu
mai trovato, ma quello che razionalmente non può assomigliare alla realtà è per
me la soluzione a ciò che è accaduto a Vanessa.
Ignoto 18 ottobre
Ogni primo venerdì del mese, accompagno mio marito alla solita cena,
organizzata con il sotto segretario Tayler e la propria moglie. Quella sera ci
recammo al White Rabbit, un locale situato nella zona meno rinomata di
Manhattan, fuori dall’Upper East side, luogo dove si teneva una beneficenza in
occasione dei quartieri più poveri del paese, un ottimo pretesto, per
rinvigorire l’immagine e la nuova campagna per le elezioni, offerto su un
piatto d’argento, da non farsi scappare.
Dopo esserci seduti e aver
ordinato la portata principale, umida dalla pioggia, e molto poco entusiasta,
dalla solita conversazione burocratica, mi alzai con la scusa di andare ad
asciugare la mia Luis Vuitton e di rifarmi il trucco, con l’intenzione di
dirigermi in bagno.
Raggiunto il lungo atrio che
sfociava a destra per la toilette, e a sinistra per l’uscita del locale,
rammento di aver avuto un mancamento e di essere svenuta a terra. Nel sonno
avvertii la sensazione di una presenza sinistra, che, mi si presentò davanti,
con le sembianze di una strana
ragazzina vestita di viola. Il suo viso pareva sfocato. Una voce
femminea accompagnò quell’immagine che appariva distorta, sussurrandomi più volte:
– Seguimi.
Ed io con voce tremante ma allo
stesso tempo incuriosita :
– Perché?
– Ti ho
osservata a lungo – aggiunse.
L’ultima cosa che ricordo è essermi svegliata su una panchina, la
mattina seguente, davanti le vetrine del “Socialista”, un pub nella zona East
di Manhattan. Con i capelli e gli indumenti ancora bagnati dalla pioggia della
precedente sera, e una forte emicrania, forse dovuta al fatto di aver sbattuto
la testa al momento dello svenimento. Raggiunsi immediatamente l’hotel, per
riferire l’accaduto a mio marito , spiegando la mia strana scomparsa.
Arrivata all’hotel vidi la
polizia e la stampa accerchiata a Bart, evidentemente aveva già denunciato la
mia scomparsa a tutte le autorità.
– Amore,
tesoro! Sono stato così in pensiero, sei scomparsa da ieri sera e non ho avuto
più tue notizie – esclamò mio marito.
– Ho perso i
sensi poco dopo essermi alzata dal tavolo, sono stata vittima di un
sonnambulismo e non ricordo più nulla – gli dissi.
– Non immagini
quanta paura ho avuto, ieri sera al locale c’è stato un cortocircuito molto
violento che ha distrutto alcuni bagni della toilette e non sapevo più cosa
pensare – aggiunse.
– O mio Dio! –
esclamai – ci sono stati feriti? O delle vittime?
– No, nessuno
si trovava in bagno al momento dell’accaduto, per fortuna, ma quando il
direttore del White Rabbit ci ha avvisati dell’incidente, ho pensato subito al
peggio, perché sapevo che ti stavi recando in bagno – mi disse mio marito Bart,
con gli occhi lucidi e ancora quel tremore addosso.
Non sapevo più cosa pensare. Non
dissi nulla a Bart a proposito del dialogo con quella ragazzina, ma avevo il
presentimento che dopo aver perso i sensi, fu proprio quella strana presenza a
guidarmi in un sonnambulismo.
Due giorni dopo decisi
all’insaputa della mia famiglia,che il lunedì seguente mi sarei recata dalla
signora Caller, la psicologa che ha seguito mio figlio Charles in un periodo
difficile. Avevo timore di dover affrontare quello che mi stava accadendo con
il mondo esterno, ma volevo avere un parere professionale.
Eva contro Eva
Quella domenica notte, ricordo di
aver sognato me stessa nei panni di Bette Devis, ero a una premiazione di
giovani emergenti nel campo teatrale, in torno a me vi erano tante ragazze con
il proprio accompagnatore, e a pochi posti dalla mia sedia c’era Vanessa, o
almeno la sua immagine cresciuta, e mentre il presidente fondatore della
facoltà teatrale, iniziò il proprio discorso su perché premiare una ragazza in particolare, per la sua
devozione e brillantezza, fui pervasa da un senso di delusione , e la mia sensazione
si concretizzò quando il presidente annunciò: – Ecco a voi la signorina Vanessa
Baglye. Evidentemente lei rivestiva il ruolo di Eva. Vanessa si alzò sorridente
e raggiunse il palco per la premiazione, ma quando rialzai lo sguardo per
osservarla, mi apparse davanti agli occhi ancora quella ragazzina vestita di
viola, ma il volto era coperto da una maschera di elefante. Mi svegliai di
soprassalto, e davanti al divano su cui mi ero addormentata, trovai ancora
quell’essere inquieto. Stavo ancora sognando? O ero caduta un altro stato di
sonnambulismo? – Mi chiamo Dandy – affermò quella bizzarra ragazzina,
avvicinandosi sempre di più. – Perché ti presenti nei miei sogni? Cosa cerchi?
E perché indossi quella maschera da elefante? – Le domandai.
– Perché tu
indossi quel vestito da umana? – rispose.
– Ma come puoi
fare questo? Provieni da una remora ragione dimensionale? – chiesi io.
– Io posso
viaggiare nel tempo perché sono morta in una dimensione tangente. – mi disse.
– Un momento,
“Dandy” hai detto? Ma certo, Dandy era il nome del peluche preferito di Vanessa
– pensai dentro di me – Perché mi hai salvato la vita?
– Te l’ho
detto, ti ho osservata a lungo e mi è parso che tu abbia sprecato quasi la tua
intera esistenza, dimenticandoti cosa vuoi davvero dentro di te, è giunto il
momento di trovare una direzione verso la tua salvezza – affermò.
Il lunedì
mattina mi svegliai nello sgabuzzino davanti a un vecchio scatolone di ricordi,
tra le dita avevo delle fotografie scattate al tempo dei miei vent’anni, e sul
pavimento c’era una foto mia insieme a Vanessa, ma il suo viso non si riusciva
a focalizzare in modo chiaro, evidentemente l’usura aveva danneggiato la foto.
Il tocco di Eva
Come da stabilito quella mattina
andai all’appuntamento con la dottoressa Caller, la seduta era fissata per le
11.00.
Raggiunto lo studio entrai senza
pensare troppo a quello che stavo andando in contro.
– Buongiorno signora Caller! –
esclamai.
– Buongiorno a lei Melissa, si
accomodi – rispose.
– Allora, innanzitutto da dove
vuole cominciare? – mi chiese.
– Ho ricorrenti stati di
sonnambulismo e inizio a pensare di avere una specie di amica immaginaria, di
nome Dandy, che in qualche modo è divenuta promotrice del mio destino – le
dissi.
– Capisco, beh, le posso dire che
le allucinazioni sono un effetto comune
per chi soffre di schizofrenia paranoide, le è mai stato diagnosticato
questo? – domandò lei.
– Oddio no, non credo, anzi ne
sono certa – risposi.
– Mi parli ancora di questa amicizia surreale, ci sono stati altri
collegamenti? – mi chiese.
– La scorsa notte ho sognato di
essere Bette Devis penso in “Eva contro Eva” , io non ho mai voluto essere
Bette Devis, fin da ragazzina ho sempre sognato di assomigliare a Grace Kelly,
ma la cosa che nonostante tutto mi ha rammaricato di più è che non ero io Eva
nel sogno. – dissi io.
– E chi era Eva? – domandò lei.
– Sono sicura di aver visto la
mia defunta amica Vanessa per il ruolo di Eva. – risposi.
– Penso che questo progressivo distacco dalla realtà potrebbe
derivare dalla sua incapacità di affrontare quelle forze del mondo che lei
percepisce come una minaccia, di che cosa ha più paura Melissa? – chiese.
– Mi terrorizza l’idea di restare
sola – sospirai.
– Lei pensa di essere sola o che morirà sola? – mi domandò.
– Sono solo certa che quando un
essere vivente lascia la terra, si resti soli, me l’ho ha fatto presente Dandy –
risposi io.
– Credi davvero nelle parole di
un’allucinazione? – domandò.
– Signora Caller dopo tutto
quello che ho passato, i drammi familiari e gli insuccessi persistenti, non so
più a cosa credere, non so nemmeno se esiste una spiegazione razionale che lega
la scomparsa della mia amica Vanessa a questa Dandy. – affermai con tono
vigoroso.
Uscii dallo studio
immediatamente, e ricordo che salutai la dottoressa con un secco”arrivederci”.
Nel pomeriggio andai da “Bendel”
per acquistare un abito da indossare il giovedì 24 ottobre, in occasione del
party “ Nessun Dorma” organizzato al Palace Hotel. Nel momento in cui fermai un
taxi per tornare a casa dal negozio di abbigliamento, vidi ancora una volta
Dandy e la sua bizzarra maschera all’interno della vettura. Sono convinta che
in quell’episodio non avessimo avuto alcuna conversazione, ma lei stringeva tra
le braccia un abito rosso. Arrivata all’hotel corsi subito nella mia suite, e
raggiunsi la mia famiglia in soggiorno. Ero tanto agitata.
Arrivò la sera del 24 ottobre, io
e mia figlia Samantha ci stavamo finendo di preparare per andare al party
fissato per le 21.30. Mancavano ancora circa 20 minuti.
– Tesoro lo sai che sei
bellissima? – le dissi.
– Si, lo so mamma, me lo hai già
detto. – rispose con voce snervata.
– Vedo che alla fine hai deciso
di indossare l’abito che ti ho preso per l’occasione, sono molto felice. –
affermai io.
– Come se mi avessi lasciato
alternativa – ribatte Samantha.
– Beh, scusa se ho voluto dare
un’immagine meno volgare del solito, alla tua presenza! – le risposi con tono
acceso.
– Ecco ci risiamo, vuoi iniziare
ancora con la solita storia, che io sono una ragazza problematica e che devo
stare attenta ai pericolo che incombano nella mia vita? per favore lascia
perdere – disse lei. – Samantha , Samantha! dove stai andando?
– Mi allontano da te, non riesco
a starti vicino per più di dieci minuti , senza dare di matto!
Scoppiai in lacrime, non riuscivo
neanche a instaurare una conversazione civile con mia figlia.
Finito di prepararmi scesi al
salone dell’hotel per raggiungere mio marito e tutti gli invitati.
Mi accorsi che mia figlia
Samantha si stava allontanando dal ricevimento, avviandosi fuori dal Palace,
allora mi precipitai a seguirla, raggiungendola. – Samantha cosa fai qui fuori?
torna dentro –
le urlai. – Non vedi che sto
aspettando le mie amiche? guarda stanno arrivando, ora vado via con loro –
rispose apertamente.
– Tu non vai da nessuna parte,
torna al ricevimento, e poi spigami perché ti sei cambiata d’abito, perché indossi
questo vestito rosso?
– Senti , va al diavolo, tu e il
tuo stupido ricevimento, ora lasciami andare che sono di fretta!
– Samantha attenta, Samanthaaaaaaaaaaaa!
– gridai con tutta me stessa.
Nello stesso istante una
limousine l’ha investì, evidentemente non si era accorta che stava arrivando
una vettura dalla strada. Rimasi impietrita. Il mio corpo era incapace di
comunicare sia con la colonna vertebrale che con gli altri sensi. Un’amica di
mia figlia si avvicino correndo dall’altro lato della strada, e con terribili
lacrime agli occhi, mi fece capire che non c’era più nulla da fare.
La dimensione esterna si annullò
completamente alla mia vista, corsi subito nel mio sgabuzzino, dove ho trovato
le foto mie e di Vanessa, presi quella in cui eravamo immortalate insieme,
divisi la foto con uno strappo, in modo da stringere in mano solo la mia
giovane immagine. Salii sul terrazzo del mio attico, non sapevo più a cosa
credere. La mia salvezza ha manifestato in seguito la morte di mia figlia,
pensai. Era la così detta “ goccia che fa traboccare il vaso” dopo una vita di
terribili insuccessi, anche la perdita prematura di un figlio. Non so cosa mi
spinse a recarmi sul terrazzo, ma dentro di me avevo solo il grande sogno di
poter eseguire, almeno una dannata volta nella vita un’azione per trovare un
po’ di conforto. Vidi addensarsi sulla città un inquietante turbine di nuvole
nere, e sono sicura che fu la manifestazione fisica di un wormhole, scaturita
dal paradosso creato dai nuovi eventi che hanno mutato il mio destino. Ad un
tratto solo nero intorno a me, e fu così che capii di stare per essere
riportata a “casa”.
“Nuovo Mondo”
...18 ottobre…
Era il 18 ottobre, nella nostra
dimensione reale. Mi alzai dal tavolo per raggiungere la toilette. Arrivata al
lungo atrio del locale, entrai nella toilette. Il ritornello di una canzone
riprodotta dalla radio del bagno, esclamava : Smile
like you mean it, Smile like yuo mean. It.
Cara Vanessa Baglye, ci sarebbero
molte cose che vorrei chiederti, ma ho paura di quello che potresti dirmi, ma
soprattutto ho paura che tu mi dica che non sia tutto frutto della fantasia.
Posso solo sperare che la
risposta mi arrivi nel sonno, eterno, e spero anche quando il mondo finirà, che
potrò tirare un sospiro di sollievo, perché ci sarà così tanto da contemplare
avidamente.
“Ahaha ahahahah” Sorridendo come
se lo volessi davvero, almeno questa volta… tua
M
D.
Melissa darche è deceduta nella nostra
dimensione reale il 18 ottobre 2011.
Quella sera pioveva in modo torrenziale.
Gli atti delle persone intorno a Melissa, in seguito, sono tutti inconsapevolmente
diretti a dare un senso al paradosso, portando infine Melissa a creare lei stessa il wormhole che la porta
nell'universo reale, dove lei stessa viene uccisa. Quelli che hanno interagito
con Melissa nell'universo tangente tuttavia, conservano una lieve
consapevolezza degli eventi in esso accaduti.
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