Attacca il jack e alza il volume.
L’inverno oscura la bocca degli stolti e tu suoni.
Grezzo, graffiante, ruvido rock gravido
di sana rabbia, spietatezza e sanità sopravvissuta.
O forse no, ma fa parte del tuo stato
mentale. Confuso ed esaltante e dissacrante e furioso.
Due angeli ribelli. Volanti sopra la
folla. Unite dal disagio, dalla precarietà delle relazioni, da quel dolore
sottile che solo all’alcool puoi confidare, e da una passione pura, sfegatata e
viscerale per la musica, da suonare al massimo volume, sudarsela addosso senza
filtri e manie postmoderne per la fighettaggine. E’ rock. Non ci sono fronzoli.
Suturare ferite.
Prendere a testate l’aria grondante
adrenalina, al ritmo martellante di cassa e rullante, i bassi pulsazioni
accelerate dentro la cassa toracica, scuotendo il capo, headbanging, ridendo a
crepapelle, libere di rinascere, ancora una volta. Convulse d’euforia positiva
sfottendo gli astanti impomatati e ingelatinati isterici. Donne-uomo, eroine
d’altri tempi, dolenti per conformazioni ancestrali, livide nel sublime e
caotico perdersi. Nella vertigine del suono.
Balla. Scuotiti. Liberati. Ascoltati.
Prenditi tutto e scappa via.
Assapora questa nuova tonalità.
Il disco salta nell’autoradio, sedersi
sul finestrino. Volare.
Marzo, porta via gli ultimi fantasmi di
quest’ inverno. Chaos.
Sfrecciare come saette alla velocità
della brezza fra i capelli. Floating.
Oh Notte, terminata da un pezzo, riscalda
i nostri cuori erranti, tenendo a bada quel fervore latente. Prendici per mano.
Necessità di andare lontano.
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